Interviste – Marco Tessaro: “Serpenti e uomini della Val Grande”

Tra i documentari presentati al Festival “Di Terra e di Cielo” di quest’anno, di cui siamo partner (eh sì, so che ve lo state chiedendo incessantemente, la meravigliosa foto della volpe sulla locandina del festival è tratta dal nostro animaltrip in Abruzzo), uno in particolare ci ha colpito: “Serpenti e uomini della Val Grande” (15′) di Marco Tessaro, prodotto dal Parco Nazionale della Val Grande (e nei prossimi giorni visibile liberamente su https://www.marcotessaro.it/ e su http://www.parcovalgrande.it/). Noi amiamo la Val Grande, quando possiamo ci immergiamo silenziosamente nella sua wilderness per osservarne i meravigliosi paesaggi e la fauna. Ma la Val Grande è anche una Zona Speciale di Conservazione a livello europeo, e ospita habitat e specie molto importanti di serpenti. Ne abbiamo parlato con l’autore del documentario

La locandina del documentario: uno splendido esemplare di aspide

Ciao Marco, ben trovato. Raccontaci da dove nasce questa tua idea.

Ciao a tutti, da diversi anni collaboro con parchi, università, istituti di ricerca ambientale, realizzando video documentari e reportage fotografici incentrati sul tema della biodiversità e sulla necessità di un diverso approccio dell’uomo al pianeta. Sono infatti fermamente convinto che stiamo sbagliando strada, stiamo distruggendo in modo irreversibile il poco che resta. E ormai è troppo tardi per limitarsi a osservare, bisogna agire in modo concreto, promuovendo un approccio ecocentrico che sostituisca quello antropocentrico ad oggi dominante. Spero che questa mia attività possa in qualche modo contribuire a questo passaggio.

In questo tuo ultimo lavoro hai scelto un soggetto fragile e purtroppo spesso poco amato, i serpenti.

Ho colto un’opportunità. Purtroppo ancora oggi, in pieno XXI secolo, insensate paure, ancestrali forse ma non per questo meno insensate, accompagnano questi splendidi animali. Dai più vengono ritenuti pericolosissimi, e quindi da eliminare senza esitazione. Niente di più sbagliato e stupido. Non soltanto i serpenti sono protetti dalla normativa comunitaria e italiana (e quindi chi ucciderli è perseguibile penalmente) ma il numero di decessi causati dal morso di serpenti è veramente bassissimo ogni anno a livello europea. Sembra che le mucche nutrici al pascolo siano altrettanto, se non più, pericolose. Ma qualcuno ha mai palesato analoghi sentimenti di odio nei confronti delle mucche? Avete mai visto una mucca a bordo sentiero con la testa schiacciata? Invece purtroppo con i serpenti succede spesso, quasi fosse motivo di orgoglio ucciderne uno…

La Coronella austriaca ha abitudini principalmente crepuscolari e una certa adattabilità ad ambienti diversi

Gli incontri con i serpenti, anche per questo, sono ormai poco frequenti in numerose aree. Avete girato molto per realizzare il documentario?

Per fortuna no, il gruppo di lavoro composto da Tullio Bagnati e Cristina Movalli (rispettivamente direttore e biologa del Parco) e dall’erpetologo Lorenzo Laddaga aveva le idee chiare. Lorenzo ha recentemente condotto molte indagini nel territorio e ha curato l’Atlante degli anfibi e rettili del Parco Nazionale Val Grande. E così siamo stati guidati nelle aree dove è più facile incontrare le diverse specie di serpenti presenti in Val Grande: alle pendici del Monte Zeda, intorno all’alpe Scaredi, presso alcuni sentieri vicino a Cicogna, attorno al Piancavallone, lungo il torrente S. Bernardino… L’unica vera difficoltà? La fatica, camminare per ore con una ventina di kg di attrezzatura in spalla non è mai semplice. Ma solo attraverso la fatica si apprezza veramente la natura selvaggia.

Il biacco si dimostra estremamente versatile, anche in termini di ambienti frequentati

Di quali serpenti parliamo?

Abbiamo incontrato 6 specie di serpenti: l’aspide (Vipera aspis), la natrice tassellata (Natrix tassellata), la natrice dal collare (Natrix natrix), il biacco (Hierophis viridiflavus), il saettone (Zamenis longissimus) e il colubro liscio (Coronella austriaca). Tutti splendidi, differenti fisicamente e come comportamenti. Io amo particolarmente il saettone, con la sua sinuosa eleganza, la straordinaria capacità di salire sui rami, il suo inclinare la testa quasi pensoso nell’esitazione… ma anche gli altri non sono da meno. L’unico velenoso – giusto per chiarire un punto particolarmente delicato – è l’aspide, tutti gli altri non lo sono. E allora basterebbe imparare a riconoscere i serpenti, apprezzandone il fascino e la bellezza, per non urlare alla vipera ogni volta che si vede qualcosa che striscia (anche solo la forma della pupilla è molto indicativa: tra questi unicamente l’aspide presenta la pupilla di forma allungata, non sferica, ad esempio, ma anche le dimensioni, la forma della testa, della coda…). Abbiamo incontrato anche degli orbettini (Anguis fragilis), ma questi non sono nemmeno serpenti, sono sauri come le lucertole piuttosto, eppure vengono uccisi allo stesso modo per ignoranza…

Gli occhi sporgenti e rivolti verso l’alto sono tratti da cui è possibile riconoscere la natrice tassellata, un adattamento alla pesca subacquea

Hai preferito immagini ambientate di serpenti piuttosto che fuori contesto. Perché?

Sì, credo che nella fotografia naturalistica sia fondamentale il contesto, l’habitat, e così durante le riprese ho cercato di valorizzarlo. Ho voluto anche lavorare molto sui paesaggi sonori, inserendo solo in alcune circostanze delle musiche, per far apprezzare la bellezza della natura libera da inquinamento acustico.

La figura del saettone, o colubro di esculapio, si associa alla narrazione mitologica di alcune divinità del pantheon greco

Nella fotografia naturalistica un ruolo fondamentale giocano le regole etiche che il fotografo si dà. Nel tuo documentario si vede chiaramente il rispetto delle distanze, il tentativo di evitare stress agli animali…

L’etica nella fotografia naturalistica è per me imprescindibile. Oggi purtroppo assistiamo a una gara allo scatto sensazionale che sembra giustificare tutto: esche, anche vive, violazione di aree ad accesso limitato, disturbo ai nidi…. Nel girare invece il documentario ho avuto il massimo rispetto. La scena di predazione filmata – ci tengo a dirlo – (una natrice dal collare che cattura una rana verde) è colta casualmente in natura, senza nessuno stratagemma, anzi sono stato ben lontano per evitare che il disturbo potesse in qualche modo danneggiare la predazione.

La persecuzione diretta da parte della nostra specie è una delle minacce principali dei serpenti degli ambienti alpini, siano essi vipere o altre specie del tutto innocue come questa Coronella austriaca

Vuoi lanciare un messaggio con questo tuo lavoro?

Sì, mi piacerebbe che anche tra i non appassionati si cominciasse a dare peso alla natura nel suo complesso, alla tutela della biodiversità in ogni suo aspetto, compresi pertanto i rettili e i serpenti che di questi sono un sottordine, ma che purtroppo non godono di grandi favori presso il pubblico. Vorrei che si guardassero con occhi diversi, cogliendone la bellezza ma soprattutto rispettandoli: come ogni forma di vita, sono preziosi. E poi vorrei che venisse riconosciuto una volta per tutte lo straordinario ruolo delle aree protette, come il Parco Nazionale della Val Grande che ha voluto e prodotto il documentario: soggetti importantissimi per la difesa degli ambienti naturali e laboratori sempre alla ricerca di una via nuova di convivenza tra l’uomo e la natura che lo circonda. Un impegno indispensabile di questi tempi.

Testo e foto di Marco Tessaro

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