Animal target: orso marsicano, lupo appenninico, camoscio appenninico, cervo nobile, aquila reale
Periodo: fine aprile-inizio maggio
Dopo le rigeneranti soddisfazione di ieri con l’avvistamento in natura di uno splendido esemplare adulto di orso marsicano e i suoi due cuccioli, troviamo le forze per affrontare una nuova sveglia all’alba. L’entusiasmo di Pietro è contagioso e, nonostante la sveglia suoni ancora una volta alle 5.00 del mattino, nonostante le occhiaie e i volti tirati, alle 5.30 siamo in strada. Questa mattina dirigeremo i nostri passi verso il Monte Meta, 2241 m s.l.m., una delle maggiori cime dell’appennino abruzzese, situato proprio al confine tra Lazio, Abruzzo e Molise. Al di là del nome benaugurante, il Monte Meta è celebre per le notevoli presenze di camosci appenninici (Rupicapra pyrenaica ornata), a tal punto che per diversi anni la cima è stata interdetta ai turisti e protetta dalla inaccessibile riserva integrale. Dal 2010 però è stato riaperto un prolungamento del sentiero L1 che porta fino alla cima.
Tenteremo l’ascesa proprio lungo il sentiero L1, partendo dal pianoro Campitelli (1420 m s.l.m.) attraverso la Valle Pagana.
La giornata parte nel modo migliore, un sole abbagliante ci accompagna e in direzione Alfedena da subito cominciamo a scorgere diversi cervi lungo la strada e negli spazi erbosi che si aprono tra i boschi poco lontano. E’ uno spettacolo affascinante, branchi di decine di cervi si godono i primi raggi di sole brucando serenamente, non intimoriti dalla nostra, in vero lontana, presenza, limitandosi al più a spostarsi di poche centinaia di metri. Ci fermiamo a scattare qualche fotografia ma subito il desiderio di iniziare l’escursione ci spinge a risalire in macchina.
Eccoci finalmente arrivati al comodo parcheggio dove lasceremo l’auto. Prendiamo gli zaini, i bastoncini, allacciamo bene le scarpe (Pietro mette le ghette, al suolo c’è ancora molta neve, seppur compatta) e iniziamo. Il sentiero attraversa due piccoli ruscelli e poi comincia a salire attraverso una meravigliosa faggeta dai sorprendenti colori. Sentiamo sopra le nostre teste il volo delle allodole, le scorgiamo rapide nel loro tipico modo di volare alternando battiti d’ali e improvvise picchiate. Cerchiamo tra i faggi qualche picchio, nel Parco nazionale d’Abruzzo tra l’altro è stato segnalato anche il raro picchio dorsobianco (Dendrocopos leucotos lilfordii), ma non ne scorgiamo. Dopo qualche centinaio di metri invece si avvicina sfacciatamente una bellissima volpe (Vulpes vulpes), in perfetta salute, dalla folta pelliccia ben curata, evidentemente in cerca di cibo. Si ferma diversi minuti tra noi, puntando uno zaino e poi un altro, lasciandosi fotografare come una modella, poi, quando capisce che da noi non otterrà nulla, pigramente si allontana.
Noi, rallegrati dal bell’incontro, riprendiamo a salire ed ecco comparire la neve. La faggeta e i suoi colori ci accompagnano per ancora qualche decina di minuti, poi improvvisamente sbuchiamo fuori dalla vegetazione.
Con cautela guardiamo se vi sia qualche animale tra l’erba assolata ma non ne vediamo. Iniziamo quindi a salire attraverso la Valle Pagana, ora sull’erba, ora sulla neve per fortuna ancora ben compatta, sulla quale non si affonda. Lo scenario è profondamente diverso da prima, la luce illumina i colori della valle, la vegetazione è molto rada, spuntano solo alcune rocce. Dopo qualche minuto camminiamo solo sulla neve e cominciamo a scorgere le creste del Monte Meta. Siamo ancora lontani, sforziamo gli occhi ma non ci sembra di scorgere camosci.
Ci avviciniamo con costanza, il passo ha trovato il suo ritmo, nonostante la fatica procediamo di buona lena. Finalmente ecco i primi camosci! Elegantissimi, in perfetto equilibrio tra la neve e la roccia, si stagliano in alto sopra una pietraia. Faticosamente risaliamo per qualche decina di metri lungo la pietraia per scattare alcune foto, poi torniamo sul sentiero principale. Ma eccone altri ancora più in alto, distinguiamo bene le sagome dalle lunghe corna sull’azzurro del cielo. Non ci fermiamo e in una buona mezzora arriviamo al passo dei Monaci (1981 m s.l.m.), da cui lo sguardo spazia sulle tre regioni che qui confinano, Lazio, Abruzzo e Molise. Il paesaggio è mozzafiato, sembra di contemplare una natura totalmente incontaminata. Poco sopra di noi osserviamo anche la presenza di due guardia-parchi in uniforme, seduti al riparo dal sole. Gli andiamo incontro per salutarli e lungo il breve tratto di sentiero innevato sono nitidamente impresse delle orme. Chiediamo a Pietro, che ci conferma che sono di lupo e anche piuttosto recenti. Consumiamo gli occhi ma non vediamo nulla, se non alcuni escrementi, sempre di lupo, poco distanti. Sarebbe stato impagabile vedere dei lupi in questo scenario ma il desiderio è destinato a rimanere tale, sembra proprio che i lupi ci siano negati.
Esploriamo la zona limitrofa, ci godiamo la vista e quindi decidiamo di scendere. Durante la discesa diversi camosci ci accompagnano con le loro evoluzioni. E’ spettacolare vederli correre e inseguirsi senza nessuna paura tra la neve e le rocce. Scattano, ciondolano la testa, si fermano improvvisamente e ripartono. Sembrano divertirsi follemente!
Anche noi ci lasciamo scivolare sui pendii innevati, pur senza sci si riescono a percorrere alcuni metri in pendenza soltanto rimanendo in equilibrio.
La discesa è impegnativa ma più rapida della salita, giungiamo così infine nuovamente alla faggeta, ripassiamo nei pressi della volpe e quindi raggiungiamo il parcheggio. E’ stata un’escursione meravigliosa, in un contesto paesaggistico eccezionale e con una fauna endemica spettacolare.
Per non farci mancare nulla, Pietro ci avvisa che un suo amico naturalista gli ha parlato della presenza di numerosi tritoni in uno dei bacini di acqua limitrofi al parcheggio. Naturalmente siamo interessati, non è così facile scorgere dei tritoni. Essendo gli anfibi molto sensibili all’inquinamento, spesso sono i primi a subire le conseguenze dell’elemento antropico.
Cerchiamo in un paio di bacini, di una certa estensione, e alla fine eccoli!
Sono molti e di due diverse specie, alcuni crestati ed altri no! Continuano ad emergere a pelo d’acqua e poi rituffarsi tra la vegetazione del basso fondale! Davvero un incontro raro quanto affascinante per concludere un’altra grande escursione! Un vero animal trip!
Prof. Gip. Barbatus
Foto di Max Gaini e Ale.Zoc
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