Torniamo ad immergerci nell’affascinante mondo dell’avifauna di Sardegna. Dopo aver discretamente osservato la pernice sarda con i suoi meravigliosi colori, aver vissuto la stagione della gallina prataiola e inseguito i barbagianni dell’isola e i grifoni, oggi ci godiamo i falchi di palude nei loro rituali di accoppiamento
C’è una palude anonima all’estremità della Sardegna meridionale. Ci sono affezionato, spesso e volentieri avverto l’irrefrenabile bisogno di immergermi totalmente tra i suoi profumi, i suoi colori e i suoi abitanti, spinto dall’innata voglia di accumulare dati, osservare, imparare e portare a casa ricordi indelebili. Un biotopo colmo di biodiversità, dedalo di canneti fitti e intricati che offre riparo sicuro a decine di specie di uccelli migratori e stanziali che consumano la loro delicata esistenza forti della protezione che questo ambiente confortante sa offrire.
Notte fonda. Gli stivali sprofondano per buona parte nel limo appiccicoso, mentre con la torcia frontale mi faccio strada cercando di evitare i punti già memorizzati dove l’acqua è più alta e di conseguenza pericolosa. Arrivato al punto prescelto, posiziono l’attrezzatura, mi stendo sotto un telo mimetico e faccio quello che mi viene più naturale fare: aspettare il sorgere del sole in silenzio. All’alba la palude si risveglia e tutto prende vita come per incanto.

Davanti a me, si apre una vasta distesa d’acqua salmastra, alta giusto il tanto per permettere alle folaghe di immergersi completamente per racimolare dai fondali fangosi alghe o altri residui vegetali, loro principale fonte di alimentazione. Uccelli gregari, molti esemplari prima dell’ inverno migrano dai paesi del Nord verso le zone più temperate a Sud. Chiassose e petulanti, battibeccano tra di loro con quel tipico verso squillante che gli è tipico, alcune escono dall’acqua e razzolano ruspanti in una lingua di terra emersa raccattando insetti o sementi, altre si dedicano alla raffinata e minuziosa pulizia del piumaggio.

La quiete dura poco, un’ombra irrompe violentemente nella loro quotidianità ed è subito caos: gli uccelli spaventati ciabattano a pelo d’acqua cercando riparo tra il folto della vegetazione, diversi esemplari tentano un goffo decollo che si conclude con un ammaraggio di fortuna tra le canne.
Una maschio di falco di palude (Circus aeruginosus) lustrato di grigio (come è di regola negli esemplari adulti) sorvola a bassa quota lo specchio d’acqua con il suo tipico sfarfallare irrequieto creando una situazione di panico generale. Chiassoso e agitato non ha per niente l’aria di chi sta patendo la fame e deve procacciarsi il pranzo. Poco più in alto sopra di lui compare la femmina. Arrivata improvvisamente, risponde al richiamo del compagno con rauche grida sibilanti. È evidente che la coppia è in piena fase di corteggiamento.
Il maschio, inebriato d’amore sale su di quota sino a diventare un puntino invisibile poi, scende in picchiata con le ali serrate sino a sfiorare il groppone della femmina che, per niente intimorita, si gira all’ultimo momento in una spirale incredibile mostrando gli artigli al petto del consorte che, eccitato, riprende quota ed esegue il carosello da capo.

Finti attacchi e dimostrazioni di agilità rientrano nell’ordinaria amministrazione delle parate di corteggiamento di questa specie. Il maschio dà prova della sua agilità, la femmina lo asseconda e insieme consolidano in maniera indissolubile il loro legame fatto di sincronismi e intuizioni.
Le parate nuziali si protraggono per tutta la mattina animando vivacemente la mia giornata.
Proprio quando stavo per desistere, dopo quasi due ore di quiete, nel tardo pomeriggio la femmina mi offre un’opportunità incredibile sfilando davanti alla lente del teleobiettivo con stretta tra gli artigli la chiave del suo segreto più intimo: un gambo di asfodelo appena strappato destinato ad addobbare il futuro nido. Vola bassa, ignara della mia presenza portando il suo prezioso ornamento molto lontano, sparendo all’orizzonte dove il canneto è fortunatamente irraggiungibile.

Non faccio in tempo a guardarmi attorno che un’ombra fugace atterra al mio fianco. Una seconda femmina si è posata davanti a me, la sagoma lucida si staglia perfettamente tra le graminacee bruciate dal gelo. Mangia qualcosa tra l’erba, probabilmente miseri resti di un pasto già consumato in precedenza. Scatto decine di immagini e giro brevi filmati a distanza ravvicinata, riprendendo questo splendido rapace nella più totale tranquillità, rendendo perciò le immagini naturali e prive di forzature.

Il maschio rotea alto nel cielo come una croce leggiadra, nonostante sia una specie con tendenze alla poligamia, sembra non esserci nessun legame d’interesse tra questi due individui. Così la terza incomoda, dopo una breve rifocillata riprende la sua strada, sparendo in silenzio cosi com’era arrivata.
Riprendere i falchi di palude è sempre un’emozione, come per la maggior parte dei rapaci è richiesta pazienza, costanza e determinazione. Bisogna scendere a patti con un’umidità tartassante, che rovina ossa e attrezzature, con insetti opprimenti e con silenzi infiniti. C’è un filo sottile che separa la buona riuscita di uno scatto da quello di un’immagine rubata a tutti i costi, ed è quello dettato dal benessere del soggetto ritratto. Mai anteporre la smania di portare a casa una fotografia se questo va a discapito del rapace, della coppia o peggio ancora, di una nidiata.
Marco Corda Nato a Cagliari nel 1995, sin da piccolo nutre una passione viscerale per la sua Sardegna e i suoi segreti, che a tempi maturi l’ha spinto a girare in lungo e in largo armato solamente di macchina fotografica e binocolo. Fotografo naturalista, partecipa attivamente a censimenti e studi faunistici, coautore di articoli scientifici e mostre fotografiche, alcune sue foto sono state pubblicate su riviste e libri del settore. Dedica tutto il suo tempo libero alla ricerca e all’approfondimento sulla misteriosa etologia dell’avifauna isolana.
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[…] chiassosi di anatre, limicoli e aironi animano vivacemente la palude per l’intera giornata. È il passaggio fugace del falco di palude (Circus aeroginosus) a mietere il silenzio: come un fanta… Ma è solo un fulmine a ciel sereno; non appena il pericolo è passato, tutti gli abitanti della […]
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