Diari – Wild Sardegna: l’estate della pernice sarda

Campagne della Sardegna meridionale,  agosto 2019. È ancora buio quando entro a carponi nel capanno. Come di rito preparo la colazione: il profumo del caffè caldo si fonde con quello delle diverse essenze mediterranee usate per cammuffare il mio nascondiglio.

La lente del teleobiettivo si rivela tra le reti mimetiche

Tutto attorno è un concerto di assioli e succiacapre, interrotti ogni tanto dal latrare di una volpe. Mi godo il tutto nell’oscurità più totale per più di un ora, sfruttando al massimo tutti i miei sensi.Sono alla ricerca di scatti ravvicinati della pernice sarda (Alectoris barbara), la nobildonna per eccellenza dell’avifauna sarda.

Sul finire dell’inverno ho trovato una splendida coppia territoriale, timidamente ne ho seguito i fastosi rituali di corteggiamento, sino alla presunta deposizione delle uova in un podere incolto. Il nascondiglio è costruito a ridosso di una piccola vena d’acqua scavata sotto il livello del terreno, ben nota a tutti gli uccelli di campagna e ovviamente alla coppia di pernici.

Manca poco al sorgere del sole; ora dalla feritoia del capanno inizio a distinguere le sagome delle rocce, degli arbusti e dei monti all’orizzonte. Come per un tacito accordo, assioli e succiacapre smettono di cantare. È il turno del merlo che con il suo schiamazzare isterico preannuncia l’alba.

Il sole ha appena fatto capolino sui monti ad oriente quando, in lontananza, un verso scoppiettante e cadenzato mi riempie di entusiasmo. Il canto della pernice sarda è unico, inconfondibile all’orecchio del naturalista attento e appassionato. È il tipico verso di contatto che mamma chioccia emette per mantenere compatta la brigata di pulcini; passano alcuni minuti e un altro verso, grattato e metallico rieccheggia nell’aria, è il turno del maschio che, con dei fischi aspirati, rievoca la sua territorialità avvisando i rivali della sua presenza.

Nessun maschio risponde alla provocazione, e dopo alcuni minuti tutto tace lasciandomi nuovamente solo con me stesso, i miei pensieri e le mie mille domande. Intanto il sole è ormai alto, alla pozza d’acqua si alternano orde di cardellini, cince, fringuelli e verzellini.

Un bell’esemplare di fringuello maschio

Le ghiandaie arrivano all’improvviso e con il loro fare da arroganti scacciano di prepotenza tutti i piccoli passeriformi che delicatamente erano intenti ad abbeverarsi. Questi abilissimi corvidi, schivi per natura, studiano il capanno, ascoltano il rumore dell’otturatore della macchina fotografica, memorizzano preziose informazioni, si immergono completamente nell’acqua, poi senza particolari preavvisi spariscono per l’intera giornata. Le tortore selvatiche arrivano di soppiatto, molto più composte delle petulanti ghiandaie, bevono il neccessario e subito si allontanano.

Dentro il capanno inizia a farsi sentire il caldo, il tipico caldo africano, secco e fastidioso, che ti porta allo stremo della pazienza e ti costringe ad eterne sudate. Sotto tutti quei teli manca l’aria, persino lo spazio che ho a disposizione per stiracchiarmi sembra diventare opprimente e ancora più angusto. Pazienza, costanza e resistenza alle avversità sono tra i primi requisiti che un fotografo di natura deve mettere nel suo bagaglio di viaggio.

Il canto di mamma pernice, questa volta più vicino, riaccende il lume di speranza che stava andando ad affievolirsi. Troppo presto per cantare vittoria, riecco il silenzio totale per quasi un‘altra ora, sino a quando un frullo d’ali irrompe nella mia attesa, questa volta definitivamente. A pochi metri dal teleobiettivo, arriva passo passo la famigliola di pernici al completo. I pulcini, una decina, burrascosi e assetati, si fiondano dritti all’acqua senza badare a nulla, i genitori invece con portamento fiero e aristocratico controllano la situazione.

Giovani pernici

Il maschio, attento e diffidente, nota subito la lente dell’obiettivo che sporge a mala pena tra le frasche e le reti mimetiche. Decido di non scattare e aspetto il momento propizio. Intanto dal mirino delle reflex osservo ammaliato il suo caratteristico piumaggio ipnotico: le piume pettorali, bianche, nere ed arancioni, sfumano con il piumino grigio cenere, il groppone ardesia si fonde con un sottocoda castano e dal collo parte una lussureggiante maschera facciale color ruggine screziata di bianco. Infine, come ogni nobile feudatario di campagna che si rispetti, nella parte posteriore delle zampe porta due bellissimi speroni, prerogativa dei soli maschi adulti.

Pernice adulta

Placata la sete i pulcini iniziano a scorrazzare attorno al capanno, è veramente impossibile riuscire ad averli tutti sott’occhio e solo ora comprendo le apprensioni dei genitori. Questi ultimi, una volta rassicurati, si concedono una rapida abbeverata, chinando il capo solo per poche frazioni di secondi. Totalmente rassicurata, la femmina si concede un terapeutico bagno di sabbia per allontanare i fastidiosi parassiti che infestano il piumaggio.

La femmina di pernice si concede un bagno di sabbia per scacciare i parassiti

Intando il maschio ha già preso la via del rientro, seguito dalla disordinata carovana di batuffoli piumati, e si appresta a rientrare in mezzo alla macchia mediterranea dove trascorrerà al fresco tra il cisto le ore più calde della giornata.

Marco Corda Nato a Cagliari nel 1995, sin da piccolo nutre una passione viscerale per la sua Sardegna e i suoi segreti, che a tempi maturi l’ha spinto a girare in lungo e in largo armato solamente di macchina fotografica e binocolo. Fotografo naturalista, partecipa attivamente a censimenti e studi faunistici, coautore di articoli scientifici e mostre fotografiche, alcune sue foto sono state pubblicate su riviste e libri del settore. Dedica tutto il suo tempo libero alla ricerca e all’approfondimento sulla misteriosa etologia dell’avifauna isolana.

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