Due giorni di trekking nell’incontaminata Valle Onsernone: l’anello Vergeletto-Capanna Ribia-Vergeletto

L’estate stancamente volge al termine, il caldo sembra farsi meno spietato e la voglia di camminare in natura cresce. Riusciamo a ritagliarci un weekend lontano dalle incombenze domestiche e così ne approfittiamo per caricare lo zaino, preparare gli scarponi e partire. Questa volta la nostra scelta cade su una capanna svizzera: la Capanna Ribia (1996 mslm), in Valle Onsernone, nel Locarnese (le capanne svizzere hanno il vantaggio di offrire alcune comodità di base e di poter essere facilmente prenotabili, cosa importante perché in questa stagione sono ancora piuttosto frequentate, soprattutto le più famose). Il punto di partenza e di arrivo dell’escursione (segnalata in bianco-rosso-bianco) è il paese di Vergeletto (906 mslm), raggiungibile in automobile (noi faremo così) oppure in bus (autobus verso Spruga con cambio a Russo). La Valle Onsernone è piuttosto appartata, lontana dagli itinerari più battuti, e questo la mantiene selvaggia. Il nostro sentiero parte dal Pascolo dell’Oviga e, dopo poco, dalle baite di Pièi, diventa più ripido. Noi saliremo dalla direttissima (2 ore e 30) e poi torneremo invece facendo un ampio giro che ci riporterà a Vergetto. Si parte. Attraversiamo prima una foresta di faggi e betulle, poi, a circa 1500 mslm, un bosco di larici. Proprio al confine dei larici, in uno spettacolare punto panoramico che dà a precipizio sulla valle, troviamo un’insolita penna (scopriremo al ritorno essere una secondaria di gallo forcello (Lyrurus tetrix)). Il sentiero non dà tregua e sale rapidamente fino alla Capanna Ribia. Ci fermiamo solo per riprendere fiato e per mangiare alcuni lamponi, mirtilli invece non ne vediamo sulle piante. Eccoci finalmente, dopo circa 2 ore e 45 minuti, alla capanna Alpe Ribia.

Gli edifici prossimi alla Capanna Ribia con le indicazioni dei sentieri

La capanna (aperta da giugno a ottobre) non è custodita ma dispone di cucina (con birra ahimè finita e vino ahimè non finito – il terribile Merlot ticinese a 14 franchi per 50 cl che ovviamente beviamo), stufa a legno, bagno, elettricità e bevande. Togliamo gli zaini e purtroppo incomincia a piovigginare. È primo pomeriggio, abbiamo progettato di tentare l’ascesa alla vicina cima del Rosso di Ribia che, con un’altezza di 2.547 mslm, è la più alta tra la Valle di Campo e la Valle di Vergeletto. Aspettiamo fiduciosi mangiando qualcosa ma purtroppo la pioggia si intensifica. Dobbiamo con rammarico rinunciare. Trascorriamo così il pomeriggio mangiando frutta secca e barrette, giocando a carte, concedendoci brevi uscite quando sembra smettere di piovere. Raggiungendo una crestina vicina, scorgiamo dei codirossoni (Monticola saxatilis) tra le rocce e restiamo ad osservarli mentre compiono brevi voli nei quali mostrano i loro straordinari colori. Accendiamo il fuoco nel camino e prepariamo la cena: pasta e salsiccia alla griglia. Quindi a letto presto, domani mattina dovrebbe esserci il sole. La notte sul tavolato trascorre piuttosto rapida, in parte dormiamo, in parte ci rigiriamo (uno di noi è oggetto da parte della famiglia di tedeschi con cui condividiamo la Capanna di un lancio di cuscino a seguito del suo persistente russare… tutto nella norma). Ci svegliamo presto, la giornata è limpida, non c’è una nuvola.

Il panorama che si gode dalla Capanna all’alba

Alle 7.30 lasciamo la Capanna e saliamo verso i laghetti dell’Uomo Tondo. I paesaggi si fanno spettacolari, la luce radente del sole che nasce li rende ancora più affascinanti, è un luogo meraviglioso.

La vista spazia sulle tantissime cime circostanti, ne riconosciamo alcune della Val Grande, più lontano il Rosa, dall’altra parte il Lema, il Gradiccioli. Uno spettacolo. Molta l’acqua, in pozze, ruscelli, tratti paludosi. La vegetazione è quella tipica dei prati magri in quota.

I profili delle montagne circostanti si stagliano nitidi all’orizzonte

Ci godiamo il silenzio, la bellezza straordinaria, tra voli di balestrucci (Delichon urbicum) che dalle rocce soprastanti ci passano sopra la testa e neri gracchi alpini che si poggiano distanti da noi (Pyrrhocorax graculus). Altri piccoli volatili, culbianchi (Oenanthe oenanthe) probabilmente – ne troviamo una timoniera – si mostrano in lontananza. Mentre procediamo qualcosa saltella sul sentiero: è una rana temporaria (Rana temporaria).

Una delle zone umide, habitat perfetto per la rana temporaria

È un habitat perfetto per questo anfibio anuro che pur si adatta a contesti così diversi! L’areale della rana temporaria è molto diffuso e può giungere ai 2700 mslm, qui siamo a 2300.

Un esemplare adulto di rana temporaria

E infatti di lì a poco ne scorgiamo diversi esemplari: adulti, giovani, addirittura girini nel laghetto principale. I giovani sono decisamente più colorati in rosso (la rana temporaria è nota anche come rana rossa), gli adulti meno.

Il laghetto principale

Continuiamo a camminare e iniziamo a scendere. Dopo un tratto di fuori sentiero, tra sassi e vegetazione molto varia, ci orientiamo nuovamente e ci dirigiamo verso l’Alpe di Categn (1874 mslm).

Un’inaspettata macchia di vegetazione

Lo raggiungiamo, lo superiamo e, tra mucche al pascolo, vitelli guardinghi e marmotte fischianti, costeggiamo il fiume attraverso le selvagge e romantiche valli di Fümegn e Camana.

Una delle ultime cascatelle formate dal fiume che costeggia il sentiero

Dopo 4 ore circa torniamo sull’asfalto, facciamo gli ultimi tornanti in discesa e poi sulla strada principale faticosamente, al caldo, percorriamo gli ultimi km per raggiungere la macchina e chiudere l’anello. Stanchi, accaldati ma felici, appoggiamo gli zaini e mangiamo quello che ci è rimasto… ancora una volta abbiamo portato a casa l’uscita.

Testo Prof. Gip. Barbatus

Foto Ivan Vania e Guglielmo Fachini

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