Recensioni – Il volo rapito

L’ambivalente fascinazione esercitata dai rapaci notturni sull’uomo ha radici lontanissime, che affondano nel tempo e nella storia. Temuti per il loro aspetto e i loro poteri apparentemente sovrannaturali, associati a entità malvage e diaboliche (il nome del loro ordine, “strigiformi”, ne associa la forma a quella delle striges, le streghe) e per questo cacciati senza nessuna pietà, allo stesso tempo questi splendidi volatili hanno da sempre evocato immagini di forza e capacità rigenerative che ne hanno fatto bersaglio di un commercio spietato.

Barbagianni in volo, foto di Carmelo Milluzzo

Così, vivi, soffocati in minuscole gabbie sui banconi di wet market asiatici e africani, o morti, fatti a pezzi come feticci o ingredienti indispensabili nella medicina tradizionale, centinaia di migliaia di individui delle specie più diverse, più o meno rari, ogni anno perdono la vita nel mondo. Proprio in questa direzione si muove il bel libro di Marco Mastrorilli e Raffaella Maniero, Il volo rapito (Noctua book editore, 2020), che indaga in modo preciso e puntuale, con occhio sempre attento alle diverse specie di strigiformi, i traffici illegali di rapaci notturni (e di altri animali) nei diversi continenti. Dall’India del Festival delle luci all’Africa nera del voodo, dai fiorentissime mercati del Sud America e dell’Indonesia all’Europa con il suo collezionismo (o pensavate che noi fossimo migliori?), l’arroganza umana non risparmia nessun essere vivente. E i rischi di zoonosi, la distruzione degli ecosistemi, la perdita della biodiversità non sembrano minimamente frenare la folle realtà del commercio animale. E ci mancava pure Harry Potter con la sua Edvige (uno splendido gufo delle nevi, Bubo scandiacus) a rinnovare quell’insano desiderio di possesso di altri esseri viventi da cui non riusciamo a liberarci o la moda degli Owl Cafè, dove rapaci notturni sono esibiti come animali da compagnia, o ancora il rinnovato successo della falconeria, questa volta anche con grandi rapaci notturni.

Civetta con preda, foto di Andrea Daina Palermo

Eppure qualcosa sta lentamente cambiando: una maggiore consapevolezza dell’importanza del rispetto della natura in tutte le sue forme (a cui opere di divulgazione come questa certamente concorrono) comincia, tra mille difficoltà, a diffondersi, anche grazie alla rete. L’educazione all’ambiente si fa luce, grazie anche agli sforzi di associazioni come TRAFFIC E WWF, in luoghi e contesti culturali difficili, e quelle che erano considerate semplici risorse da predare iniziano a essere considerate possibili fonti di turismo ecosostenibile. Insomma… forse non tutto è perduto.

Prof. Gip. Barbatus

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