Val di Taro: il regno di funghi e daini

E’ la seconda settimana di ottobre quando, incastrati impegni di lavoro e familiari di tutti, finalmente riusciamo a trovare un weekend buono per un animal-trip autunnale.

La stagione del bramito dei cervi volge al termine ma sta per iniziare quello dei daini così rivolgiamo le nostre attenzioni all’Appennino tosco-emiliano, alla Val di Taro attraversata dalla Via Francigena e dal Taro appunto, fiume dall’indole controcorrente che, pur nascendo dal Monte Penna poco distante dal mar Ligure, decide di “tornare indietro” e, dopo 126 km di tragitto tortuoso, si getta nel Po.

La valle in questo periodo è presa letteralmente d’assalto dai cercatori di porcini di cui è storicamente ricchissima.

La stagione degli amori dei daini dovrebbe essere alle porte ma siamo consapevoli che l’anomala stagione secca ha sballato i ritmi della fauna e avendo pochi giorni a disposizione decidiamo che ci sarà fondamentale un Caronte per attraversare il fiume e aumentare la percentuale di successo degli avvistamenti.

La nostra scelta cade su Daniele Ecotti di Rosa Canina che conosce l’area come le sue tasche, organizza diverse escursioni tematiche nella zona e che abbiamo già incrociato per la sua attività in Io non ho Paura del Lupo.

Partiamo dunque al mattino in quattro scappati di casa e dopo qualche ora giungiamo all’appuntamento con Daniele all’ingresso della Riserva Naturale Regionale dei Ghirardi. È una piccola Oasi WWF di seicento metri quadrati in cui la presenza di ungulati è molto elevata.

Essendo pieno giorno e con un solleone non è il momento migliore per gli incontri, quindi Daniele ci guida in un percorso a conoscere la morfologia e la vegetazione del territorio tra boschi, prati e torrenti.

Facciamo tappa a controllare le clip registrate dalle foto-trappole che vengono piazzate per monitorare la fauna. Seppur fondamentale per scopi scientifici non ho mai considerato questa pratica attraente, come fosse una sorta voyerismo non in presenza, poco emozionante e avvincente. Ma, come tante altre volte nel corso della vita, mi rendo conto di aver sbagliato clamorosamente punto di vista! Video dopo video in un crescendo quasi studiato comincia a succedere di tutto. L’oasi durante la notte esplode di vita. Due cerve con passo lento e rilassato, un maschio di daino con un palco enorme da concorso di bellezza, dei cinghialotti curiosi che si avvicinano all’obbiettivo e si fermano a pasteggiare con le mele cadute da un’albero, una volpe fa avanti e indietro dalla tana… sobbalzo letteralmente quando ci viene incontro un intero branco di lupi con cuccioli casinisti appresso e quando furtiva compare una puzzola intenta probabilmente a cacciare.

Appunto mentalmente: “ok, prossimo acquisto foto-trappola”.

Durante il nostro giro diurno Daniele ci racconta delle abitudini dei daini, la storia del parco e ci segnala anche le tracce di cervi, volpi, cinghiali. Cominciamo ad imbatterci lungo i prati ma anche nelle zone più interne al bosco nei lek, le arene dove i maschi si affrontano per proteggere o conquistare il proprio harem.

I daini maschi vengono distinti in base all’età che ovviamente influenza la conformazione e soprattutto la forma e grandezza dei palchi in fusone (da 1 a 2 anni), balestrone (da 2 a 4 anni) palancone (oltre i 4 anni).

Scollinando sorprendiamo i primi daini, delle femmine intente a brucare e più in basso sulla destra un balestrone melanico (qui sono molto frequenti). Ci godiamo l’affascinante mantello scuro che gli dona un’aura di mistero finché non ci nota e si avvia verso gli alberi.

Dopo una piacevole e interessante giornata a zonzo e qualche altro fugace incontro, con il sole che comincia a scendere e ammorbidirsi, è giunto il momento di fare sul serio con gli avvistamenti così aiutiamo Daniele a tirare la rete mimetica. Ci accovacciamo con alle spalle la vegetazione e di fronte un prato che declina verso il bosco per poi sorpassare il torrente e risalire ripido più lontano.

Modalità silenzio, pazienza e culo umido.

Aguzziamo la vista e l’udito. Da destra e da molto lontano cominciamo a sentire qualche bramito. Chi è abituato all’imponenza e roboanza di quello del cervo forse rimarrà leggermente deluso da quello del nobile e raffinato daino… wikipedia lo descrive così: “un incrocio tra un rutto forte, un gemito, un russare, uno sbuffo e un ringhio”. Non proprio un ruggito da leone insomma!

Per un po’ non succede nient’altro. Il caldo innaturale per il mese di ottobre aiuta le nostre membra durante l’appostamento ma forse non attiva l’orologio biologico degli ungulati?

Escono dal bosco due bellissime femmine, sono agitate, corrono lungo il prato e si rificcano nel fondo della vegetazione. Poco dopo fa la sua comparsa repentina un enorme cinghiale, anche lui compie lo stesso tragitto a tutta velocità. Da dove proviene questa agitazione? Ci hanno visti? Ci hanno percepiti? Strano, siamo stati abbastanza attenti. Ovviamente penso subito a lui, il re del bosco; è nelle vicinanze e mette in allarme gli altri animali? Spoiler: no, non uscirà un branco di lupi di lì a poco (purtroppo).

Nel prato antistante calma piatta e rivolgiamo i binocoli oltre il torrente molto più lontano, sui pendii di fronte.

C’è una volpe seduta in mezzo al prato intenta a godersi il panorama e gli ultimi raggi di sole. Da una lingua di bosco arrossato dall’autunno escono dei daini, un giovane maschio e delle femmine. Sfortunatamente sono molto distanti, impreco contro la mia inettitudine a maneggiare il binocolo finché non trovo il fuoco e mi godo queste tre figure, giusto per pochi minuti. Dal sentiero ai loro piedi infatti spunta un folto gruppo di escursionisti, almeno una quindicina e in un battibaleno gli animali si dileguano. La sfortuna non cammina mai da sola…

Il sole è ormai sceso, la temperatura anche e la visuale diviene difficoltosa. Non percepiamo nessun movimento quindi disallestiamo il campo e cominciamo a risalire verso il sentiero che ci porta all’auto; percorriamo poche decine di metri e ci si para davanti una luna piena immensa, spettacolare che ci dona bellezza oltre che un aiuto gradito a non inciampare in qualche radice.

Poco prima dello sterrato, in cima alla collina, due proiettili scuri ci passano davanti, daini o caprioli, troppo veloci e troppo buio per capirlo…

Volgo lo sguardo a sinistra verso un’altra collina ed esattamente, come lo avesse posizionata uno scenografo, sotto l’enorme sfera luminosa si staglia la silouette di un grosso maschio di daino. Una visione.

In quel momento ho due opzioni. La prima è rimanere fermo a godermi quello spettacolo il più possibile; ovviamente io scelgo la seconda, quella sbagliata, dunque avido e stupido, pregustando una foto da diecimila likes su instagram (tra l’altro quasi impossibile con quella poca luce e senza cavalletto) mi sfilo lo zaino ed estraggo la reflex il più rapidamente possibile; quando riesco a mettere a fuoco il crinale il daino è già in un’altra regione… impreco, questa volta ad alta voce…

È giunta l’ora di una doccia calda. Alloggiamo a pochi minuti dall’oasi. In un luogo altrettanto suggestivo, un B&B letteralmente nel bosco, “La Casa del Gigi”. Le due stanze sono spartane ma pulite e accoglienti, il prezzo è onestissimo e ad aspettarci oltre i caprioli nel prato di fronte c’è una stufa a legna, un gatto e Alessandra, la proprietaria gentilissima e cordiale.

Consigliati da Daniele ci consoliamo dei pochi avvistamenti imbottendoci di cibo e vino rosso in un ristorante in un paese vicino che conferma la fama gastronomica della zona: tutto buono e a prezzi umani con portate dove i funghi sono protagonisti indiscussi.

Poche ore più tardi i nostri palati si rimettono in moto perché la levataccia alle cinque e mezza viene addolcita dalla colazione che Alessandra ci ha allestito nonostante l’orario proibitivo.

Dolci, yogurt, marmellate, biscotti tutti preparati da lei con i suoi prodotti. Tutto delizioso. Un B&B consigliatissimo dunque per l’accoglienza oltre che per la posizione strategica.

In auto torniamo all’oasi dei Ghirardi. L’idea è quella di appostarci col favore delle tenebre e sperare di goderci finalmente qualche combattimento tra daini. Daniele è già sul posto ad aspettarci. Ci muoviamo in silenzio e raggiungiamo un posto riparato e con una buona visuale (non lontano dalla mia visione sotto la luna della sera prima). 

Notiamo subito un lek molto più visibile e marcato rispetto al giorno precedente. Qualcuno stanotte ha evidentemente sistemato il ring.

Comincia a salire il sole, la luce si scalda e anche l’aria. Via la giacca, poi anche la prima felpa. Nell’immenso prato di fronte non si muove nulla.

Dopo un’oretta abbandoniamo la copertura mimetica, ci giriamo di 90 gradi e ci infiliamo lentamente tra gli arbusti che abbiamo alle spalle per raggiungere e osservare un altro immenso prato.

Nell’estremità più lontana dal nostro appostamento notiamo cinque daini che pascolano tranquilli. Un bello spettacolo ma veramente troppo lontani per godere di una buona visuale e scattare qualche foto decente.

Aspettiamo ancora quasi un’ora ma la situazione non cambia. Pare proprio che questo week end non sia particolarmente gradito ai nostri amici ungulati. Anche Daniele è decisamente imbronciato e rimarca che una due giorni di sfiga così è molto rara da avere ad ottobre.

Ora comincia a fare ancora più caldo e si perdono definitivamente le speranze quando incrociamo un fotografo veronese grande e grosso vestito in mimetica che ci conferma che anche sull’altro versante non ha avvistato nulla ed è in giro da ancor prima di noi avendo addirittura dormito in auto per essere già pronto per l’alba. Dice che sono anni che viene qui in questo periodo e una penuria di incontri così non se la ricorda… “echeccazzo”.

Di comune accordo decidiamo di cambiare zona e anche target di avvistamento. Torniamo in auto e saliamo verso l’Alta Val di Taro dove nidificano i giganti del cielo, le aquile reali.

Il territorio si fa decisamente più aspro e arrivati ad una certa altezza lasciamo le auto e ci incamminiamo in salita sullo sterrato.

Al primo crocicchio di sentieri troviamo una grossa fatta di lupo. Daniele ci spiega che il lupo non fa mai nulla a caso. La scelta di fare i propri bisogni esattamente sul passaggio e ben in vista è un modo per dare un chiaro segnale e indicare il suo territorio ad altri potenziali branchi concorrenti. Insomma sta dicendo ad altri lupi “stai all’occhio che qui ci sono io, sei nella mia toilette”.

Incrociamo anche un enorme fuoristrada a bordo sentiero con un’altrettanto enorme omone al suo interno. È un cacciatore in battuta al cinghiale, sta aspettando evidentemente che i cani stanino qualche preda e la portino allo scoperto comodamente seduto nell’abitacolo. Ci chiede che facciamo noi e gli diciamo che siamo in giro ad osservare animali.

Ci indica un punto nella montagna di fronte dicendo “lì c’è un capriolo seduto da una mezz’oretta”, cerchiamo di vederlo ma in cinque non ci riusciamo… “ma dove esattamente?” “lì… vedi quella macchia scura vicino a quei due arbusti”…

Riproviamo col binocolo. “Ma è un sasso…” “Ah è un sasso? Mi sembrava un animale…”

Ci congediamo e continuiamo lungo il percorso. Rabbrividisco a pensare a quel tizio armato di fucile nello stessa montagna in cui camminiamo noi…

Nel percorso che ci porta al punto di avvistamento la nostra guida ci confessa la sua passione per i grandi rapaci e ci racconta con trasporto le giornate intere passate con ogni condizione atmosferica ad aspettarli, osservarli, registrarne i comportamenti e gli spostamenti. Che invidia.

Sappiamo tutti che sarà molto difficile avere la fortuna di avvistarne una ma ci proviamo comunque.

Arrivati in cima, dopo essere passati in una distesa di mirtilli ci mettiamo comodi e ci godiamo il paesaggio straordinario sottostante. Intorno a noi c’è una distesa di erba e arbusti punteggiata di coloratissimi fiori e in particolare modo di colchico d’autunno detto anche “zafferano bastardo” perché assomiglia moltissimo al fiore prezioso che utilizziamo in cucina; se non fosse per l’assenza di foglie sul gambo e per il veleno estremamente potente che contiene!

Dopo qualche passaggio di poiana e alcune cornacchie, rigenerati dal riposo, dal the caldo e da un muffin “rubato” dalla tavola di Alessandra, si decide di addentrarci nel bosco per un percorso ad anello che ci riporterà al punto iniziale. Il bosco in cui ci inoltriamo ha qualcosa di magico e capiamo da subito che oltre alle querce, ai cervi e ai lupi lì ad essere protagonisti sono altre creature: i funghi.

In questo bosco si ha perfettamente la consapevolezza dei milioni di collegamenti che pulsano sotto i nostri piedi; miceli sotterranei che abbracciano le radici degli alberi e si scambiano sostanze nutritive. Una rete infinita di legami, un continuo nascere, morire e diventare altro. I loro frutti (quello che per noi è il fungo) spuntano in ogni dove. Né piante né animali… Provo una sensazione quasi mistica ad osservarli. Un altro grande errore della mia vita è stato non dare la meritata attenzione durante le escursioni a questi esseri affascinanti, fondamentali per la vita degli ecosistemi.

Alcuni timidi e più nascosti, altri variopinti e ben visibili, spuntano dal fogliame, dai tronchi. Piccoli, grandi, deliziosi o velenosi. Mazze di tamburo, Lycoperdum perlatum e altri di cui non conosco il nome che sembrano coralli o cioccolato ricoperto di cacao in polvere…

Ci imbattiamo in due cacciatori ma questa volta di porcini e disarmati fortunatamente! Hanno le gerle piene.

A metà percorso visioniamo un’altra foto-trappola nascosta in un punto strategico per il passaggio degli animali. A farla da padrone sono i lupi, con un branco molto più piccolo di quello visionato il giorno precedente, una coppia con un giovane. Daniele li monitora da anni, appassionato come sempre ci racconta la loro storia, della loro astuzia nel mantenere il territorio nonostante insediati da un branco più grosso, del loro cucciolo purtroppo investito, del nuovo arrivato due anni fa che fortunatamente sta crescendo sano e forte…

Dopo un altro bel giro torniamo alle auto e ci fermiamo a mettere qualcosa sotto i denti.

Daniele non nasconde il suo rammarico in questa due giorni non molto prolifica di incontri ma alla fine noi siamo comunque appagati, queste uscite ci hanno insegnato che a volte va bene e a volte va male, che a volte siamo noi ad osservare la fauna ed altre volte è la fauna ad osservare noi nascosta nel bosco perché una cosa è certa: quella valle pullula di creature. Ripartiamo verso casa con l’idea di ritornare.

Testo di Del Miele Tasso

Foto Ale Zoc e Max Gaini

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