Come ci aveva promesso durante l’intervista, Manuel ci tiene aggiornati sulle sue escursioni naturalistiche in terra di Svezia. L’animal target di oggi sono le gru, maestose ed eleganti migratrici che sorvolano anche la nostra penisola e che talvolta abbiamo avuto la fortuna di incontrare non così lontano da casa. Non così numerose però…

Un raggio di sole filtra le tende riempiendo la stanza di luce e l’inizio di una nuova giornata assume già un sapore diverso: dopo settimane di grigiore e pioggia, di vento e freddo, si respira un’aria nuova e rigenerante. Apro le finestre e godo della fresca brezza del mattino, mentre adesso c’è anche il cinguettio degli uccelli a scacciare via il prolungato silenzio invernale: nonostante tutto, penso, la primavera è arrivata anche in Svezia.
Già da un po’ di tempo, comunque, un’altro fattore, nuovo e importante, mi ha indicato l’arrivo della bella stagione: i cieli svedesi, a poco a poco, hanno iniziato a riempirsi e ripopolarsi, solcati ora da migliaia di specie diverse di uccelli che hanno già iniziato la loro migrazione verso nord.
La Svezia tutta, ma in particolare la regione meridionale, è uno dei più importanti punti di transito durante i flussi migratori, forse addirittura il più importante d’Europa: infatti basti pensare che, proprio qui, sono state avvistate 359 specie diverse che utilizzano la regione come primo punto di appoggio durante i loro trasferimenti, fermandosi nell’attesa del tempo più propizio per raggiungere la loro meta finale dove spendere l’estate.
Ho già notato nei giorni passati, per esempio, il ritorno dello svasso maggiore, della pavoncella, delle oche selvatiche e di quelle faccia bianca, delle volpoche e di altre specie a cui dedicherò sicuramente le mie uscite future; ma oggi sono diretto a incontrare e documentare il ritorno di un uccello più importante, imponente, sia per le dimensioni che per la quantità di esemplari.

Mi vesto e mi preparo in fretta, oggi non posso proprio perdere l’occasione. Prendo l’attrezzatura fotografica e salgo in macchina per raggiungere la destinazione che ho in mente da un po’ di giorni, ossia da quando sono venuto a sapere che il mio obiettivo odierno ha fatto ritorno ed ha iniziato a ripopolare l’area in gran numero.
Da Malmö mi dirigo verso ovest, attraversando prima estesi spazi boschivi per poi sbucare e attraversare l’ondulato distesa rurale che si estende verso la costa dell’Österlen. Percorro come al solito le stradine laterali, lontane dalle grandi arterie, allungando un po’, ma che mi permettono di godere, in pace e tranquillità, delle meraviglie di una natura che, a poco a poco, si risveglia: il piatto e spoglio paesaggio invernale sembra ora solo un ricordo lontano, mentre ai lati della strada mi accompagnano manti fioriti di bucaneve e crocus e piccole gemme, di un verde scintillante, fanno timidamente la loro comparsa sugli alberi.
Avvisto anche qualche capriolo e alcuni daini ai margini del bosco mentre, come al solito, tante poiane e nibbi reali volteggiano nel cielo, oggi limpido e profondo.
Dopo circa un’ora e mezzo di viaggio arrivo alla riserva naturale di Pulken, a un centinaio di km da Malmö e a una ventina da Kristianstad.
La riserva fa parte della Kristianstad Vattenrike Biosphere Reserve, un’area paludosa protetta che copre una superficie di circa 35 km2 attorno al lago Hammarsjön. Fondata nel 2005, fornisce l’habitat perfetto per un gran numero di specie minacciate di uccelli e di pesci, ed è la più antica delle cinque riserve della biosfera in Svezia.
L’intera area, che offre molti spunti paesaggistici, naturalistici e di svago, è visitata ogni anno da circa 100.000 persone e sembra che, in tanti, oggi abbiano avuto la mia stessa idea: il parcheggio infatti è gremito, così come la torre di avvistamento, dove si trovano anche gli operatori del parco che hanno messo a disposizione dei turisti alcuni binocoli e forniscono preziose informazioni.
Come mai? La risposta è semplice: ogni anno, nel periodo che va da fine marzo e per tutto il mese di aprile, migliaia di gru cenerine raggiungono la parte meridionale della Svezia dove stazionano un po’ prima di continuare la loro migrazione. In questa zona, e in particolare presso la palude di Pulken, ogni giorno gli agricoltori sfamano le gru con dell’orzo, per evitare che possano danneggiare i campi appena seminati, richiamando così migliaia e migliaia di esemplari.

Lo spettacolo è impressionante, un mare grigio in continuo movimento si stende davanti ai nostri occhi, mentre il loro richiamo, talmente possente che può essere udito anche a considerevoli distanze, riempie l’aria tutto attorno. Ce ne sono migliaia, sembrano senza fine, molte sul prato limitrofo e altre nell’acqua degli stagni, così tante da non poterle contare, anche se, secondo le stime del sito ufficiale, come leggerò più tardi, sono presenti circa 5600 esemplari.
Sicuramente la gru cenerina, o gru eurasiatica (Grus grus), è un uccello che incute rispetto e timore: alta circa 120 cm e con un peso che può raggiungere anche i 7 kg, è un uccello migratore capace di percorrere lunghissime distanze, con i classici stormi a V, e capace di volare fino a 10.000 m di altezza, una delle più alte di tutte le specie di uccelli, seconda solo al Grifone di Ruppell.

Come dice il nome, il colore prevalente nel piumaggio della gru cenerina è il grigio, con il collo bianco e nero e una macchia rossa sulla testa, mentre la coda è a pennacchio.
La gru e la Svezia sono poi, se vogliamo, particolarmente legate visto che fu proprio un naturalista svedese, Carl Linnaeus, a fornirne la prima descrizione formale nel 1758
Posiziono il mio cavalletto, tiro fuori la reflex, e inizio a scattare a ripetizione cercando di catturare gli attimi più interessanti, anche se risulta molto difficile perché l’occhio finisce sempre con l’essere attratto da qualche momento particolare, da questa o dall’altra parte dell’immenso stormo: alcuni esemplari si alzano in volo e spariscono all’orizzonte, altri ritornano cercando di trovare nella calca un piccolo spazio che consenta loro l’atterraggio; e poi ci sono le loro spettacolari danze durante le quali si elevano fino a quattro metri da terra, corrono in cerchio, fanno delle piroette intervallate da una marcia maestosa per poi fermarsi e mostrare fiere la loro apertura alare che può raggiungere anche i 2,5 m di larghezza.
Nonostante le gru siano monogame a vita, ripetono questo rituale ogni primavera prima di deporre poi le uova nel mese di maggio, ma spesso vengono interrotte dall’aggressività di altri esemplari, probabilmente rimasti soli, che, arruffando le penne, lanciano fili d’erba e altri oggetti in aria per riprenderli poi con agilità, e poi provano a beccare la toppa rossa sulla testa del contendente.
Molti dei presenti rimangono sorpresi mentre uno degli operatori spiega che proprio l’aggressività è una delle peculiarità di questo uccello: è infatti abbastanza comune vedere le gru contrattaccare a mezz’aria anche le aquile e i gufi reali, loro principali predatori, difendendosi con artigli e con il loro becco a punta; ma attaccano anche grandi e piccoli mammiferi, come cervi, volpi e cinghiali, saltando a mezz’aria e scalciando con i piedi, se si avvicinano troppo al loro grande nido, che può raggiungere anche i 90 cm di diametro.
La gente va e viene, mentre io resisto circa due ore e mezzo prima che il freddo ancora pungente mi costringa a tornare verso la macchina.
È stata comunque un’esperienza straordinaria, vedere così tante gru a poco più di 100 metri di distanza e poter studiare e ammirare il comportamento di questo uccello tra i più grandi, di quelli volatori, e longevi, visto che possono vivere fino a 50 anni.
Forse non è stato il giorno con la maggior presenza, infatti proprio il giorno dopo la mia visita è stato registrato il nuovo record, per questa riserva, con oltre 10.000 esemplari (mentre il 3 aprile presso il lago Hornborgasjön, nella contea del Västergötland, ne sono state registrati circa 27 300 ), ma la luce del sole e il sentore di primavera nell’aria hanno reso questo giorno davvero speciale.
Sulla via del ritorno, nelle piccole radure tra i boschi, avvisto alcune coppie solitarie: evidentemente, anche tra questi animali, qualche esemplare preferisce la pace e la solitudine al rumore e al caos dei gruppi numerosi.
Foto e testo di Manuel Chiacchiararelli
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