
Abbiamo voluto regalarci un’immersione in una delle regioni più affascinanti per endemismi della nostra penisola, la Sardegna. E così, attraverso la passione di due giovani naturalisti e fotografi sardi, Salvatore Frau e Edoardo Simula, siamo partiti da uno dei protagonisti delle notti di Sardegna, l’etereo barbagianni
Quando si parla di Sardegna e natura, il pensiero, nella stragrande maggioranza dei casi, corre veloce lungo una linea retta che conduce a una spiaggia bianchissima e illuminata dal sole e poco oltre un mare incredibile. Una cartolina mozzafiato, vista milioni di volte, ma sempre capace di stupire l’osservatore. Ma la Sardegna non è solo questo. Cosa succede se proviamo a spostare l’attenzione oltre il crepuscolo e interrompere quella linea di pensiero un po’ prima del mare? Diciamo in un pascolo di collina, con un vecchio casolare abbandonato e un fiume incorniciato nel canneto che scorre proprio sul confine tra due poderi? Potremmo notare un certo disappunto nella persona che abbiamo di fronte, eppure un appassionato di natura e fauna selvatica potrebbe trovare in questi ecosistemi agricoli, fortemente trasformati dalla mano dell’uomo, un autentico tesoro della biodiversità.

Tra le specie animali tipiche di questi ambienti, un posto d’onore spetta indiscutibilmente al barbagianni (Tyto alba). Nell’isola è presente una sottospecie endemica sardo-corsa (Tyto alba ernesti) caratterizzata da un piumaggio più pallido, con colorazione più chiara sul dorso e sulle remiganti e disco facciale meno marcato. Questa colorazione così chiara contribuisce a rendere ancora più eterea la figura di questo splendido rapace notturno.

Il barbagianni infatti, tra gli strigiformi presenti in Sardegna, è quello che presenta le abitudini di vita più spiccatamente notturne e il più delle volte il suo incontro si riduce a un fugace avvistamento illuminato dalla debole luce di un lampione o dei fari dell’automobile, magari in prossimità di una strada utilizzata come corridoio di caccia o sull’uscio di un vecchio casolare. La caratteristica forma a cuore del disco facciale e la colorazione bianca del petto lo rendono inconfondibile anche agli occhi del birdwatcher meno esperto.

Ma le peculiarità del barbagianni, oltre che morfologiche sono anche comportamentali. La propensione di questi rapaci a occupare vecchi edifici in campagna gli è valsa il nome inglese “barn owl” tradotto letteralmente “gufo del fienile”. Per quanto singolare possa sembrare questa abitudine, la vecchia soffitta di una casa o l’intercapedine tra le travi del tetto di un granaio sono luoghi sicuri, riservati e generalmente inaccessibili ai predatori più temuti quali falchi, volpi e mustelidi. I siti naturali di nidificazione, come grotte o cavità degli alberi, hanno caratteristiche similari ma molto spesso risultano decisamente più esposti alle intemperie e agli attacchi di altri animali. I barbagianni hanno scelto quindi di tollerare la saltuaria presenza degli uomini in cambio di un rifugio tanto adatto alle loro esigenze.
La coppia non costruisce un vero e proprio nido ma si limita a deporre le uova in cavità buie e asciutte in grado di garantire la necessaria protezione fino all’involo dei giovani. Con una media di 4-6 uova per covata e fino a 3 covate annue i barbagianni sono fra gli uccelli più prolifici. A parte i fienili in aperta campagna possono nidificare anche all’interno di vecchi capannoni industriali, intercapedini tra le travi di ponti e sottopassaggi, silos, ruderi di edifici storici, vecchie soffitte di case diroccate, vani nei sottotetti di case in costruzione o di piani non abitati anche all’interno di centri abitati. In Sardegna sono noti anche alcuni casi di nidificazione all’interno di nuraghi.

Non sempre la loro presenza è stata accolta pacificamente dall’uomo. In lingua sarda il termine “strìa”, con innumerevoli variazioni locali, non indica solo il barbagianni, ma una figura ben più sinistra, presente in quasi tutte le credenze popolari del mondo occidentale: la strega. Nel nome sardo troviamo la medesima radice latina dell’ordine tassonomico a cui tutti i gufi appartengono: “strigiformes”, che significa “a forma di strega”. Non c’è da stupirsi che il disco facciale del barbagianni, con i grandi occhi neri in posizione frontale, sia stato paragonato a un volto umano. E cos’altro poteva essere quella figura pallida dal verso rauco e prolungato affacciata alla finestra di una struttura fatiscente se non una manifestazione tangibile del soprannaturale? Portatori di sventura, messaggeri di lutti e sciagure, i barbagianni per molto tempo non hanno goduto del favore degli uomini.
Oggi, grazie a un crescente livello di cultura e scolarizzazione, le superstizioni del passato stanno cedendo il posto a una visione sempre più rispettosa dell’ambiente che ci circonda e delle creature che lo popolano. La strìa ritorna ad essere una strega buona, una presenza benevola e discreta, in grado di esercitare un formidabile controllo numerico sulle popolazioni dei micromammiferi che costituiscono il 90% circa della sua dieta, limitandone l’espansione secondo dinamiche ecologiche assolutamente naturali. E se da un lato le superstizioni non rappresentano più un fattore concreto di minaccia, il declino della specie a cui si assiste nel nord Italia e nel nord Europa è pur sempre imputabile all’azione antropica. Disboscamento, incendi, distruzione e frammentazione degli habitat, investimenti stradali e avvelenamento causato da un eccessivo uso di topicidi sono solo alcune delle più incidenti cause di rarefazione. In Sardegna il declino non sembra così marcato e nelle notti estive e autunnali è possibile osservare con una certa facilità un buon numero di barbagianni cacciare a bordo strada o ascoltare i richiami dei giovani appena involati ancora totalmente dipendenti dai genitori. Questa situazione apparentemente favorevole non deve comunque far abbassare l’attenzione. Quella presente in Sardegna e Corsica è solo una delle numerose sottospecie di barbagianni presenti nel mondo. La loro presenza è un ottimo indicatore di qualità e integrità ambientale e il loro ruolo di predatori è imprescindibile per il mantenimento degli equilibri ecologici.
Nel 2017 abbiamo iniziato un lavoro di studio e documentazione fotografica del Tyto alba ernesti, il barbagianni di Sardegna, che portiamo avanti tuttora. L’installazione di cassette nido appositamente progettate per la specie ha dato risultati insperati e proprio la predisposizione di nidi artificiali può rappresentare un aiuto concreto alla conservazione di questi splendidi predatori della notte.
Alcuni risultati del nostro lavoro saranno presentati il 4 maggio 2019 al Festival dei Gufi, Villa Castelbarco, Vaprio d’Adda (MI) insieme a una mostra monografica sulla specie. Chiunque volesse partecipare a una delle attività divulgative da noi organizzate può contattarci alla mail della cooperativa di cui facciamo parte sardiniaphotonature@gmail.com o seguire la pagina facebook Sardinia Nature per rimanere aggiornati sugli eventi in programma.F
© Fotografie e testi di Salvatore Frau & Edoardo Simula
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