Diari – Alaska: un sogno che diventa realtà (parte II)

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Ad Anchorage, dopo esserci lasciati alle spalle le emozioni vissute nel Parco di Denali che vi ho raccontato nella prima parte di questo diario,  ci  procuriamo le tende per campeggiare al Parco nazionale e riserva di Katmai, dove arriviamo dopo un volo di linea fino a King Salmon e da qui una mezz’ora in idrovolante fino al Brooks Lodge. Durante il volo ammiriamo lo splendido paesaggio del Katmai. Appena scendiamo ci invitano ad andare al visitor center. Qui i ranger ci spiegano come dovremo comportarci con gli orsi. Bene, dovete sapere che gli orsi possono fare quello che vogliono o quasi. Girano tranquillamente per il villaggio e durante la notte dormono in spiaggia. Al campeggio il cibo va sigillato e messo nelle apposite casette. Stessa cosa per le valigie. In tenda non va tenuto nulla. Gli orsi sono molto curiosi e bisogna evitare di lasciare cose in giro e sapere come comportarsi quando ne incontri uno è indispensabile. Dopo il tutorial andiamo a prendere i bagagli e ci incamminiamo verso il campeggio. Il campeggio dista 500mt dal villaggio e bisogna passare per un sentiero che passa attraverso un bosco che si affaccia sulla riva. Prepariamo le tende, stiviamo il cibo che ci siamo portati e per ultimo i bagagli. Siamo pronti. Si va a fotografare. Dopo qualche ora a scattare gli orsi e non solo, decidiamo di tornare. È ora di riposarsi. Nei prossimi gironi li rivedremo di nuovo e da più vicino.

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Le albe al Katmai non sono mai uguali, una più bella dell’altra. Ad esempio, con gli orsi già svegli che pescano nel lago tinto dai colori del mattino. Le nostre giornate iniziano sempre con una bella colazione, con 17$ hai un buffet illimitato di cucina internazionale, dolce e salato. Decisamente tutto buono. Dopo ci infiliamo le tute da pescatori e partiamo alla volta del fiume. Per arrivare al fiume dobbiamo attraversare una parte di bosco e una zona paludosa. Non posso negare che un po’ di paura l’abbiamo avuta. Ci è capitato più volte di incontrare un orso all’improvviso. Grazie comunque alla nostra guida Ryder, non siamo andati incontro ad incidenti.  Ci muoviamo su e giù lungo e dentro il fiume nel percorso che va dal lago alla cascata. Alcuni orsi sono lì, pescano, giocano e perlustrano.

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A volte  sono incuriositi dalla nostra presenza, a volte dalla presenza dei loro simili. Le giornata passano veloci, come la nebbia sul fiume al mattino. Si rimane incantati a vedere i loro comportamenti, oltre a quelli di altre specie animali che sfruttano la pesca degli orsi per sopravvivere a loro volta. Tra questi i gabbiani, le gazze e lo smergo maggiore. Vederli da così vicino e nel loro habitat rende tutto ancora più emozionante. Dopo una pausa pranzo veloce, con il cibo preconfezionato portato da Anchorage, si torna al fiume e si sta con la guida fino a tardo pomeriggio. Poi una sosta in libertà, dove noi preferiamo andare alle cascate per vedere gli orsi che cercano di prendere al volo i salmoni che risalgono la corrente.

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Quindi tutti a cena, c’è la possibilità di saziarsi con due tipi di menù a prezzi differenti: uno da 20$ con buffet freddo e zuppa calda e, per il doppio della cifra, buffet freddo e caldo con salmone, arrosto e altre varie specialità.

Dopo cena via per il tramonto, che a sua volta ci regala degli splendidi colori con le mamme che pescano con i cuccioli nelle acque del lago.

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Nonostante il copione sempre uguale, ogni giornata ci regala emozioni diverse. A volte, il ponte che attraversa il fiume viene bloccato dai ranger perché nelle vicinanze ci sono degli orsi. A volte gli orsi al crepuscolo attraversano il villaggio per andare dormire sulla spiaggia e generalmente sono mamme con i cuccioli. Altre volte mentre cammini nel bosco capita di trovare improvvisamente un orso alle spalle o sul cammino. Per fare in modo di non trovarseli di fronte all’improvviso ci avevano caldamente consigliato di far rumore: cantare, battere le mani, parlare a voce alta. Però se l’orso è vicino bisogna stare zitti, muoversi lentamente e lasciargli libero il passaggio.

Capita anche di incontrare altri animali come il porcospino, il falco pescatore, il martin pescatore americano e i gufi. Vedere questi ultimi in libertà è uno spettacolo della natura. Nonostante la loro apertura alare, sono silenziosi e agili anche in mezzo al bosco fitto.

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Un giorno, una deviazione al Brooks lake, il lago dove i salmoni depositano le uova, ci permette di vedere anche due esemplari di aquila testa bianca con dei giovani. La guida ci dice che è raro vedere delle scene simili. Un adulto e dei giovani insieme lontani dal nido.

Tra le tante emozioni provate abbiamo la fortuna di vedere una mamma orsa con tre cuccioli, di cui uno silver. Uno spettacolo della natura. Ci hanno, poi, spiegato che i silver sono cuccioli rari. E’ veramente difficile distogliere la nostra attenzione da lui.

Osservare degli springcubs con le loro mamme è una delle cose più belle che abbiamo mai visto. Alcune volte sembra che le mamme si interessino solo al cibo, in realtà li stanno crescendo. Quando i cuccioli si avvicinano alla mamma si vede l’amore profondo che li lega.

Purtroppo si avvicina l’ultimo giorno e salutiamo alcuni visitatori che hanno condiviso parte delle nostre emozioni. È bello vedere come in questi posti così isolati dal resto del mondo sia più facile comunicare con le altre persone. Persone che vengono da ogni parte del mondo, Giappone, Irlanda, Germania, ecc..

Tutti riuniti per una sola passione, la natura. La stessa passione che accomuna chi lavora al Brooks Lodge. Tutte persone disponibile e gentili.

L’ultimo giorno ci si sveglia all’alba, come al solito, si va a fare colazione e poi tutti a preparare le valige. Mentre le prepariamo tornano alla mente tutte le emozioni e le scene che abbiamo memorizzato qui. Gli orsi, le persone, il fiume e i salmoni. I sacri salmoni. Senza di loro tutto questo non ci sarebbe. Allora un sincero grazie alla Natura. Tutto il tempo in cui siamo stati qui è stata pura emozione. Finite di preparare le valige, le portiamo al Brooks Lodge. Abbiamo ancora un po’ di tempo prima della partenza. Ne approfittiamo e andiamo a salutare gli orsi. Questa mattina c’è una nebbia fitta e non accenna a diminuire. Il ponte sembra perdersi nel vuoto.

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Andiamo alla torretta per guardare gli orsi dal alto. Uno cerca di rompere il ponte, i ranger lo sgridano. Subito dopo lui alza lo sguardo verso di loro e li guarda con una faccia come per dire: io non ho fatto nulla.

Dopo che si sono allontanati dal ponte e si può passare torniamo al Lodge. A quanto pare a causa della nebbia non potremo partire per l’orario previsto. Ci tocca aspettare. Ci si rilassa un po’ davanti al camino. Guardiamo le foto fatte in questi giorni e ridiamo e scherziamo. Nel frattempo la nebbia si sta diradando e un cielo azzurrissimo sta  uscendo fuori. Ne approfittiamo per fare le ultime foto. Dopo un po’ ci comunicano che partiremo per le 15.30. C’è un problema con il nostro volo da King Salmon parte alle 16. Ci dicono di non preoccuparci.

Ci caricano le valige su un piccolo idrovolante e due di noi dovranno partire per primi, gli altri li raggiungeranno. I primi siamo io ed Elena. Ci guardiamo intorno. Un ultimo saluto al Brooks Lodge e si sale su quel piccolo aereo. La partenza con questi aerei è sempre emozionante, sfrecci sull’acqua velocissimo e poi ti ritrovi in cielo. Quello che si presenta sotto di noi è semplicemente lo spettacolo della natura.

Dopo circa mezz’ora ci troviamo in un posto mai visto. Atteriamo sulla riva di un altro lago. Notiamo subito una mamma orsa con piccolo. Scopriremo in seguito che era il punto di attracco del Kulik Lodge. Un Lodge di un altro livello, molto più lussuoso. Un ragazzo che sembra uscito da un film di Tarantino, alto, riccio con un paio di Rayban, salopette e baffoni stile Jules Winnfield viene a prenderci con un furgone Ford bianco e azzurro scassatissimo. Ci porta al Lodge dove, di solito, i clienti mangiano. Si respira il lusso di quel posto. Quasi ho paura di usare il bagno. Sull’angolo a sinistra dell’ingresso c’e un tavolino dove le persone possono costruirsi le esche per la pesca al salmone. Dopo circa mezz’ora di attesa torna il ragazzo di prima e ci riaccompagna al furgone. Qui ritroviamo i nostri compagni e altri due energumeni, anche loro sembrano personaggi di Tarantino. Pensiamo di essere finiti un film. Uno è alto, testa lucida, occhiali da sole e camicia a scacchi rossa. L’altro anche lui salopette e berretto da baseball con tanto di barba. Dei tagliagole in pratica. L’autista prende una stradina sterrata. Pensiamo che ci stiano accompagnando a King Salmon a prendere un areo di linea. Invece con nostra sorpresa dopo pochi minuti ci ritroviamo in una specie di mini aeroporto, con un mini aereo pronto per accompagnarci ad Anchorage. La pista è completamente sterrata. Ci caricano i bagagli e con noi salgono l’uomo con il berretto, che scopriremo essere il pilota, e l’uomo pelato. Molto probabilmente era un operatore del Kulik Lodge. Saliamo e, sistemate le ultime cose, l’aereo si appresta a partire. Inizia la rincorsa per il decollo quando, all’improvviso, rallenta di colpo. In lontananza un orso attraversa la pista, molto probabilmente si era spaventato per il rumore dell’aereo, noi abbiamo perso 10 anni di vita. Finalmente decolliamo. Un ora e mezza di volo. Il più bello della mia vita. Volare a una quota più bassa di un volo di linea ci ha permesso di ammirare una parte dell’Alaska che mai avremmo pensato di vedere.

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Una volta atterrati, il piccolo aereo attraversa l’aeroporto di Anchorage e va verso gli hangar. Ma non si ferma lì, va oltre, segue una strada. A un certo punto ci troviamo alla fine dell’aeroporto e c’è una sbarra davanti a noi. Il pilota tira fuori il telecomando e apre la sbarra, da lì l’incredibile. Attraversiamo una delle strade principali che portano all’aeroporto e prendiamo una strada parallela che ci porterà al nostro hangar. Sembrava un film, ma era realtà. Gli americani sanno sempre stupirci. Scaricati i bagagli, una gentilissima signora ci accompagna al car sharing. Presa l’auto si va all’albergo. Ci aspetta l’ultima notte in Alaska. Già questo paese ci mancherà. Le sue mille facce ci hanno davvero strappato un po’ di anima.

 

Testo e foto di Alan Gallo

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2 commenti

  1. E non si tratta dei relativamente piccoli e timidi orsi marsicani (Ursus arctos marsicanus) e neanche degli orsi bruni europei (Ursus arctos arctos) ma dei ben più imponenti grizzly (Ursus arctos horribilis)! Certo in Alaska sono più abituati alla convivenza, gli spazi sono più ampi e meno antropizzati, però…

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