Il mistero della scimmia marina e altre storie di criptidi

In criptozoologia il termine criptide si usa per indicare un Uma (Unidentified Mysterious Animal), un animale la cui esistenza è sostenuta solo da leggende e tradizioni ma non da prove scientifiche. Scorrere la lista dei criptidi sui siti specializzati è impressionante, sono numerosissimi, dai più noti, come il Bigfoot o il Chupacabra, ai più sconosciuti e improbabili, come il Dingonek, il tricheco della giungla, senza dimenticare ominidi, sauri marini…. ce ne è davvero per tutti i gusti.

Eppure, talvolta, il confine tra scienza e pseudoscienza non è così marcato, soprattutto quando ad avvistare un criptide o presunto tale è un naturalista di fama mondiale. E’ questo il caso di Georg Wilhelm Steller e della “sua” scimmia marina.

Abbiamo recentemente parlato di Steller, della sua vita travagliata e delle sue spettacolari osservazioni naturalistiche in Siberia e in Alaska. E se ogni animale meticolosamente descritto da Steller durante i suoi viaggi è stato in seguito catalogato dagli zoologi, compresa l’improbabile ritina di Steller, estinta pochi anni dopo l’incontro con il naturalista tedesco, esiste una sola, ingombrante, eccezione, una bizzarra creatura che sin dal giorno del suo avvistamento continua a rappresentare un mistero.

Il 10 agosto 1741 la nave “San Pietro” stava navigando al largo di Tchirikov Island, quando Steller e l’equipaggio osservarono per ben due ore consecutive un “animale marino insolito e sconosciuto” lungo circa 1,5 metri. In base alla descrizione riportata dal naturalista tedesco nel suo De Bestiis Marinis, possedeva una testa simile a quella di un cane con “orecchie aguzze ed erette”, occhi grandi, lunghi baffi che pendevano dalle estremità delle labbra superiori e inferiori ed era interamente ricoperto da un fitto pelame grigio sul dorso e nocciola chiazzato di bianco sul ventre. La coda era divisa in due parti, di cui quella superiore era più lunga di quella inferiore, come negli squali. Nessuna traccia di zampe o pinne anteriori, come negli altri mammiferi marini conosciuti. La forma del corpo era cilindrica e oblunga, grossa in prossimità della testa e sottile verso la coda”.

Agilmente nuotava verso la nave, si nutriva di kelp, non si mostrava per nulla timido. Ma che cos’era? Un animale sconosciuto? Un individuo malato o deforme di un animale noto?

Molti naturalisti hanno tentato di trovare una risposta e ancora oggi forse la più probabile – ma comunque problematica – è l’identificazione proposta dal biografo di Steller, Leonard Stejneger, che propende per un esemplare di callorino dell’Alaska (Callorhinus ursinus), una semplice otaria.

Ma davvero un naturalista esperto come Steller può aver scambiato un callorini dell’Alaska per una “scimmia marina” dopo due ore di osservazione a breve distanza?

A complicare ulteriormente il tutto, l’accostamento che Steller fa con la Simia marina danica (scimmia di mare danese) descritta dal naturalista e teologo svizzero Conrad Gessner nelle sue Historiae animalium, un’opera di zoologia rinascimentale che spaziava da animali realmente esistenti ad animali letterari, descritti da autori precedenti come Aristotele, Plinio, Eliano… e in cui la Simia marina ricordava molto una chimera.

In conclusione? Uno scherzo ad opera di Steller? Un modo di prendere in giro il capitano della nave, Vitus Jonassen Bering, che era in effetti danese come la presunta scimmia e con il quale Steller non aveva certo rapporti idilliaci, come sostiene il biologo Andrew David Thaler?

Certo, potrebbe essere, ma nulla vieta di immaginare invece un’ennesima straordinaria osservazione di Steller… d’altronde per chi per primo ha descritto la ritina di Steller cosa può essere impossibile?

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