CAMOSCIO ALPINO Rupicapra rupicapra – schede

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Il camoscio alpino (Rupicapra rupicapra) è un mammifero ungulato appartenente ai Bovidi, è incluso nella sottofamiglia dei Caprini.

Nel nostro Paese è distribuito in tutto l’arco alpino, con densità maggiori nel Parco Nazionale del Gran Paradiso e nelle province di Trento e Bolzano.

Le dimensioni variano da femmina e maschio, quest’ultimo può arrivare a 50kg, mentre le femmine sono intorno ai 35-40 kg.

Il mantello differisce a seconda delle stagioni ed  ha due mute: autunnale e primaverile.
In inverno il colore varia da bruno a nero e queste tonalità scure servono per assorbire maggiormente  i raggi solari ed avere più calore corporeo. Quello estivo ha peli più corti e di colore grigio rossastro, mentre gli arti inferiori ed il  muso presentano la classica mascherina scura. Entrambi i sessi hanno corna, molto simili fra loro, che raggiungono una lunghezza di 15-20 cm, quelle del maschio hanno però un’uncinatura più marcata.

Il camoscio è perfettamente adattato per sopravvivere in ambienti rocciosi ed innevati, un esempio è lo zoccolo, in cui  il bordo esterno gli permette di muoversi agevolmente fra le rocce ed i pendii ripidi; inoltre le dita dello zoccolo si possono divaricare e grazie ad una membrana interdigitale i camosci si possono muovere agevolmente sulla neve.
Possiede un grossa capacità polmonare e un numero di globuli rossi elevato, essenziale per fornire buona ossigenazione al sangue nell’habitat alpino.

Vive tra i 1.000 e i 2.800 m di altitudine, in diversi tipi di vegetazione e praterie alpine, dove si trovino pareti rocciose e scoscese. Nel periodo invernale tende a frequentare boschi di conifere e latifoglie, mentre con l’arrivo della primavera e lo scioglimento della neve, i prati di fondo valle con il primo verde vengono preferiti per l’alimentazione. Si sposta a quote elevate durante l’estate.

La presenza di zone rocciose e accidentate, miste a pascolo, è vitale per l’animale in quanto permette vie di fuga nel momento del pericolo. Altri fattori importanti per riconoscere i luoghi amati dai camosci sono l’esposizione, particolarmente in inverno, e l’inclinazione dei versanti.

Si tratta di un un animale gregario, specialmente per quanto riguarda le femmine, che trascorrono gran parte dell’anno in gruppi , il cui numero varia a seconda delle stagioni, dell’ambiente e del territorio. I giovani maschi tendono a formare piccoli gruppetti, mentre i maschi adulti tendono ad essere solitari e solo durante il periodo riproduttivo raggiungo le femmine.

Le nascite avvengono  tra metà maggio e metà giugno, le femmine  partoriscono un solo capretto solitamente (già a  2 anni possono partorire ma il primo parto normalmente avviene a 3 anni).

Verso la fine di ottobre inizia il periodo degli amori, che si protrae fino a metà dicembre, con un picco dell’attività nella seconda metà di novembre. In questa stagione i maschi si muovono verso i branchi delle femmine e stabiliscono un territorio di qualche ettaro che marcano attraverso lo sfregamento delle corna su arbusti, piccoli alberelli, erba e rocce (hanno infatti delle ghiandole che rilasciano sostanze odorose). All’interno di questo spazio cercano di trattenere le femmine mediante rituali di corteggiamento il cui scopo è favorire l’approccio del maschio prima della copula.

Cercano anche di impedire alle femmine l’allontanamento, ne bloccano i movimenti mettendosi davanti e battendo le zampe anteriori, sollevano il labbro superiore, tengono la bocca aperta, con la lingua cercano di percepire chimicamente se la femmina è pronta ad accoppiarsi. L’estro dura pochi giorni, dopo 3 settimane la femmina ritorna disponibile se non viene coperta.

Durante questo periodo allontanano qualunque altro maschio adottando comportamenti di minaccia diretta e indiretta, che spesso servono per evitare gli scontri, piuttosto rari. Tali comportamenti prevedono lo scuotimento del corpo e nel contempo l’emissione di urina che ricopre il corpo con il proprio odore. Durante l’incontro con un altro esemplare, il camoscio dominante assume un atteggiamento di imposizione: la testa ed il collo sono portati eretti, viene drizzata la criniera dorsale ed infine, se l’intruso non si allontana, avvengono spettacolari inseguimenti fra maschi lungo i pendii e le zone rocciose.

Altri maschi invece adottano strategie diverse, vagano continuamente in cerca di femmine cercando di coprire quest’ultimo al momento dell’estro.

Terminato questo periodo turbolento in cui i maschi perdono fino al 20-30% del proprio peso,  torna la calma, gli animali si spostano nei quartieri di svernamento.

Hot spot

Troppo facile dire Parco Nazionale del Gran Paradiso, e allora diciamo Parco della Val Grande, meno noto ma sempre entusiasmante per la selvaggia natura.

Curiosità

Durante la stagione degli amori, il manto dei maschi dominanti appare più scuro e lucente a causa della proprio urina di cui lo intridono scrollandosi, per apparire più attraenti anche a causa dell’odore molto gradito alle femmine in estro.

A differenza dei Cervidi, che hanno un palco, i Bovidi non perdono mai le corna.

 

Testo e foto di Massimo Pizzetti

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