Diari – Istantanee dall’alta Murgia pugliese

L’amico Francesco Ambrosi ci porta ancora con sé, nel suo luogo dell’anima, il Parco dell’Alta Murgia pugliese, alla scoperta della straordinaria biodiversità e dell’avifauna presente nel periodo della migrazione.

_DSC4894-2_01_1Primi giorni di maggio, è l’alba.
Una fresca brezza di maestrale lascia presagire che sarà una bella giornata.
A sinistra della stradina sterrata che porta al tratturello, il pascolo è avvolto dall’eterea fioritura del lino delle fate. Qui e lì spunta qualche asfodelo bianco ancora in fiore, ma sono le possenti fioriture gialle delle ferule a farla da padrone.
A destra, nel campo di grano, invaso dai rosolacci e dal giallo della senape selvatica, una calandra posata su una ferula imita il richiamo del grillaio. In lontananza, due falchi di palude incrociano il loro volo alla ricerca di prede.
_DSC4460-3ps2_1Proseguo lungo lo sterrato. Il campo di avena è stato mietuto da poco e qui le albanelle minori hanno deciso di trascorrere la notte. All’improvviso una sagoma veloce passa sopra di me e si posa poco più avanti: è una giovane albanella pallida che ha scelto quella stradina per consumare il proprio pasto, un ramarro sorpreso a riscaldarsi ai primi raggi di sole.
Non ho una meta specifica, so che ovunque vada, sicuramente la natura mi riserverà qualcosa di interessante da osservare.
_DSC8118_01_1D’istinto giro a sinistra ed imbocco il tratturello. Un’oasi delimitata dai muretti a secco, larga una quindicina di metri, a tratti trenta, che incrocia l’orizzonte. Tutt’intorno, sterminati campi di grano. Una volpe dall’alto di una roccia in cima ad una specchia (in passato, i campi erano spietrati manualmente e le rocce venivano ammassate in cumuli che costituivano le cosidette specchie), poco decisa ad abbandonare il proprio posticino e mantenendo un certo stato di allerta, mi lascia passare.
Comincia a far caldo, mi levo il giubotto. Nel campo alla mia sinistra, in lontananza, su un grande masso, una sagoma cattura la mia attenzione. Prendo il binocolo. E’ sicuramente un falcone ma non riesco ad identificarlo meglio. Gli scatto una foto col teleobiettivo e la ingrandisco al massimo. Non credo ai miei occhi, è un lanario! Lanario_PNAM-2Proveniente da chissà dove e diretto chissà dove, ha incrociato il mio cammino. Ne sono onorato. Sono trascorsi parecchi anni dalla sua ultima nidificazione nel Parco, ma la sua presenza accende un barlume di speranza. Si alza in volo e gli scatto qualche foto, solo per documentare quell’eccezionale incontro.
L’assordante canto degli strillozzi riempie l’aria mentre variopinte farfalle e ronzanti insetti mi girano intorno.

Capirossa-2_1Un’averla capirossa controlla da un perastro il terreno sottostante, mentre, sui muretti a secco, si alternano cappellacce, culbianchi, calandri e monachelle. C’è chi presto andrà via e chi resterà per nidificare, ma in quel momento sono tutti lì. Nel frattempo nei campi intorno, falchi di palude ed albanelle sono sempre più numerosi, ne conto cinque a sinistra ed otto a destra. Più avanti una mietitrice sta falciando un campo lasciato a maggese ed un nutrito gruppo di falchi grillai la segue alternando il tipico volo stazionario, lo “spirito santo”, a rapide picchiate, approfittando degli insetti in fuga, improvvisamente privati del loro riparo.
GSR_7230_01-2_1Sono le undici, il sole è molto forte e le temperature sicuramente si aggirano intorno ai 30°C. Metto via l’attrezzatura fotografica. Inutile cimentarsi nella fotografia con l’aria così calda, se ne riparlerà più tardi.
Incontro un pastore con le sue pecore. Lo saluto, lui ricambia con un cenno del capo. Penso un attimo alla durezza del suo lavoro, ma a guardarlo, mi sembra tutt’altro che triste.
Mi dirigo verso la grande quercia, lì potrò fermarmi per la mia siesta e godere della sua ombra. Mi siedo. Un giovane cervone sbuca dalla base di un tronco, poi scompare tra l’erba. Basta fermarsi qualche minuto perchè si spalanchino le porte di un meraviglioso e variopinto microcosmo di orchidee selvatiche ed artropodi.
Non distante i rigogoli sfoggiano il loro canto melodioso. Cosciente della loro elusività non mi faccio sfiorare nemmeno dall’idea di fotografarli, mi limito a godermi la melodia.
Mi rimetto in marcia. Su di un palo di cemento ci sono una ghiandaia marina ed uno storno che sembrano contendersi un foro per un futuro nido. Poco lontano sta cantando un’upupa, un’altra risponde.

 

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Un biancone fa lo “spirito santo” sul pascolo. Forse, nel tardo pomeriggio, andrò a vedere se ha deciso di rioccupare il posatoio dell’anno scorso. Poi, ancora, il canto dei gruccioni. Li sento avvicinarsi. Eccoli, si fermano per qualche minuto, un paio di giri in volo per catturare qualche sventurato insetto, poi dinuovo tutti insieme chiassosamente verso il proprio sito di nidificazione, poco lontano, accanto ad una cisterna in muratura, dove abbondano le libellule.
DSC_0141-Modifica-2_1Alle diciassette l’aria torna ad essere fresca. I posatoi abitualmente occupati dai grillai sono stati provvisoriamente conquistati dai più forti falchi cuculo. E’ bene approfittare per dedicargli qualche foto, tra un paio di settimane saranno ripartiti. Nel frattempo un branco di una dozzina di cinghiali si dedica alla ricerca di qualche radice succosa tra gli asfodeli.
E’ ora di tornare a casa. Mi fermo un attimo sotto un vecchio pino domestico, fermo il motore dell’auto. Gli assioli stanno cantando e sul tetto del rudere di una casetta della riforma agraria fa capolino una civetta. In lontananza il canto flautato degli occhioni.
Via, a casa, è tardi!
Un barbagianni mi attraversa la strada col suo volo silenzioso. Prima o poi riuscirò a scattarti una foto, penso.

 

Testo e foto di Francesco Ambrosi

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