Giorni incerti quelli tra fine aprile e i primi di maggio, le prime giornate di caldo vero si alternano a perturbazioni in grado di portare ancora non poca neve (e seri rischi di valanghe) in montagna, anche a quote non troppo elevate. Pertanto mentre cerchiamo di organizzare una uscita con pernottamento in terra elvetica – abbiamo deciso per la bellissima Val Verzasca – consultiamo i bollettini delle neve… e a terra sopra i 1600 metri c’è neve, qualche cm, e in quantità decisamente consistente attorno ai 2000. Valutiamo pertanto le diverse capanne della valle attraverso il sito capanneti.ch e scartiamo quelle più alte, che ci auguriamo di tornare a visitare presto. Propendiamo invece per un’escursione semplice, a bassa quota, che da Daghéi di Dentro, a circa 955 m di quota, conduce alla Capanna Osola (1420mslm).

La malcelata speranza è quella di assistere allo spettacolo della stagione appena iniziata degli amori dei galli forcelli, ben presenti in valle, ma senza conoscere dettagliatamente il territorio e la collocazione di eventuali lek è proprio una scommessa con la sorte.
Prenotiamo la capanna telefonicamente (sul sito si trova tutto) e la referente, gentilissima, ci consiglia, data la stagione e il fatto che pernotteremo non nel weekend, di procedere in auto fino al termine della strada, fino a Pianell di Mott (980 m) dove un segnavia indica che per la capanna occorrono 2 h di cammino.
E così facciamo. Ci carichiamo gli zaini in spalla, ben forniti di cibo e vino – questa volta contiamo di evitare il Merlot del Ticino… – mentre un rapace (uno sparviere?) vola di fronte a noi. Da subito, dopo un ponticello, si apre a noi il mondo delle valli svizzere. Tutto è curato, ordinato, ma soprattutto vivo. Ci sono piccole case, giardini e prati curati, si vedono strumenti di lavoro, non è un territorio abbandonato a sé né forzatamente tenuto in vita, è realmente vivo.
Il sentiero molto ben segnato sale, spesso fiancheggiando il fiume, tra ruscelletti che irrorano d’acqua le rocce e vere e proprie cascate.

I colori della primavera, ancora talvolta sopraffatti dal marrone delle foglie morte, si fanno spazio con le loro gemme, le foglie appena nate, tra anemoni dei boschi e crochi bianchi e rosa negli spazi più aperti. Molti i segnali che invitano a fare attenzione al bestiame e tanti i cancelli per evitare che gli animali da pascolo si disperdano.
La salita è relativamente facile, il bosco dominato da faggi intervallati a larici è meraviglioso, il fiume che costeggiamo ha dei colori incredibili ( il fiume Osura) e le pozze invitano a bagnarsi: durante il cammino ci si mostra una bella coppia di picchi neri (Dryocopus martius), altri piccoli uccelli, cince probabilmente velocemente compaiono e scompaiono tra i rami.

Scorgiamo molte tracce di grossi ungulati, probabilmente cervi. Aguzziamo lo sguardo ma non facciamo nessun avvistamento degno di nota.
Puntualmente dopo due ore, sempre costeggiando il fiume che ora però sembra quasi privo di acqua, giungiamo ad una bellissima area pianeggiante circondata dalla vegetazione e nel mezzo ecco la Capanna Osola.

Da pochi anni ristrutturata e molto ben tenuta, ha 18 posti letto e appartiene alla “Comunità Compadroni Alpe Osola”, un’associazione molto antica formata dalle famiglie patrizie di Brione prettamente legate al mondo agricolo. C’è davvero tutto, un’area esterna con fontana, lo spazio per grigliare, bagni con possibilità di doccia, una cucina a gas perfettamente funzionante, stoviglie di ogni tipo e la stufa, essenziale per riscaldare l’interno… e l’immancabile Merlot.

Ci godiamo ogni momento (un sogno, non prende neanche il telefono), accendiamo la stufa e prepariamo la griglia mentre beviamo una lattina di birra (4 chf). Al sole si sta molto bene ma ci accorgiamo che davvero in pochi minuti la temperatura si alza e abbassa di diversi gradi.
Dopo pranzo, nel pieno pomeriggio, decidiamo di esplorare una parte della valle, in direzione della Corte dei Fornée (45 minuti dalla capanna, quota 1700 mslm). Saliamo per un ripido sentiero in una natura selvaggia e bellissima, ricchissima di acqua e, come da previsione, ecco la neve. A chiazze, pochi cm, ma presente. Altre tracce, impronte (volpe probabilmente), fatte (di foggia e colore diverso e tra le molte di ungulati anche una che sembra decisamente di lupo). Ancora ahimè nessuna osservazione significativa, speriamo in domani mattina.

Cena con ogni comfort, sonno su materassi…
Al mattino ci svegliamo, facciamo colazione tra cince more (Periparus ater) e codibugnoli acrobati (Aegithalos caudatus) mentre un codirosso comune (Phoenicurus phoenicurus) allestisce il nido e poi decidiamo di arrivare al vicino fondovalle. Una piacevole passeggiata, durante la quale speriamo in qualche avvistamento più “consistente”.
Ci sediamo su un grosso masso e osserviamo col binocolo tutto attorno. Finalmente qualcosa si muove! Ecco un grosso cervo maschio (Cervus elaphus) con solo un accenno di palco (deve averlo perso non da troppo) che risale la ripida parete che chiude la valle! E dopo poco scorgiamo un camoscio (Rupicapra rupicapra) che immobile ci fissa a grande distanza da chissà quanto! Non ci toglie gli occhi di dosso un attimo, nonostante la distanza sia davvero considerevole. Mentre ci rallegriamo degli avvistamenti, una coppia di cince alpestri bellissime (Poecile montanus) ci si regala in tutta tranquillità su una betulla a pochi metri da noi: che contrasti di colori, il grigio e il bianco risplendono nella luce. Non facciamo in tempo a girarci che improvvisamente una coppia di rampichini alpestri (Certhia familiaris) si arrampica letteralmente sulla corteccia di un altro albero. Forse abbiamo davvero trovato un punto di osservazione importante!

Purtroppo il tempo rimane variabile, preferiamo incamminarci verso la macchina. Recuperiamo gli zaini e ripartiamo. Dopo pochi minuti comincia a piovere ghiaccio e il maltempo ci accompagna per un’ora buona.
Siamo soli sul sentiero (solo uno scoiattolo rosso, Sciurus vulgaris) ci attraversa la strada per un attimo) e avvertiamo tutta la straordinaria forza della natura e la bellezza selvaggia di questa valle. Rivediamo il sole quando ormai siamo alla macchina, ma è andata benissimo così (anche senza galli forcelli).
Testo di Prof. Gip. Barbatus, foto di Davide Pisciotta e Ivan Vania
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