
Oggi, in un pianeta stravolto dal cambiamento climatico, tra incendi inarrestabili, alluvioni ed eventi estremi, è ancora più decisivo recuperare il pensiero dei grandi pionieri dell’ecologia (ricordate John Muir, di cui abbiamo parlato non troppo tempo fa?), quei maestri – spesso inascoltati – che hanno saputo indicarci nel secolo scorso la strada, anzi le strade, che avremmo dovuto percorrere. Tra questi sicuramente il padre dell’ecologia profonda, il norvegese Arne Naess. Alpinista, filosofo gandhiano, professore… Arne Naess è stato molte cose contemporaneamente, ma in primo luogo è stato un esempio. Il suo rapporto con la Natura ha saputo vincere il dualismo uomo-ambiente, ha saputo valorizzare l’uguale importanza del piccolo e del grande, ha reso evidente l’inutile superbia antropocentrica. Dal punto di vista privilegiato della baita che si costruì ai piedi del Monte Hallingskarvet, che lui chiamò Tvergastein (pietre incrociate), fondò l’ecosofia T (dalla lettera iniziale del “suo” luogo”). Attraverso interculturalità e interdisciplinarità – quando ancora questi concetti non erano comuni – caratterizzò il suo ecologismo profondo sulla base delle idee di giustizia sociale, pace nel mondo e responsabilità ecologica, enfatizzando il valore intrinseco di tutti gli esseri e il valore della ricchezza e della diversità nelle forme di vita e nelle culture. Una visione totale, oltre le forme delle conoscenze occidentali, che parte da un recupero dell’interiorità di ognuno perché cura dell’ambiente significa in primo luogo cura di noi stessi. Naess non ebbe paura di esporsi, di sollevare questioni delicate come l’egualitarismo biosferico di principio, che attribuisce valore non utilitaristico non solo all’uomo ma anche alla natura, oppure l’anti-antropocentrismo che denuncia lo specismo e tutte le forme di razzismo nei confronti dei non umani.
Idee profonde, mai banali, estremamente attuali e preziose, oggi riproposte nel bel volume Siamo l’aria che respiriamo. Saggi di ecologia profonda (edito da Piano b, 16 euro). Un libro da leggere, su cui riflettere e soprattutto da interiorizzare perché, se vogliamo avere una speranza, è quella indicata da Arne Naess: la rivoluzionaria presa di coscienza della nostra essenziale unità con l’ambiente.