Diari – 2021: il mio primo Big Year (parte I)

31 Dicembre 2020. Una cena ordinaria, una mezzanotte attesa senza particolari entusiasmi, mentre mi dedico a qualcosa di decisamente inusuale considerati l’ora e lo specifico giorno dell’anno. Con cura ripongo il cannocchiale e il binocolo nello zaino, estraggo dall’armadio la custodia del treppiede e infilo la mia rete mimetica in una busta. Domani sarà un grande giorno di birdwatching.

Dopo un’infanzia trascorsa con il binocolo al collo e con la “Guida degli uccelli d’Europa” sempre a portata di mano, nel corso degli ultimi anni ho a malincuore accantonato il mio originario spirito di birder per dedicare alla mia attività di fotografo naturalista la grande quantità di tempo che richiede. Le brevi escursioni a due passi da casa, così come quelle nelle tante aree protette della mia Regione, il Piemonte, sono state poco a poco sostituite da lunghi viaggi e spedizioni più impegnative, sempre con l’obiettivo di raggiungere lo scatto perfetto.

Un airone cinerino in volo

Se, come sostengono i più ottimisti, è più che mai opportuno cercare di trovare aspetti positivi anche nelle circostanze più spiacevoli, sono convinto che la pandemia scoppiata lo scorso anno e le rigide limitazioni che ne sono derivate mi abbiano tuttavia regalato un’occasione unica per riscoprire la bellezza insita nelle cose semplici e per tornare a praticare un hobby troppo a lungo accantonato. Ispirato da un film che per gli appassionati di ornitologia è ormai un cult da diversi anni (The Big Year, 2011), ho deciso di dedicare l’intero 2021 al mio primo Big Year!

Per chi non lo sapesse, il Big Year non è altro che una competizione informale tra appassionati di avifauna, che si prefiggono di identificare il maggior numero di specie di uccelli possibile in un singolo anno. Una sfida con se stessi, che comincia ogni anno il 1 Gennaio e termina il 31 Dicembre. Una scusa, per il sottoscritto, per trascorrere una gran quantità di tempo all’aria aperta e per esplorare hotspot geograficamente vicini, ma a cui raramente avevo dedicato la giusta attenzione in passato.

Un merlo acquaiolo in attesa

Tra questi “punti caldi”, cioè luoghi in cui le creature alate sono riuscite a ritagliarsi il loro spazio nonostante la forte pressione antropica circostante, merita sicuramente una menzione la Zona di Protezione Speciale del Meisino, un’area di quasi 250 ettari situata nel comune di Torino, alla confluenza tra la la Dora Riparia, la Stura di Lanzo e il Po. È proprio con un elogio di questo luogo, così apparentemente ordinario e in realtà così pulsante di natura, che desidero inaugurare questa piccola “rubrica” in tre puntate, che mi porterà a condividere con voi emozioni e riflessioni derivanti dall’esplorazione di ambienti particolarmente interessanti e dall’incontro con alcune tra le specie di uccelli più affascinanti d’Europa.

Hotspot: la Zona di Protezione Speciale del Meisino (Torino, Italia)

Il primo gennaio scorso, dopo aver scrutato attentamente con il mio binocolo Leica ogni angolo della ZPS del Meisino, non potevo credere al sorprendente numero di specie che avrei da lì a poco aggiunto alla mia check-list del Big Year: venticinque specie differenti di uccelli, osservate nell’arco di un paio d’ore appena, a pochissimi chilometri di distanza dal centro di una delle più popolate città italiane

Riflesso di voltolino

La zona in questione, inclusa nell’Area protetta regionale Riserva naturale del Meisino e dell’Isolone Bertolla, facente parte delle Aree Protette del Po Torinese, rappresenta per l’avifauna migratrice un’oasi di relativa tranquillità in cui riposarsi subito dopo aver valicato le insidiose Alpi, o per riprendere le forze prima di affrontarle. Con l’arrivo dei primi freddi invernali, centinaia di morette e moriglioni si uniscono agli stanziali germani reali sulle acque calme del Po, mentre stormi di migliaia di gabbiani comuni offrono uno spettacolo impareggiabile volando all’unisono nella luce del tramonto. Sul fiume e nei canneti attigui si possono osservare specie relativamente comuni, come folaga, gallinella d’acqua e gabbiano reale, ma non mancano le rarità. Senza andare a scomodare l’avvistamento più unico che raro di una moretta dal collare, anatra tipicamente osservabile in Nord America che ormai più di dieci anni fa si era inspiegabilmente spinta fino alle porte di Torino per la gioia mia e di tanti altri birdwatcher, in inverno è possibile imbattersi in alzavole, morette tabaccate, quattrocchi, fistioni turchi, strolaghe e svassi di diverse specie.

L’eleganza della moretta tabaccata

Non è solo l’acqua, tuttavia, a riservare gradite sorprese in questa ZPS: il sistema fluviale è infatti attorniato da diversi ambienti, ognuno dotato di peculiari caratteristiche in grado di attirare una variegata avifauna. A breve distanza dalla Diga del Pascolo si registra un roost di cormorani, mentre l’adiacente isolone di Bertolla ospita un’importante garzaia di airone cenerino, che in primavera brulica di vita. Un incessante tamburellare sulle cortecce degli alberi rivela la presenza del picchio rosso maggiore, mentre un richiamo inconfondibile segnala che i picchi verdi hanno eletto una piccola radura circondata di alte latifoglie a loro territorio. Ogni arbusto, ramo, tratto di fiume e angolo di cielo di quest’area protetta regala incontri interessanti a chi ha la pazienza di osservare: che a conquistarvi sia l’incedere schivo del piro piro piccolo, la timidezza del minuscolo regolo o ancora il volo a pelo d’acqua del coloratissimo martin pescatore, sono sicuro che non esiterete a ritornare in questo luogo dopo una prima visita con il binocolo al collo.

Avvistamenti emozionanti:  l’ibis eremita (Geronticus eremita)

Un centinaio di metri di pista d’atterraggio, o poco più. Erba bassa, tagliata di fresco. Un campo di volo come tanti, in provincia di Torino. Su questo particolare drappo tinto di verde acceso, incastonato tra un’infinità di campi coltivati ancora in attesa di colorarsi a loro volta con l’arrivo della primavera, cammina su e giù un uccello di grosse dimensioni, reso inconfondibile dal lungo becco ricurvo. È difficile trattenere l’emozione quando si realizza di avere a portata di binocolo uno dei pochissimi ibis eremita rimasti al mondo.

Avvicinandoci lentamente possiamo apprezzare il bellissimo piumaggio cangiante dell’animale, ricco di riflessi iridescenti, viola e verdi. Il capo, privo di piumaggio e reso inconfondibile da un ciuffo di piume più lunghe, è impegnato in un movimento ripetitivo verso il basso, che gli permette di estrarre dal terreno i vermi e le larve di cui si nutre. Non è affatto inusuale osservare esemplari di questa specie in alimentazione su prati curati dall’uomo: campi da golf, ad esempio, ma soprattutto campi di volo. Per quanto riguarda i secondi, non posso fare a meno di pensare che, tra le motivazioni che spingono questi particolari uccelli a sceglierli con una certa frequenza come siti ove sostare, ce ne sia uno legato alla familiarità che gli ibis sviluppano con questo tipo di luoghi nel primo passo della loro vita da migratori.

Un ibis eremita

Per spiegare meglio cosa intendo dire, occorre tornare indietro di qualche anno, a quando l’intera popolazione mondiale selvatica di ibis eremita con comportamento migratorio intatto era ridotta a un unico individuo. Per far sì che alla esigua popolazione di ibis stanziali presente in Marocco se ne aggiungessero altre caratterizzate invece dalle ancestrali abitudini migratorie, è nato il progetto LIFE “Waldrappteam”, voluto dall’Unione Europea e sostenuto da diversi partner in Austria, in Italia e in Germania: obiettivo dichiarato, la reintroduzione dell’ibis eremita come specie migratrice nel suo habitat di distribuzione originario, che secondo evidenze storiche comprendeva Austria, Svizzera, Germania, Turchia, e forse Italia, Spagna, Ungheria e Grecia.

In diversi siti tra Austria e Germania, seguendo le orme del famoso etologo Kondrad Lorenz, ricercatori esperti hanno cominciato ad allevare a mano pulcini di ibis eremita, creando con loro un legame indissolubile fin dalla schiusa. Un legame che pochi mesi dopo ha permesso la realizzazione della prima, storica migrazione di uccelli guidata dall’uomo: ultraleggeri e uccelli in volo all’unisono, in direzione del sito di svernamento dell’Oasi WWF della Laguna di Orbetello, in Toscana. Un percorso a tappe, che vede ogni anno uccelli e uomini atterrare più volte sfruttando scuole e campi di volo disseminati in tutta Italia, che per gli ibis diventano ambienti familiari e rassicuranti, ideali per rifocillarsi e sostare anche in occasione di migrazioni successive.

Ibis eremita

Ogni nuovo nato ha bisogno di essere guidato almeno una volta dall’area riproduttiva all’area di svernamento, per poi trovare la via del ritorno, già a distanza di pochi mesi, in piena autonomia. Nel 2011, per la prima volta, un giovane ibis eremita allevato da genitori naturali ha imparato la rotta dai suoi conspecifici adulti, candidandosi a guidare a sua volta nuovi gruppi negli anni a venire e ponendo le basi per un definitivo ritorno di questa bellissima specie in Europa.

Le posizioni degli ibis eremita, a ognuno dei quali è stato assegnato un nome, vengono costantemente monitorate attraverso dispositivi GPS e le informazioni riguardanti la loro posizione sono rese disponibili al pubblico grazie a un’applicazione per computer e dispositivi mobili, la stessa che ci ha permesso di vivere un pomeriggio indimenticabile in compagnia di Paride. Un incontro speciale con l’ibis più raro del mondo, avvenuto a breve distanza da casa e per questo pienamente in linea con lo spirito con cui ho iniziato il mio Big Year, che si preannuncia più che mai ricco di sorprese.

Luca Giordano Fotografo professionista dal 2015, da diversi anni organizza viaggi fotografici, corsi e workshop in Italia e in diverse aree d’Europa. Collabora come fotografo naturalista e scrittore freelance con svariati enti e riviste, mentre le sue immagini sono state segnalate e premiate in occasione di numerosi concorsi fotografici nazionali e internazionali. Raccontare la natura e gli animali selvatici al grande pubblico è lo scopo del suo lavoro: in questa direzione vanno letti i suoi saltuari interventi a GEO (Rai3), così come le tante proiezioni di foto naturalistiche che tiene presso associazioni, scuole e circoli fotografici. Si è laureato in Economia Aziendale e in Direzione d’Impresa, Marketing e Strategia, con una tesi sulla valorizzazione del territorio nel Parco Nazionale Gran Paradiso e nelle Aree Protette Alpi Marittime. Per vedere i suoi lavori e seguire le sue iniziative www.lucagiordanophoto.com

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