PREMESSA
La scelta di una destinazione di viaggio non sempre nasce da vecchi desideri, ma volte è figlia di intuizioni. È così che nelle serate invernali, cercando sul web mete prettamente naturalistiche, mi sono imbattuto in un piccolo paese Baltico, grande più o meno come la Pianura Padana, ma abitato da meno di 2 milioni di persone, di cui la quasi la metà nella capitale, quindi con una densità di popolazione bassissima.
È sì praticamente pianeggiante, quindi a rischio di monotonia di panorami, ma più della metà del territorio è coperto da foreste dove pare vivano animali “interessanti”. Approfondendo scopro che ci sono agenzie che offrono l’opportunità di osservare in natura orsi, castori, scoiattoli volanti, alci, foche …. Beh è fatta, è così che è nato il viaggio in Estonia per me e la mia appassionata famiglia, mia moglie e mio figlio di 10 anni.
Acquisto il volo e la prima giornata a Tallinn (è vero che andiamo per parchi, però già che siamo lì non vogliamo perderci la Cittadella Patrimonio Unesco), dopodiché come al solito cerco di documentarmi.
Le note guide cartacee riportano solo tour nelle città; in rete poco e di quel poco nulla in lingua italiana, chiaro segnale che di connazionali, al di fuori della Capitale, ne incontreremo pochi.
Le uniche fonti saranno il preziosissimo sito ufficiale dei parchi nazionali – ricco di cartine e sentieri, e il cui personale si rivela molto disponibile a rispondere a domande via mail – e un’agenzia locale (www.natourest.ee), con la quale concordo una notte in un capanno per avvistamento orsi, oltre a ricevere consigli per altri luoghi di interesse naturalistico nel Paese. Tutto qui, sarà tutta una scoperta on site.
DIARIO D’AGOSTO
Verde è il colore che più si addice a questo Paese. Sarà per i frequenti scrosci di pioggia (a proposito, nessuno si preoccupa e nessuno usa ombrelli), per le foreste e i prati rigogliosi, ma ci pare di rimanere accecati da tanto colore. Questo pensiamo quando, dopo avere girovagato per una intera giornata nella interessante capitale, ritiriamo la macchina e partiamo direzione Natura.
Prima tappa il Bog di Marimetsa, dove arriviamo su consiglio della proloco.
Prima scoperta di viaggio: bog è traducibile con qualcosa tra palude e torbiera, acque purissime ma ad alta acidità e con pochi nutrienti adatti alla vita. Nonostante tutto, la natura intorno è meravigliosa, e non esagero se l’incontro tra terra, acqua e cielo mi ricorda la savana africana.

È comunque questa una tappa di avvicinamento all’Isola di Saaremaa, per cui nel tardo pomeriggio arriviamo ad Haeska, luogo famoso per le migrazioni (in primavera si parla di 2 milioni di oche lombardelle in nidificazione).
Ovviamente agosto non è il periodo migliore, però oltre alla pace e ai silenzi indescrivibili del luogo, la passeggiata verso il capanno di avvistamento, che dà sul golfo del PN di Matsalu, ci offre la possibilità di osservare, scorgere, e anche fotografare cigni, pavoncelle, ballerine bianche, cormorani e altri anatidi purtroppo troppo lontani per essere riconoscibili. Senza contare le cicogne bianche … veramente tantissime in tutto il Paese, quasi un segno distintivo (in un’altra zona, in una sola giornata ne abbiamo contate quasi cento!), visibili nei prati appena arati, appollaiate sulle palizzate o nei nidi a lato strada o addirittura in mezzo ai paesini.

Più interessante per noi l’incontro con delle gru cinerine, anche queste nonostante il periodo in buon numero … si vede che è ancora presto per migrare verso sud.

Ma eccoci all’isola di Saaremaa, dove abbiamo fissato il primo obiettivo wild prenotato dall’Italia. Ci fermiamo due giorni, cosa che ci permette anche di visitare le attrattive storico-culturali (la bellissima fortezza di Kuressaare, le chiesette campestri medioevali, Angla, il paesino dei mulini a vento e un cratere formato da un meteorite).
Al porticciolo di Papissare abbiamo le prime sia gradite che spiacevoli sorprese. Parcheggiamo l’auto, ci avviciniamo al piccolo molo e già poco oltre vediamo un tranquillo gruppetto di oche faccia bianca, non proprio un incontro comune … e poi nell’acqua di mare un bel serpente che “nuota”. All’inizio non lo riconosciamo però nel dubbio decidiamo di non disturbarlo troppo (lo riconosceremo successivamente come un innocuo colubride, il serpente dell’erba).

Però presto la sgradita sorpresa: la persona con cui fino al giorno prima avevamo conferma di appuntamento per avvistamento foche (http://www.islander.ee) non c’è; quando lo chiamiamo al telefono ci dice che sarebbe arrivato da lì ad un’ora con altri turisti, che scopriremo non essere interessati alle foche, ma alla gita sull’isola di Vilsandi. Va beh, buon viso a cattivo gioco, ci adattiamo, dopotutto sappiamo essere quello un eden ornitologico oltre che un Parco Nazionale. Quindi ci accordiamo tutti per il trasbordo con il motoscafo e poi per 4 ore di libertà a Vilsandi dove intraprendiamo subito il trekking da 8km.
Panorami stupendi su un’isola con piante quasi mediterranee (saranno le acque basse e calde del Baltico o la presenza di correnti miti, non ce lo spieghiamo), pochissimi turisti locali in spiaggia a fare il bagno (noi tre con gli scarponcini da trekking!) ma soprattutto uccelli marini dappertutto. Sappiamo che non è la stagione migliore (in effetti non a caso puntavamo alle foche), però osservare un isolotto di sabbia completamente coperto da cormorani, qualche cigno e gru, sempre immersi in un paesaggio naturale bellissimo, ci ha reso il boccone un po’ meno amaro.
È ora di tornare sul continente. Per noi un lungo avvicinamento per arrivare nel centro della Nazione, verso la Riserva Privata di Toosikannu, che oltre ad offrire ospitalità per ricchi turisti locali, gestisce safari fotografici a bordo di 4×4.
La nostra guida ci racconta che la riserva è estesa circa 9.000ha e ospita 500 cervi, un centinaio di caprioli e una ventina di alci. La parte degli alloggi e del ristorante è minima rispetto alla Riserva, per cui noi siamo già felici quando ci allontaniamo dal frastuono. Siamo praticamente solo noi quattro a fare il safari, quindi tra i primi facili avvistamenti ecco le femmine e i giovani di cervi, ma anche gli alpha che si intravedono schivi nella boscaglia (i loro enormi palchi sono già pronti per le lotte della stagione riproduttiva).
Osserviamo anche i più riservati caprioli, ma è indubbio che l’incontro più spettacolare è quello con un grosso maschio di alce, che già da sdraiato ci sembrava enorme, ma poi ritto ci ha lasciato sbalorditi per la sua possanza.

Si fa buio, dobbiamo lasciare di corsa Toosikannu prima che la padrona della guesthouse dove abbiamo prenotato ci lasci fuori per la notte … dobbiamo affrontare 50km di strade secondarie (oltre 1h di viaggio) per la successiva tappa: il Parco Nazionale di Soomaa, da noi eletto il migliore dell’Estonia.
Ci fermiamo tre giorni e già il primo giorno intraprendiamo (praticamente in solitudine) uno dei percorsi meglio recensiti del Parco: Lemmijoe, un anello di 6km tra boschi che costeggiano le anse di un placido fiume dove già subito notiamo delle piante segate in maniera inequivocabile, chiaro riferimento al passaggio di castori, che ovviamente di giorno non si mostrano…
Ma è solo questione di organizzarsi bene… dopo un pomeriggio di meritato riposto, appuntamento alle 20:00 a Riisa Rantso, dove siamo attesi da un’agenzia molto attenta all’ecoturismo (www.soomaa.com, che insieme alla NaTourEst sicuramente sono da consigliare)
Breve trasferimento in auto + briefing, giubbotto di salvataggio e pagaia per ciascuno, e via si scende in canoa sullo stesso placido fiume dove abbiamo camminato al mattino.

Però ora è il momento giusto, perché, in maniera molto fortunata, avvistiamo presto un castoro (Castor fiber) che ci regala un’emozione unica. Allarmato dalla nostra presenza, prima alza la coda, per poi sbatterla sull’acqua, avvisando così gli altri esemplari del gruppo prima di sparire (ovviamente il tutto è durato una frazione di secondo, quindi foto impossibile). Proseguiamo così per oltre due ore, tra silenzi interrotti solo da calme pagaiate, sinistri scricchiolii di alberi, qualche pipistrello in caccia a pelo d’acqua e tanta avvolgente natura.
Il giorno successivo abbiamo appuntamento ancora con la stessa agenzia, stavolta indosseremo le bog-shoes (una sorta di ciaspole da erba) e verremo accompagnati nell’altrimenti inaccessibile cuore del Parco.
Il PN di Soomaa infatti è famoso per la “quinta stagione”, il periodo primaverile delle inondazioni che muta totalmente l’immagine del paesaggio della piana alluvionale dove ciaspoliamo, e dove trova spazio una natura unica ed endemica che si rinnova anno per anno (tra le altre cose abbondanti sono le piante carnivore che si cibano degli unici abitanti fissi della zona, gli insetti impollinatori). Il terreno nasconde metano e le acque sottostanti sono ricche di minerali, oltre che acide, e non consentono altra vita se non quella che è riuscita qui a specializzarsi: sì siamo di nuovo nei bogs, immense pozze di acqua che affiorano qua e là nella piana.
Attorno a queste pozze un prato formato da muschi sull’acqua, con una profondità che va da pochi centimetri ad un paio di metri, delle vere e proprie sabbie mobili (non a caso indossiamo ciaspole e seguiamo una guida). Ogni tanto, per la verità, si ergono anche dei piccoli boschetti, segnale che quella è “un’isola” in mezzo ad un mare di “finta terra”. Di nuovo, l’immagine completa ricorda tantissimo la savana…
Il giorno successivo lasciamo Soomaa per una breve sosta di una notte a Tartu, una graziosa e vivace cittadina universitaria che si trova nella nostra direttrice di itinerario. Facciamo riposare le gambe dagli pesanti scarponi, così da essere pronti per l’ultima e più attesa parte del viaggio, che prevede un appuntamento per le ore 17:00 del giorno successivo in un luogo cui dovremo arrivare basandoci su coordinate gps.
Arriviamo ovviamente con largo anticipo, così da poterci cambiare e preparare con calma. Già comincia a salire la tensione, perché ammetto che temiamo un’altra delusione dopo quella dello scorso anno in Slovenia … e due di fila sarebbero dure da digerire.
Arriva invece puntuale la guida dell’agenzia NaTourEst (www.natourest.ee) che ci fa parcheggiare l’auto molto distante da una strada secondaria e ci fa incamminare nel fango (ovviamente sta iniziando il solito scroscio) per una buona mezzora, fintanto che arriviamo alla vista del capanno che ci ospiterà per la notte, dove la nostra adrenalina schizza a mille.

Condividiamo lo spazio con una coppia di portoghesi, simpatici e attenti conoscitori della fauna, anche se poi comunque l’interno del bivacco è molto più che sufficiente per tutti e cinque. Dopo un breve e sommario briefing salutiamo la guida, che ci conferma che potremo tornare “da soli” alle nostre auto l’indomani dopo le 8:00.
Non c’è acqua corrente né luce, per cui come prima cosa sistemiamo le cose per la notte, dopodiché prepariamo binocoli e macchine fotografiche davanti alle finestre e ci accomodiamo speranzosi sulle poltroncine.
Il tempo scorre, dopo una ventina di minuti, attratti dal cibo, i primi ospiti : vanno e vengono picchi muratori e capinere. Poi poco più tardi diverse esemplari di ghiandaie. Sono le 20, sono ormai passate quasi 3 ore ma dell’ospite più atteso nessuna traccia. Comincia a scurire e la delusione comincia a serpeggiare.
Alle 20:20 la ragazza portoghese sibila… the bear!!!! E subito un susseguirsi di click click click. Non è grosso, si ferma poco e si allontana. Ritorna dopo qualche minuto per banchettare ancora un po’, ma c’è qualcosa che lo disturba e se ne va. Riprendiamo l’osservazione, sul retro compare un racoon dog o cane procione (sì, non dovrebbe vivere qui, ma sono discendenti di qualche esemplare rilasciato in Russia al tempo degli Zar, e quindi dopo duecento anni hanno ampliato il loro areale in tutto l’Est Europa). È un attimo e siamo tutti e cinque dall’altro lato del capanno ad osservarlo.

Vengo però presto attratto da una figura sinistra, una grossa ombra che si staglia ancora sul lato anteriore del capanno… è un grosso esemplare di orso, che si è già accomodato nella zona delle esche e tranquillo comincia a scavare. Ora capiamo perché quello più piccolo di prima era tanto preoccupato.
Per le foto è troppo scuro, però non cambia che restiamo interminabili minuti ad ammirarlo, finché sazio se ne va ballonzolando verso il fitto della foresta.
Per noi è una gioia immensa… era il vero obiettivo del viaggio, wow!!!!
Sono le 22 è buio pesto, nostro figlio dorme già, io e mia moglie restiamo a chiacchierare per qualche minuto ancora. Lei mi chiede “preoccupata” quale saranno gli obiettivi dei prossimi anni… Idee di viaggio ne ho tante, ma non ora, adesso è ora di accasciarsi in branda…
Ci svegliamo verso le 5, i due ragazzi portoghesi sono già appostati. Vediamo altri procioni e una famiglia di caprioli, chiaro segnale che di orsi o altri predatori non c’è traccia nelle vicinanze. È tempo quindi di abbandonare il capanno e dirigerci verso le nostre auto.
Dopo una esperienza così forte siamo come svuotati sia fisicamente (la notte in bianco lascia strascichi) che emotivamente, così gli ultimi 2 giorni programmati nel Parco Nazionale di Laheemaa scorrono senza sussulti.
E’ il quarto Parco Nazionale che visitiamo, ma è anche quello più vicino alla Capitale, e quindi è il più antropizzato. A parte una gita in bici offroad nella Penisola di Kasmu, non lo troviamo interessante.
L’ultima camminata però nella foresta di Oandu ci fa ricordare le parole della guida che ci aveva accompagnato con le ciaspole nei bogs di Soomaa. Qui si notano bene gli interventi “benefici dell’uomo”: in Estonia le antiche foreste primarie sono poche (la guida ci parlava di un 5-10%), e sono circondate da reimpianti di betulle e soprattutto conifere.
A prima vista può sembrare uno scempio, ma se si osserva meglio si nota che questi nuovi boschi sono spesso lasciati a se stessi: quando gli alberi cadono o muoiono lasciano spazio al normale corso della vita, cosicché tra le fila ordinate di fusti, compare qua e là una pianta nuova (magari di una specie diversa) che si fa largo per colonizzare un nuovo spazio, e per rendere più vario un luogo in origine ordinato e monospecie.
Questo è il ragionamento che orgogliosamente ci raccontava quella guida a proposito del suo Paese, piccolo sì, ma molto attento alle questioni ambientali. Questo è ciò che di bello ci ha lasciato l’Estonia (oltre che l’incontro con il più grande predatore terrestre europeo ovviamente).
Testo e foto di Marco Ciccone
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