Diari – Tra i parchi di Slovenia e Croazia

E’ difficile iniziare a scrivere i propri ricordi di viaggio dopo una grossa delusione, causata dal fatto che siamo da poco tornati dopo essere rimasti 4 ore all’interno di un afoso capanno di avvistamento per orsi, senza averne visti.

Ma andiamo con ordine, ripercorrendo il nostro viaggio itinerante tra Slovenia e Croazia.

Prima tappa doverosa a Caporetto per visitare l’interessantissimo museo che espone l’assurdità della Grande Guerra, in cui viene data luce al lato umano della battaglia con foto, diari, reperti che offrono il punto di vista di una generazione inerme rispetto alle vicende che la circondavano. Mattina successiva: saliamo prima al Memoriale dei Caduti Italiani durante la famosa disfatta del 1917, per poi finire la gita, dopo aver attraversato un ponte sospeso, alla cascata di Kozjak.

Questo ci permette di arrivare con più calma nella zona in cui ci fermeremo per quasi una settimana: il Parco del Notarjski (www.notranjski-park.si/), zona molto frequentata da orsi bruni.

Dopo aver passato i mesi invernali allo studio della Regione, mi sono reso conto che le informazioni su testi e web non erano molte, ciò confermato al nostro arrivo dal fatto che qui il turismo (forse per fortuna) è molto di nicchia; se ciò da un lato è un bene, dall’altro lascia molto all’inventiva e intuito di ognuno …

Ad esempio la sentieristica, qui quasi completamente assente; bisogna seguire strade forestali e basarsi su intuito di orientamento, visto che spesso si incontrano squadre di tagliaboschi che sbarranno le vie di accesso.

Lonjsko_CavalliPerò chi viene qui lo fa principalmente per l’osservazione della fauna, attività che anche noi prenotiamo dall’Italia. Siamo chiari … è noto che i capanni nella foresta hanno due finalità: la fotografia e la caccia, e i privati (guide e cacciatori allo stesso tempo) che accompagnano le persone lo fanno indifferentemente con la stessa nonchalance.

E’ noto anche che questi capanni sono posti al limitare di radure dove viene predisposto del mangime per attirare gli animali, per cui anche questo fa pensare alla gestione della fauna.

Nonostante tutto, consapevolmente, decidiamo di parteciparvi, così in un caldo pomeriggio di agosto siamo puntuali al briefing, in cui ci vengono spiegate le poche regole da seguire : non abbandonare il capanno per nessun motivo fino a che la guida non passa a riprenderci; non parlare, non mangiare, non espletare alcun servizio, bere sì ma solo acqua (poca, onde evitare necessità), niente bevande zuccherate perché emettono sapori che l’orso potrebbe sentire, no antizanzare. Preoccupati solo dal fatto che la guida che ci accompagna ha la pistola sguainata, saliamo sulla ripida scala che ci porta al capanno.

Una volta dentro ci sistemiamo, estraendo fotocamere, binocoli,  libri per riconoscere gli animali; silenziamo gli smartphone (usati come passatempo) e poi aspettiamo con lo sguardo puntato al di là degli oblò.

Fa caldo, ma ci adattiamo. Passa poco tempo e fa capolino un adulto di capriolo che rimane guardingo a brucare e poi tranquillamente se ne va, noncurante della nostra presenza (ottimo pensiamo, se non ci sente lui è buon segno).

Poi silenzio e silenzio, interrotto solo dagli andirivieni di molti uccelli : ghiandaie, piccioni selvatici, tanti i passeriformi che non riusciamo a riconoscere. Fa capolino prima un picchio dorso bianco e poi sullo stesso ramo anche un picchio rosso minore; la sua compagnia ci allieta anche perché comincia a picchiettare sul tronco (anche lui non ci nota, ottimo).

Slovenia_CaprioloDopo un po’ l’attesa diventa noia, interrotta dall’apparire di un capriolo (forse quello che prima studiava il territorio?), ora accompagnato da un cucciolo. Bellissima scena, però penso che se nei dintorni ci fosse un orso scapperebbero, invece sono lì a pochi metri da noi intenti a brucare.

Sembra di essere a teatro, visto che alla loro uscita di scena segue l’ingresso di una cerva, anche lei non mostra preoccupazioni.

E l’orso ? Comincia ad imbrunire, ma nulla … tra poco con il buio qui non si vedrà più un accidente.

In effetti verso le 20 (sono passate 3 ore dal nostro arrivo) comincia a rinfrescarsi l’ambiente, però se la sera cala, la luce diventa fioca. Lo spettacolo della Natura ora è meraviglioso, i rumori della foresta ricordano ancestrali memorie umane … ma l’orso ?

Ormai è buio, le foto sarebbero impossibili, ma proprio adesso sotto di noi si scuotono le foglie e dalla boscaglia letteralmente salta fuori un… non è una volpe, è più piccola, forse una donnola, forse un gatto selvatico, non lo sapremo mai. Solo che all’improvviso qualcuno lì sotto emette un verso acuto (come il “soffio” dei gatti), chi era ? C’è stato un incontro/scontro lì in mezzo?

E’ il dubbio che ci rimane fino all’arrivo di lì a poco della guida che ci fa segno di scendere… sono finite le 4 ore di avvistamento.

La delusione è palpabile; se l’orso non l’abbiamo visto così, è chiaro che non lo vedremo mai. Per fortuna, dopo una notte di pensieri, mi alzo la mattina con buoni propositi per altre gite ed escursioni (sì perché qui i locali non usano fare trekking e sanno dare poche informazioni utili in tal senso e anche negli Enti Parco recitano il solito ritornello delle attività iperturistiche).

Decidiamo così di fare brevi gite la mattina (poi fa veramente caldo) nella foresta utilizzando in parte le strade forestali utilizzate dai boscaioli (notiamo molti mezzi pesanti con un fitto via vai di legna) e poi i pochi sentieri, non sempre ben segnalati, che si inoltrano nei boschi di faggi e pini.

Sono passati diversi giorni quando riprendo ad annotare il diario; siamo in camera a Zagabria, dove riponiamo gli scarponi un paio di giorni per visitare la bella capitale.

Ne approfittiamo per mettere a fuoco gli ultimi giorni di Slovenia. Bellissima ed entusiasmante la visita a Krizna Jama, vuoi perché meno famosa e quindi non affollata rispetto alla vicina Postumia, ma soprattutto perché la grotta non è illuminata, quindi si ha la possibilità di viverla nel suo aspetto più “oscuro”.

A parte questo, dolenti note: decidiamo di rinunciare alla cima dello Zneznik (trekking studiato da casa), perché la strada per arrivare a Masun (parcheggio e punto di partenza) da un lato è al limite della praticabilità per un auto normale e dall’altro sono presenti aziende di legname che, lavorando, bloccano gli accessi con grossi tronchi. Si potrebbe aprire un capitolo infinito sull’opportunità di intervenire con tagli, sicuramente selettivi, ma molto all’interno e da più punti di accesso alla foresta.

Ma soprattutto perché al ritorno dal Racma Gora, una cima in foresta senza panorami all’interno di un bosco di bellissimi faggi, deturpato dalle solite strade forestali attraversate da camion carichi di legna lanciati a folle velocità, troviamo davanti alla nostra auto una spiacevole sorpresa. Siamo attesi da una nota guida/cacciatore locale che ci “consiglia vivamente” di non farci più vedere in zona.

Discutendo scopriamo, nonostante le mappe in nostro possesso, che questa zona non è all’interno del Notarjski Park, ma confinante con terreni privati e solo i sentieri marcati e le strade forestali sono percorribili. Nonostante questa concessione, la nostra presenza disturba il quieto vivere.

Conosco benissimo le regole del gioco, ad esempio nel Parco Nazionale d’Abruzzo sia sul sito internet che  con chiari cartelli sui sentieri vengono comunicati divieti di accesso, così da evitare il disturbo della fauna in alcune zone/periodi. Ma qui cartelli e avvisi non ce ne sono, per cui gli “inviti” a non entrare sembrano più rivolti alla preservazione del proprio business.

Di quei giorni ricordiamo con più simpatia l’incontro con un anziano signore incontrato in cima allo Slivinka con cui scambiamo impressioni sulla regione, le piacevoli cene sulla terrazza di un ristorante veramente poco turistico di Rekje e infine l’inaspettato avvistamento di diverse cicogne.

Fine del flashback: nelle due giornate a Zagabria ricordiamo la piacevole città alta, e, anche, perché no, il Museo delle Illusioni, interessante modo per spezzare le  camminate cittadine.

Riprendiamo il viaggio verso un altro Parco, il Lonjsko Polje (http://pp-lonjsko-polje.hr/new/english/index.html) e più precisamente Cigoc, un piccolo agglomerato di caratteristiche case di legno, “noto” soprattutto per i suoi ospiti nidificanti.

Slovenia_CicognaCigoc è famoso come centro europeo per le cicogne, essendo pare il centro di nidificazione più numeroso nel continente; difatti tutte le case sul tetto  hanno un nido, il quale viene ri-sistemato dopo ogni inverno in attesa del ritorno degli “ospiti” (ottimo modo per riconvertire un’economia povera dedita solo all’agricoltura che si vuole aprire così ad un certo turismo). Di solito si fermano per tutto il mese, ma quest’anno già a metà agosto sono partite, per cui i tetti sono desolatamente vuoti.

Lonjsko_AironeBianco2Per noi comunque il primo impatto è bellissimo: intorno solo fiume, canali. Una sola strada asfaltata, poi campi e boschi. Ci sistemiamo e poi subito doveroso passaggio al Centro del Parco, dove l’addetto ci spiega in maniera sorprendentemente appassionata le cose che possiamo fare, indicandocele su una mappa irreperibile dall’Italia che ovviamente acquistiamo … tante informazioni, pare impossibile effettuare tutte queste escursioni visto che abbiamo a disposizione ancora meno di tre giornate.

Decidiamo per ora di comprare il ticket di ingresso di 24h, cosa che ci permette prima di visitare il museo etnografico e poi verso sera di accedere al sentiero verso gli stagni dietro il nostro Camp. Al ritorno siamo un po’ delusi: solo un’averla, qualche airone e strani rumori dal sottobosco (scopriremo poi essere maiali selvatici).

Però l’addetto del Parco ci aveva segnalato che fino alla settimana precedente erano state avvistate diverse spatole (simbolo del Parco) a Krapje Dolie, per questo insieme al ticket di ingresso ci ha dotato una chiave per aprire la piantana di avvistamento di Drenov Bok. Perciò la mattina seguente prima dell’alba percorriamo i 30km che ci separano da quella località.

Parcheggiamo, indossiamo gli scarponi e poi ci incamminiamo velocemente lungo il tratto di campo che ci divide dalla piantana. L’ingresso è sempre emozionante, con il rito dell’apertura silenziosa delle botole.

Davanti a noi diversi stagni e dei canneti. Sebbene di Spatole non ce ne siano (probabilmente anche loro partite), passiamo due ore a cercare di fotografare e scoprire il mondo davanti a noi.

Lonjsko_NibbioBrunoInnanzitutto i rapaci … subito un falco pellegrino più veloce a volare via del mio dito sulla fotocamera; ma qui i rapaci scopriremo essere in buon numero (il nostro ormai amico, l’addetto del Centro Parco, ci ha parlato di aquile anatraie, aquile di mare, nibbi e appunto falchi pellegrini).

Ma torniamo ai nostri avvistamenti : aironi bianchi, cinerini, rossi, cigni, svassi, germani e cormorani.

Un po’ stanchi dalla levataccia ci muoviamo verso l’altra piantana, costeggiando i recinti che custodiscono alcuni esemplari di cavalli di Posavina e di maiali neri di Turopolje, qui visibili a tutti, ma fonte di esperimento di reintroduzione in natura.

Bello spettacolo però la mancanza di spatole e cicogne ammetto ci ha un po’ deluso … così, un po’ demoralizzati, dopo un po’ di riposo nelle ore più calde, lo stesso pomeriggio noleggiamo le biciclette con l’idea più o meno di raggiungere un altro hotspot distante una decina di chilometri.

Sulla strada, visto il nostro passo più lento di un automobile, approfittiamo per fotografare le case e i particolari nascosti dei paesini che ci ospitano. L’attenzione però cade presto verso una coppia di cervi al limitare della boscaglia e da un rapace (un’aquila ma non riconosciamo quale) che ci plana davanti per poi ripartire con un’eleganza unica, antipasto questo di ciò che vedremo di lì a poco.

Svoltiamo per uno sterrato che taglia verso i campi, bosco e poi … Rakita, una riserva ornitologica che si sviluppa su una piana alluvionale ritrovo di… beh in lontananza scorgiamo liberi quei cavalli che oggi avevamo visto in recinto.

Lonjsko_CicognaNeraLasciamo le bici e ci avviciniamo a qualcosa di nero che attrae la nostra attenzione … quatti quatti ci avviciniamo tra gli alberi, fino allo scatto tanto desiderato … è una cicogna nera, molto rara in Italia e almeno per noi mai incontrata prima. Beh, molto meglio di quanto potevamo immaginare esclamiamo, mentre lei, seccata, si sposta qualche decina di metri più in là nella radura.

Lonjsko_MaialeSelvaticoUn branco di maiali selvatici (anche questi parenti di quelli visti stamane in recinto) ci attraversa il sentiero, forse un po’ troppo vicino per i miei gusti, e poi tutto attorno … l’eden. Tantissimi aironi, bianchi, cenerini, rossi, garzette e poi altre (poche) cicogne nere. Sopra di noi un rapace, questo lo riconosciamo e lo immortaliamo, è un nibbio bruno (Milvus migrans).

Decidiamo di tornare alla base pedalando per lo sterrato, o meglio un terrapieno sopraelevato rispetto alla piana, godendoci così lo spettacolo della Natura in completa solitudine, visto che tranne un paio di allevatori locali attorno a noi non c’è nessuno. Certo, ci diciamo, qui tra maggio e giugno – in periodo di migrazione – deve essere un tripudio di animali, un luogo da cerchiare sulle carte geografiche con un pallino rosso.

Arriviamo al nostro Camp all’imbrunire, siamo stravolti e sudati dalla pedalata appesantita da fotocamera e binocoli al collo, ma finalmente soddisfatti.

Ci mettiamo a tavola così come siamo tornati dall’escursione. E’ ferragosto e come al nostro solito lo passiamo nei luoghi più lontani ed isolati dall’immaginario collettivo fatto di festose grigliate in spiaggia; ne parliamo sorridendo in attesa dell’ottima cena innaffiata da immancabili fiumi di birra e premiante acquavite locale come meritato dessert.

Lonjsko_MartinoAncora un giorno a Lonjsko Polje. Di prima mattina siamo di nuovo al Centro Parco per ritirare le pagaie e il lucchetto che libererà la canoa che abbiamo noleggiato per girovagare in un’ansa del grosso fiume. Arriviamo così al piccolo molo, alla cui estremità vengo attratto da un piccolo “oggetto” blu che apparentemente stona con i colori circostanti; con la camera sempre pronta, punto l’obiettivo e click … un bellissimo martino (Alcedo atthis)!

Lonjsko_TarabusinoImpacciati saliamo sulla canoa e con molta fatica ci stacchiamo dall’attracco (la fatica è figlia della nostra inesperienza con queste imbarcazioni) verso prati di ninfee, giunchi e canneti. Cercando di mantenere l’equilibrio tra remi, binocoli e fotocamera, riusciamo anche a “divertirci” vogando tra avvistamenti ravvicinati di tarabusi, tarabusini, aironi rossi, una coppia di altezzosi cigni e un tuffetto che ci gironzola attorno (avrà capito che siamo innocui ed incapaci a seguirlo).Lonjsko_Rana

Siamo giunti al termine, è ora di richiudere borsoni e zaini e salutare questo sorprendente Parco, poco conosciuto (se non per i tetti di Cigoc), poco frequentato e poco vissuto nei suoi anfratti più nascosti. Sicuramente un angolo di Natura che merita di essere visitato con rispetto e soprattutto preservato.

Per noi ancora qualche giorno di viaggio che passeremo (anche) a riposarci al mare. Scegliamo l’isola di Lussino dove faremo base nel paese di Nerezine, località lontana per concezione dalla mondanità delle famose cittadine vicine. Oltre a dedicarci allo snorkeling abbiamo in programma un paio di escursioni.

La prima dedicata all’Apoxiomenos, una statua di quasi 2 metri in bronzo dell’epoca greca che raffigura uno sportivo nell’intento di pulire i propri muscoli dal sudore e sabbia come avveniva duemila anni fa. E’ stata per caso ritrovata in mare negli anni novanta, e dopo un accurato restauro, ora staziona in uno splendido museo di Mali Losinj.

Ma a dire il vero dall’Italia avevamo scelto quest’isola anche perché a Veli Losinj ha sede il Blue World Institute ( www.blue-world.org ) un’associazione che si occupa della preservazione di una grossa colonia di delfini della zona. L’Ente ha storia ventennale ed ormai è diventata punto di riferimento e di ricerca per tutto l’Adriatico.

Nel consueto briefing pre-escursione ci vengono dati i dettagli.

Lussino_Delfino1Se li avvisteremo, i motori verranno spenti e comunque non potremo stazionare per più di mezzora (per non disturbarli); ci raccontano soprattutto dei problemi che incontrano i cetacei dalla presenza umana e grazie ad un interessante video ci mostrano il disturbo che i rumori di motori di barche producono nei loro “radar” (e figuriamoci l’airgun penso io).

Tra le cose che più attirano di più la mia attenzione vi è un particolare sulle reti a strascico. Tutti conoscono i danni che queste producono sui fondali marini, ma scopro anche quelli causati alle tartarughe marine che qui nell’Alto Adriatico vengono a svernare, stazionando in uno stato di semi ibernazione sul fondo.

Non sapevo però che gli intelligenti cetacei hanno imparato a seguire queste imbarcazioni, in quanto trovano del facile pasto grazie ai pesci, che, intrappolati, cercano di dimenarsi saltando sull’acqua e finendo inevitabilmente  in bocca ai delfini.

Lussino_Delfino2Ci dicono che la specie più facile da avvistare sono i tursiopi, dopodiché ci fanno salire sul gommone pronti a salpare. Saltiamo sulle onde velocissimi verso una zona della baia e dopo una mezzora di navigazione ecco le prime segnalazioni dello skipper. Stop ai motori e occhi fissi ai movimenti tra le onde. Stanno probabilmente cacciando e non si curano di noi; dalla barca sale un “ohhh” ad ogni loro emersione, con sicuramente la più estasiata rivolta ad una femmina con un piccolo che le nuota appiccicato.

Scatto un’infinità di fotografie, ma solo dopo mi rendo conto della difficoltà nell’immortalarli …. Il rollio della barca, gli schizzi d’acqua salata negli occhi, i riflessi del sole e soprattutto la velocità degli animali non rendono giustizia alle immagini.

A posteriori possiamo affermare che se è vero che ci sono moltissime imbarcazioni private che offrono lo stesso servizio, questo effettuato con la Blue World ha lo scopo principalmente di sovvenzionare le loro attività e in secondo luogo di avvicinare gli animali con rispetto.

Ora è giunta veramente la fine del nostro viaggio itinerante tra Slovenia e Croazia, nato e ideato senza apparente filo conduttore, tra parchi, storia e città. Torniamo arricchiti da esperienze geograficamente vicine, ma per qualche verso tanto distanti dal nostro immaginario.

 

Testo e foto di Marco Ciccone

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