Interviste – Il WPY, i viaggi e gli eccezionali workshop fotografici dell’associazione Radiceunopercento

Slide-homepage-WPY-980-larghezzaAbbiamo incontrato Roberto Di Leo, presidente dell’associazione Radiceunopercento, a cui va il merito di portare in Italia da diversi anni la mostra del Wildlife Photographer of the Year.

Quanto è stato difficile portare a Milano una mostra così importante come il WPY?

In passato mi occupavo di mostre di scultura principalmente, poi un giorno mentre ero a Londra capitai quasi per caso al Natural History Museum, a questa mostra; dopo 5 minuti che ero dentro con la bocca aperta capii che dovevo assolutamente portarla in Italia. Ora sono 6 anni che riusciamo ad organizzarla a Milano. Noi siamo una onlus e come ben sapete operare nella cultura in Italia non è mai facile; ovviamente essendo la mostra di fotografia naturalistica più importante del mondo ha i suoi costi e muoversi nel nostro territorio tra mancanza di fondi, di sponsor e con location che sparano cifre di affitto fuori da ogni logica è molto faticoso. D’altra parte poi stiamo parlando dell’oscar della fotografia in natura quindi il pubblico (soprattutto quelli che già la conoscono) non manca. Le foto sono così emozionanti che proprio chiunque, grandi e piccini, esperti e non, ne rimangono colpiti. L’ufficio stampa poi quasi viaggia da solo perché ovviamente i media non possono non parlarne. Insomma è molto difficile riuscire a organizzarla ma poi le soddisfazioni sono molte.

-nayankhanolkar_wildlifephotographeroftheyear_urbanwinner.900x600Come è andata la scorsa edizione? A quando la prossima?

Molto bene; abbiamo trovato nella Fondazione Matalon un supporto eccellente e una location ideale. In tre mesi sono passate più di 10’000 persone!

La prossima sarà dal 6 ottobre al 10 dicembre (tra pochissimo!) e siamo in piena fase di allestimento. Si tratta delle foto proclamate vincitrici alla fine del 2016 che dopo un bel giro del mondo arrivano in Italia.

La vostra attività di associazione poi continua durante l’anno…

Sì, certo, il WPY è un po’ il fiore all’occhiello ma poi abbiamo fondato un’accademia di fotografia che organizza corsi e workshop che vanno dalla fotografia di reportage a quella ovviamente naturalistica, con specializzazioni come la fotografia macro o quella subacquea o meglio “sott’acqua”, visto che come insegna Marco Colombo (che voi conoscete visto che lo avete intervistato) la si può anche praticare in un fiume a 20 centimetri di profondità! Abbiamo poi la fortuna di collaborare con alcuni dei migliori fotografi italiani come il grande Marco Urso, Ugo Mellone, Federico Veronesi, Simone Sbaraglia, il già citato Colombo… e questo ci aiuta. La qualità certamente paga.

Abbiamo investito in apparecchiature per il 3d. L’anno scorso alla mostra l’abbiamo sperimentato sul pubblico ed è stato un successo quindi lo ripeteremo con ulteriori nuovi contenuti. Questa tecnologia è ormai un terreno su cui lavorare oggi. E’ divertente ma anche educativa e piace sia ai più piccoli che agli adulti. Oltre che alla mostra anche nella nostra sede abbiamo installato queste apparecchiature per ulteriori esperienze immersive.

Poi nell’ambito naturalistico non ci occupiamo solo di fotografia ma organizziamo anche incontri con biologi e naturalisti per affrontare tematiche dal punto di vista più scientifico: per farti qualche esempio negli anni passati… dall’incontro sui lupi a quello sulla tropicalizzazione del Mediterraneo dopo l’apertura del Canale di Suez. Tutte cose molto interessanti anche per un pubblico di non addetti ai lavori.

Come scegliete gli argomenti?

In base a quello che i docenti con cui lavoriamo ci propongono di volta in volta. Poi ovviamente dobbiamo fare delle scelte anche commerciali; organizzare eventi a cui potenzialmente non viene nessuno non è sostenibile senza fondi. E’ spiacevole da dire visto che le specie sono tutte meritevoli di attenzione ma il fascino dell’animale conta molto, sappiamo che se organizziamo un incontro sulle balene la cosa sta in piedi mentre, che so, sullo stambecco faremmo una fatica enorme.

Organizzate anche viaggi vedo dal vostro sito…

Si, nel 2017 abbiamo organizzato numerosi viaggi fotografici accompagnati da grandi professionisti del settore; per tutte le tasche e per tutti i gusti; dal viaggio incredibile di venti giorni in Antartide, tra paesaggi incantati, a quello a Manitoba in Canada(che partirà a breve) per vedere gli orsi bianchi, in Zambia e nel Masai Mara sulle tracce di elefanti e leoni, fino ad arrivare nel nostro paese, che ha una biodiversità incredibile nei parchi nazionali d’Abruzzo e del Gran Paradiso, in periodi diversi perché a seconda della stagione è possibile incontrare differenti animali… stiamo ora lavorando alle proposte per il 2018.Marco-Urso-391

Sono dedicati solo ai fotografi questi viaggi?

Assolutamente no; ovvio che sono un’occasione ghiotta per i fotografi naturalistici ma per farti un esempio due anni fa abbiamo organizzato una vacanza in caicco in Sardegna con un biologo marino e solo due su otto dei partecipanti erano fotografi; gli altri erano solo curiosi di conoscere e osservare gli animali nel loro ambiente e sono rimasti entusiasti dell’esperienza. Il viaggio in questi posti meravigliosi è sempre indimenticabile.

Qualche mese fa su Animal Trip abbiamo parlato del lupo. Prima mentre ci bevevamo un caffè mi stavi accennando qualcosa a riguardo… 

Nei nostri viaggi nel Parco Nazionale d’Abruzzo abbiamo incontrato molte volte il lupo. Un anno ricordo che accompagnati da Marco Colombo (che oltre che grandissimo fotografo è un esperto incredibile di comportamento animale) si verificarono una serie di eventi particolari che fecero tornare i nostri ospiti con delle foto pazzesche. La posizione sottovento, la fortuna chissà… probabilmente il branco che sbucò a pochi metri  non aveva avuto molti contatti con il click delle macchine fotografiche e non lo collegava all’uomo, così addirittura si girava a guardare cosa fosse quel rumore senza fuggire dopo pochi istanti come di solito accade. Il lupo teme l’uomo più di ogni altra cosa perché più di ogni altro animale è stato perseguitato, nonostante siano 300 anni che in Italia non si verificano attacchi accertati nei confronti dell’uomo; ancora adesso l’informazione distorta e falsa lo dipinge come un rischio. Sono miti e leggende e nulla più. Gli animali sono molto intelligenti e hanno una memoria lunga, ci vuole sempre attenzione certo, ma loro sanno benissimo che siamo noi al vertice della catena alimentare e siamo un pericolo…

Ti racconto un altro aneddoto che viene dall’Africa. I Masai si vestono con i loro abiti tipici di color rosso acceso, che non esiste in nessun’altra creatura lì. Sono cacciatori temibilissimi e il leone questo lo sa. Il leone sa che quando vede quel colore deve stare alla larga perché è troppo rischioso; ho visto coi miei occhi bambini Masai far pascolare le mucche in piena savana senza il benché minimo timore di essere attaccati dai leoni.

Foto di copertina Marco Urso

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