Il lupo, questo splendido predatore che popola le nostre terre, affascina e allo stesso tempo inquieta da sempre l’immaginario umano. Noi di Animal trip ne amiamo soprattutto la fierezza, la forza di non sottomettersi a chi lo vorrebbe vedere definitivamente estinto o ridotto ad essere inoffensivo, per usare un termine oggi abusato, ne amiamo la resilienza. Nonostante tutto, nonostante le cacce spietate, le stragi, i bocconi avvelenati, gli habitat antropizzati, il lupo resiste e il suo ululato nelle notti del 2017 evoca ancora paure ancestrali, il suo sguardo, per chi ha la fortuna di poterlo osservare sufficientemente da vicino, palesa la sua spietata libertà.
Non sappiamo se per te è valga lo stesso. Infatti nel tuo bel volume racconti della difficile convivenza ta uomo e lupo. E’ così? Assolutamente, anche per me è così. C’è una pagina del mio libro in cui scrivo qualcosa di molto simile, che sicuramente rende l’idea: “Colui che ogni volta appare all’improvviso dipingendo opere d’arte tra le molte pagine bianche della nostra vita. Colui che, nonostante le persecuzioni che gli abbiamo inflitto e continuiamo ad infliggergli, continua a resistere e ad esserci. Per questo non smetterò mai di ringraziarlo… Maestro di vita, custode errante delle nostre terre, della libertà e dei nostri naturali istinti, che sfumano e si smarriscono nella nostra obliante e asettica società”.
Ho letto che il progetto è durato tre lunghi anni?
Sì, il progetto è durato 3 anni, nei quali ho lavorato durante il periodo della monticazione (dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno). In questo periodo ho vissuto quasi un mese con tre pastori ed il tempo restante l’ho trascorso per fotografare la fauna, la flora e gli ambienti che descrivono appieno lo spirito e l’area in cui è ambientato il libro.
Quale idea forte ti ha sorretto? Hai trovato conferma di questa idea durante i mesi di lavoro?
L’idea forte che ha sorretto questo mio progetto è legata al fatto di voler dimostrare non solo con parole, ma anche con immagine reali, che la coesistenza tra il lupo e l’uomo può essere possibile. Tutto nasce ai tempi dell’università quando già al tempo uno dei miei argomenti preferiti era proprio la coesistenza tra l’uomo e il contesto naturale in cui egli opera e di come tale connubio possa essere possibile senza che gli equilibri eco-sistemici vengano alterati. È proprio da questo punto di partenza che ho iniziato a pensare e a sviluppare un inedito progetto fotografico sul difficile rapporto tra il lupo e la pastorizia, cercando di far luce sulle possibili strategie per una coesistenza duratura. Questo periodo vissuto tra pastori, animali selvatici e immerso nello straordinario contesto ambientale in cui vivono mi ha dato la conferma che la coesistenza tra lupo, bestiame e pastori è possibile, basta volerla. Il lupo, predatore, è un fattore di regolazione fondamentale nelle reti trofiche ed il suo ritorno stabile in gran parte della nostra penisola e delle Alpi è un bene per gli ecosistemi. Allo stesso tempo anche il bestiame ha il suo ruolo nel mantenere le praterie in ambiente collinare, montano e alpino e la loro elevatissima biodiversità di piante e animali, frutto di una coesistenza durata millenni.
Quali sono state le maggiori frustrazioni e le maggiori soddisfazioni?
In assoluto, la maggiore frustrazione è stata quella di scontrarmi con alcune realtà locali in cui il lupo è considerato solo come un problema ed una minaccia da annientare definitivamente. Da un punto di vista fotografico, invece, le maggiori frustrazioni sono state legate al fatto che in quel periodo, all’interno dell’area del progetto, i lupi non erano stanziali ma solo di passaggio. Questo ha comportato una maggiore quantità di tempo per gli appostamenti e per le ricerche che quasi sempre mi costringevano a dormire (anche per diversi giorni) in posti molto scomodi (nel bosco, vicino ad una grande pietra riparata dal vento o in vecchie capanne o rifugi abbandonati) e spesso tornavo a casa senza aver fatto neanche una foto. Al contrario, la più grande soddisfazione è stata sicuramente quella di essere riuscito a dimostrare ciò che era alla base dell’obiettivo di questo mio progetto e a realizzare un sogno senza perdere la speranza, anche nei momenti più frustranti e difficili.
Il tuo libro viene pubblicato da Pandion proprio nel 2017, proprio nei mesi in cui si torna a parlare di abbattimenti selezionati e di contenimento del numero di questi meravigliosi canidi. Hai percepito anhe tu queste tensioni?
Si le ho percepite… ed è proprio per questo che spero che “Custodi erranti. Uomini e lupi a confronto” possa dare un importante contributo a riguardo.
Ne deduciamo quindi che un equilibrio tra realtà agropastorali e lupi si può trovare, non è una chimera.
Un equilibrio si può senz’altro trovare, specialmente in quei luoghi dove vengono attuate le giuste misure di prevenzione (cani da guardia, recenzioni robuste e presenza del pastore). Ma non è semplice né scontato, specialmente nel Nord italia, dove queste metodologie sono state abbandonate dagli anni 70, quando il lupo era ormai stato annientato in gran parte dell’Italia. Ora che il lupo è tornato la tensione si fa di nuovo alta. Proprio per questo serve un grande appoggio da parte delle istituzioni e da parte di tutti noi nell’educare, sensibilizzare e fornire i giusti mezzi per affrontare al meglio la situazione.
Tu sei soprattutto un fotografo e il libro ha tra i suoi punti di forza uno straordinario apparato iconografico. Dove hai scattato? Quali difficoltà hai dovuto superare per ottenere questi scatti? Quale attrezzatura hai usato? C’è stato qualche scatto particolarmente difficile o per ottenere il quale hai dovuto faticare particolarmente?
Il progetto è ambientato totalmente nella Riserva delle Montagne della Duchessa, nel cuore dell’Appennino centrale. E’ un’area bellissima e ricca di biodiversità ma allo stesso tempo molto impervia e impegnativa (soprattutto per fotografare i lupi). Infatti è una zona molto boscosa che presenta valli con alte pareti rocciose e con un escursioni altimetriche che vanno dagli 800 ai 2200m di altitudine. Le difficoltà ci sono state ed è normale, ma quando si crede veramente in qualcosa, queste vengono superate e ci fortificano notevolmente, lasciando un segno indelebile dentro di noi.
Per ottenere questi scatti è stata necessaria una accurata ricerca, occhi vigili per scorgere le poche tracce che riuscivo a trovare (non solo dei lupi, ma anche degli altri animali fotografati), nonché grande pazienza durante gli appostamenti, i quali spesso duravano più di due giorni e che prevedevano alzatacce ad orari impossibili e nottate trascorse a “dormire” in luoghi molto scomodi. Alcune persone mi dicevano “Ma perché non vai a fotografare i lupi al Parco nazionale d’Abruzzo? E’ più facile”. Avevano sicuramente ragione, ma i tre pastori da me ripresi erano nella Riserva della Duchessa ed è lì che doveva essere ambientata questa storia, anche a costo di metterci il triplo della fatica.
Nel corso di questi anni ho utilizzato un’attrezzatura abbastanza varia. I primi tempi avevo una Nikon d300s con un 12-24mm f4, un 24-85mm F2.8-4, un tamron 180mm macro ed un un vecchio nikon 80-400mm. Più avanti ho utilizzato un sistema mirrorless Olympus con una omd em1, obiettivi 7-14mm 2.8, 12-40mm 2.8, 40-150mm 2.8 + tc 14 e una nikon d800 con un 200-400mm f4. Ad ora possiedo solo Nikon per non avere due sistemi contemporaneamente.
Lo scatto più difficile è quello riprodotto a pagina 165 del libro. Una foto di un lupo solitario e anziano che esce tra le rocce. Per fotografarlo ci sono voluti cinque lunghi giorni. Proprio quando stavo per gettare la spugna lui è apparso davanti al luogo in cui ero appostato con il telo mimetico… quel lupo mi ha fatto dono di un insegnamento di vita che porterò per sempre nel mio cuore e nel corso della mia esistenza.
Prof. Gip. Barbatus
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