Ormai non si può più parlare di una presenza rara, sporadica, localizzata nel Nord Est del Paese come nei decenni scorsi (ad esempio in quel paradiso di biodiversità che è il Friuli Venezia Giulia, così intimamente legato a Slovenia e Croazia): il Canis aureus, lo sciacallo dorato, è davvero tra noi e in fortissima espansione come areale. Gli ultimi avvistamenti lo segnalano già in Toscana e Lazio.
Questo canide, di dimensioni intermedie tra un lupo e una volpe, dal peso intorno ai dieci chili, è solo un parente alla lontana di sciacalli africani come lo striato Lupulella adustus e la sua presenza in Italia è una novità, non un semplice ritorno. La specie in Italia non è mai stata segnalata in tempi storici, anche se sono stati trovati in Puglia fossili che potrebbero essere di sciacallo.
Il suo areale di origine sono steppe e savane a oriente dell’Europa: nel nostro continente era presente solo in Bulgaria, Romania e Grecia. Oggi, oltre che nei Balcani e in Italia, è diffuso anche in Ungheria, Germania, Polonia e Olanda.
Sicuramente a favorirne l’espansione anche in Italia è stata la scomparsa del suo principale antagonista, il lupo, perché, anche se per lo più lo sciacallo si nutre di carogne, piccoli mammiferi e frutta, caccia i cuccioli di ungulati come il capriolo, entrando in competizione con i lupi. Anche la riduzione della copertura nevosa e l’abbandono della pastorizia tradizionale, con cani e attenzione alla difesa delle greggi, è stata di aiuto.
Gli sciacalli, incredibilmente versatili e adattabili, si diffondono con particolare rapidità: sono organizzati in branchi dominati da una coppia, che è l’unica a riprodursi, per cui maschi e femmine adulti non dominanti sono spinti ad andarsene per crearsi un branco proprio, anche a centinaia di chilometri di distanza.
La crescita della popolazione di sciacalli dorati in Italia, oltre a non incontrare le simpatie dei cacciatori del Nord Est del Paese che avvertono questi canidi come minaccia per i caprioli, preda molto ambita (in realtà forse è la competizione con i cervi a ridurre il numero dei caprioli), dovrà essere valutata alla luce del nuovo equilibrio che si andrà a comporre con il ritorno del lupo (i lupi iniziano ad essere presenti in numero consistente nelle nostre foreste e già si vede l’effetto sugli sciacalli che cominciano a spostarsi in aree che i loro “cugini” più grandi frequentano meno, come le valli fluviali o le zone antropizzate) e la crescita numericamente molto rilevante in alcune regioni di cinghiali e cervi.
Sarà lo sciacallo dorato la chiave di volta di un nuovo – e speriamo migliore – equilibrio?