
Quale strada è meglio percorrere per affrontare, limitare e possibilmente sconfiggere uno dei saccheggi ambientali che, pur avendo dimensioni spaventose ed effetti devastanti, è forse tra i meno conosciuti dalle persone comuni? Molti anni fa il CABS (Committee against bird slaughter), una organizzazione di dimensioni europee votata da sempre al contrasto dell’uccellagione, ha deciso di adottare un metodo scientifico per affrontare il problema gestendolo su due livelli: – sul campo, con il rilevamento sistematico dei siti di trappolaggio e la definizione delle dimensioni del problema nei tanti teatri in cui si manifesta, e con l’avvio di una possibilmente stretta ed efficace collaborazione con le forze di polizia, specializzate o meno nei reati ambientali, alle quali affidare così una più facile cattura dei trappolatori; – sul piano politico, con l’avvio di un’intensa attività di “promozione” del problema attraverso la continua presentazione di dossier sull’illegalità venatoria continentale alla Commissione europea e ai governi nazionali, oltre che ai media. Quella appena descritta si è rivelata una strada in molti casi efficace e, come vedremo, pur dovendo affrontare a volte frenate improvvise e nei casi peggiori retromarce, il percorso ha portato a successi clamorosi; all’azzeramento in tanti casi o comunque a una contrazione fortissima del fenomeno. Dove questo processo non funziona, la causa va individuata nella straordinaria influenza che la potentissima lobby del bracconaggio e della caccia ha sul potere politico, nella sua capacità di rallentare o addirittura fermare processi, come per esempio avviene a Cipro, dove l’introduzione di leggi severissime ha come inaspettato contraltare che non vengono quasi mai attuate a causa degli ordini di scuderia impartiti alle forze di polizia, che li devono applicare. Insomma in taluni casi questo è il copione che si ripete e convince anche l’Europa, che così non fa più pressioni e non minaccia procedure d’infrazione.

Il CABS, comunque, non molla. La posta in gioco è troppo alta. Ogni anno nel solo bacino del Mediterraneo milioni di uccelli protetti, o in alcuni casi cacciabili pur essendo in fortissimo declino numerico, finiscono in chilometri di reti illegali e in decine di migliaia di trappole, alimentando un colossale mercato che ha soprattutto una destinazione alimentare, senza trascurare in misura minore una destinazione – diciamo così – “amatoriale”. Capinere, pettirossi, usignoli, fringillidi e turdidi diventano ingredienti di costosi piatti tradizionali o si trasformano in richiami vivi per la caccia alla selvaggina migratoria dalla Francia al Libano, passando dall’Italia e dalla Spagna, mentre dalla Germania al Medio Oriente, sempre con l’Italia (e con Malta) nel mezzo, si assiste a una mattanza stagionale di rapaci, gru, cicogne e chi più ne ha più ne metta.

I cieli si stanno svuotando a una velocità impressionante e, mobilitando la generosità di tanti volontari in tutto il continente, il CABS cerca da anni di fermare la strage andando a combatterla direttamente sul campo. Succede ogni anno e per larga parte dell’anno, con l’unica pausa rappresentata dai mesi estivi più caldi (quelli in cui anche la pressione venatoria si azzera o quasi), per mezzo di lunghi e a volte lunghissimi campi antibracconaggio organizzati dal CABS per contrastare il bracconaggio in tutte le sue forme.

Campi che si sviluppano o si sono sviluppati in Francia meridionale, nelle Landes, dove in pochi anni è stato centrato l’obiettivo di cancellare la cattura illegale dei sempre più rari ortolani, in Spagna, nella regione di Valencia, ancora interessata da un bracconaggio, che la nostra attività coordinata con la polizia ha comunque molto ridimensionato, di turdidi e fringillidi con l’uso del vischio e delle reti, e a Malta e a Cipro, le isole della morte del Mediterraneo. La seconda, in particolare, è ancora teatro di una uccellagione massiccia sostenuta da un governo che è difficile non definire connivente, capace solo di azzerare i servizi specifici della polizia. Nell’elenco dei Paesi c’è anche la Germania, la nazione in cui il CABS ha storicamente sede (a Bonn) e dal quale arriva la maggior parte delle vitali donazioni grazie alle quali è possibile sostenere le campagne, ma anche un Paese in cui è ancora fiorente la pratica dell’uccisione degli uccelli rapaci, considerati “concorrenti” dai cacciatori in quanto predatori di specie di interesse venatorio. Ovviamente c’è anche l’Italia: la pista di decollo e l’area di sosta di milioni e milioni di migratori alati che qui vengono massacrati in tanti modi diversi. I campi italiani del Cabs si svolgono in diverse regioni. Nel Bresciano, teatro di un trappolaggio un tempo gigantesco ai danni dei piccoli insettivori (ma anche di un tiro a volo indiscriminato attuato da cacciatori da capanno e vagantisti), fortunatamente in buona parte smantellato da una lunga ed efficace collaborazione tra volontari e polizie ambientali (la Forestale prima e i Carabinieri forestali oggi); nelle Isole Pontine e sullo Stretto di Messina, per la tutela dei rapaci, e in Calabria e Sicilia per tutta l’altra avifauna. In Sardegna, in Trentino Alto Adige (teatro del saccheggio dei pulcini di tordo e cesena da trasformare in richiami vivi per la caccia) e sul Delta del Po, dove milioni di anatre diventano il bottino di ricchi cacciatori nelle inviolabili “valli” tenute sotto chiave dai gestori. Bastino questi esempi per comprendere la dimensione del problema anche a casa nostra.

Negli ultimi tempi l’attività di contrasto della strage si è estesa anche all’area balcanica, sede del turismo venatorio di molti italiani attratti dalla possibilità di sparare senza limiti e a qualsiasi cosa, e nel buco nero rappresentato dal Libano, dove la guerra tra essere umani si è trasferita agli abitanti del cielo: dalle rondini alle cicogne, passando per qualsiasi cosa divertente da abbattere o interessante da mangiare.

In tutte queste realtà, decine di volontari danno vita a campagne della durata di settimane (o di mesi, come in Italia, a Cipro e a Malta); percorrono grandi distanze a piedi e in auto osservando, registrando, individuando e segnalando. Creano mappe elettroniche dell’illegalità che accelerano i tempi di ricerca e verifica e indirizzano gli organi di polizia a colpo sicuro. Non solo nella cattura dei trappolatori e dei cacciatori “allergici” alle leggi locali ed europee, ma anche dei grandi ricettatori, quei trafficanti di avifauna viva e morta che rappresentano un anello essenziale della filiera.

Per i volontari del CABS non c’è tempo per il birwatching: devono correre prima che quei colori meravigliosi e quelle geometrie imprevedibili citate in una splendida canzone di Franco Battiato spariscano per sempre.
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