Lupi e uomini, dalla notte dei tempi le loro vicende si intersecano e si saldano in maniera indissolubile.
Animale intelligentissimo dalla socialità incredibilmente sviluppata e complessa, il lupo forse condivide più di ogni specie animale una storia comune con l’essere umano.
Di origine paleoartica, ha seguito o ha preceduto le migrazioni degli uomini primitivi dall’Eurasia al Nord America attraverso lo stretto di Behring durante le glaciazioni accompagnando le popolazioni indo-arie nella loro dispersione in europa e nel sub continente indiano. Domesticato circa 30’000 anni fa e “ricreatosi” in quello che oggi è conosciuto come cane, ha contribuito, quanto l’uso del fuoco e la costruzione di utensili, al successo della nostra specie, il cui sostentamento era dipendente dalla caccia.
Il lupo, rivale dell’uomo nella stessa nicchia ecologica, competitore imbattibile per velocità, scaltrezza e organizzazione nella caccia delle medesime prede, divenne animale totemico per numerose culture antiche, da temere e rispettare, da imitare addirittura e da osservare per carpirne i segreti. Più che un pericolo era visto come semidio da ammirare e a cui chiedere benevolenza, addirittura utile nella pratica della caccia.
Le popolazioni nomadi dell’Asia centrale, così come alcune tribù nordamericane, dovevano ingraziarsi il re dei boschi dunque e acquisirne le abilità; schiere di sciamani coi loro rituali per secoli cercarono di imitarne le fattezze, attraverso anche l’uso di droghe (intrugli di amanita muscaria in particolar modo) che dilatavano le coscienze nel tentativo di assumere l’aspetto ma soprattutto l’essenza del dio lupo. Era dunque tra le bestie selvagge il più meritevole di rispetto e diveniva addirittura protettore della comunità radunata attorno a cacciatori, guerrieri e sciamani che “potevano” trasformarsi in lupi.
Le testimonianze di questo rispetto si ritrovano ovunque in miti, leggende e storie antiche. Celti e Sabini si dichiaravano entrambi Figli dei Lupi, Romolo e Remo li conosciamo tutti, i popoli nomadi antichi costruivano urne funerarie a forma di testa di lupo che era ritenuto uno psicopompo cioè una guida per i defunti nell’aldilà, nel mito greco Febo e Artemide, divinità legate a Sole e Luna, vennero partoriti da Latona trasformatasi in lupa, nella cultura mongola il lupo genera gli eroi, l’ultimo dei quali è Gengis Khan, il bosco intorno al tempio di Febo nel quale Aristotele teneva le sue lezioni era chiamato Lykaion (territorio dei lupi e da lì il termine liceo) ecc. ecc.
La radice del nome greco Lyk– è la medesima da cui deriva la parola luce e molti sono i miti che vedono questo animale portatore di vita e fertilità: così nella Kamchatka si pregava il lupo perché le vergini si maritassero e in Anatolia le donne sterili lo invocavano per divenire feconde.
Gli esempi dell’influsso di questo mammifero sulla cultura umana sono infiniti dunque.
Ma cosa successe poi? Cosa trasformò un essere venerato, totemico, e che in natura si guarda bene dall’affrontare un animale pericoloso come l’uomo, in una bestia assetata di sangue e diabolica tanto temuta?
Quando le popolazioni diventarono stanziali e dedite non più alla caccia e al nomadismo ma alla pastorizia e all’agricoltura il rapporto cominciò a mutare. Non più cacciatori che cercavano di accogliere il suo spirito per essere aiutati ma civiltà che pregavano il predatore di non giungere a fare strage nei greggi. Le cerimonie in suo onore divengono scongiuri e le feste antiche, che a volte sfociavano in sacrifici umani di poveracci, assumono modalità sempre più sinistre nell’immaginario comune. Certe pratiche non vengono più accettate. L’umanità fa la cosa più semplice da fare: addossa le proprie colpe ad un altro, uno straniero, il lupo, fratello maggiore del fedele cane ma che a differenza sua non si piega all’addomesticamento. Così si cominciano a tramandare solo i ricordi delle pratiche peggiori del culto “lupesco” gettando un’aria sinistra sull’animale stesso.
Le leggende prendono una piega differente per la reputazione del lupo e così già nelle Metamorfosi di Ovidio leggiamo di Giove che senza farsi riconoscere si reca ad un banchetto di Licaone che offre ai suoi commensali carni umane; il dio greco sconvolto dall’abominio trasforma il principe in bestia, ovviamente la più feroce delle bestie: il lupo. E’ solo uno dei tanti esempi di miti che vedranno il lupo come responsabile di azioni aberranti.
L’economia cambia, le tradizioni anche, la cultura si evolve e la religione si rimodella. La diffusione delle religioni monoteiste con il loro rigetto verso le tradizioni tribali e politeistiche e una visione antropocentrica non aiutano per nulla. Nella Bibbia è Nabucodonosor re di Babilonia a venire maledetto trasformandosi in lupo. Lo sciamano con la sua capacità di trasformarsi in animale diviene stregone, è emanazione diretta dei demoni, del diavolo in persona. Le bestie della notte e che vivono dell’oscurità per cacciare ne pagano le conseguenze in maniera salata (la storia di Dracula non fece del bene alla fama dei poveri pipistrelli, per esempio).
Abbiamo un capro espiatorio finalmente per mondare le atrocità fatte in passato da noi stessi. E’ la parte di lupo quella sbagliata, quella che ci ha fatto fare “le cose brutte”. Non più utile psicopompo dunque ma Cerbero terribile che impedisce alle anime di fuggire dal regno dei morti…
Tra verità e mito, le invasioni di popoli guerrieri nordici resi selvaggi e insensibili al dolore da pozioni di idromele e urina di chi aveva ingerito amanita muscaria ed era vestito con pelli di animali come orsi e lupi ( i terribili Ulfhedhnar e gli “uomini orso”, i Berserkr) non fecero che tramandare ulteriori leggende sugli uomini posseduti dalle bestie feroci e diaboliche.
Dal Medioevo in avanti le mutate condizioni demografiche e agricole portano l’uomo sempre più vicino al lupo; il lupo perde terreno, diminuiscono le prede uccise dalla bestia, i cacciatori sono sempre più attrezzati con nuovi prodigi della tecnica; dove una volta vi erano boschi e paludi ora ci sono campi con greggi, il lupo lotta per la sua sopravvivenza e lo scontro frontale è inevitabile. Pestilenze e guerre inoltre lasciano cadaveri ovunque, di cui il lupo è costretto a cibarsi e il mito di crudeli animali antropofagi è bello che pronto. In Europa non si bruciano solo streghe (è la vagina che ci fa fare cose brutte) ma anche lupi mannari; le cronache del tempo sono zeppe di queste testimonianze. Il Lupus Homenarius (ironia della sorte “lupo che si comporta da uomo” e non viceversa) è il responsabile di efferati omicidi, di stupri e di altre “bestialità;” è l’uomo che si può trasformare in lupo, compare del diavolo. I religiosi trovano un colpevole ultraterreno e maligno, l’eretico che diviene bestia, il popolo può calmare le sue rabbie e paure ataviche e i nobili sono ben contenti che il popolo sfoghi la sua rabbia su qualche scemo del villaggio troppo peloso e su qualche animale selvatico invece che su di loro. La situazione sanitaria di quei tempi non fa che incrementare la caccia al mostro: epidemie di rabbia e intossicazioni alimentari dovute a particolari funghi del grano portano nelle campagne francesi e tedesche supposte epidemie di licantropia, con gente che crede di vedere veramente orde di licantropi e addirittura persone che si credono lupi.
La faccenda del morso di un altro lupo mannaro è in realtà invenzione cinematografica relativamente recente, nelle credenze popolari si diventava uomo lupo per diversi motivi, dalla maledizione di una strega/stregone, al diretto intervento del diavolo che a seguito del classico patto ti dona una pelliccia maledetta (tornano i guerrieri nordici qui) oppure bevendo l’acqua infetta raccolta dalle impronte del lupo e in molti altri modi tra cui anche nascere il giorno di Natale (che era una “mancanza di rispetto” per la religione). Si narra che San Patrizio per punire un’intera comunità di peccatori li trasformò in lupi (ricordate la storia di Giove e Licaone?).
Certo tutti conosciamo la storia di Cappuccetto Rosso ma la storiella ripulita e tanto carina di Perrault ha avi ben più truci che parlano di nonne fatte a pezzi il cui sangue viene fatto bere alla dolce Cappuccetto, rimembranze antiche di sacrifici umani. L’eroe non è più il cacciatore che ha le abilità di un lupo ma quello che il lupo lo ammazza e rende libera la comunità.
Nel 1743 venne ucciso l’ultimo lupo della Gran Bretagna mentre “solo” nel 1772 l’ultimo presente sul territorio danese. A quell’epoca era ancora pensiero condiviso che i lupi stuprassero prima di mangiarseli bambini e giovani fanciulle (vi ricorda qualcosa?) e giravano storie di lupi lunghi più di due metri. Battute di caccia con centinaia di persone erano all’ordine del giorno.
Ma stiamo parlando di tempi lontani, la situazione è di certo cambiata in tempi più recenti…
Nel gennaio del 1936 acquistando la Domenica del Corriere si poteva leggere la seguente notizia: “…sulla strada che porta da Vasto ad Agnone, un branco di lupi famelici, uscito dalla foresta, sbarrò la strada ad un pullman carico di passeggeri. L’autista riavutosi dalla sorpresa, premette sull’acceleratore e spinse la macchina contro le belve…”. Lupi che attaccano autobus, verosimile. Negli anni ‘70 in Italia il lupo era cacciabile in ogni stagione e con ogni mezzo, bocconi avvelenati compresi. In quel periodo l’animale è in serio pericolo di estinzione e quasi scomparso (nel 1976 si stimava fossero rimasti in 100 in tutta Italia), così il Wwf e il Parco Nazionale d’Abruzzo elaborarono dei piani di tutela della specie facendo pressione anche sulla politica nazionale. La Stampa tra gli altri nello stesso periodo titola: “Paesino sui monti assediato dai lupi…”.
Tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80 si sparse la notizia, con tanto di testimoni oculari(!), di lupi cecoslovacchi, siberiani e persino iracheni (così riportava la rivista Caccia 80) calati di notte sull’Appennino da aerei ed elicotteri da animalisti facoltosi. Tutto viene preso molto seriamente tanto che i responsabili del parco sono costretti ad appendere nei paesi vicini migliaia di manifesti di smentita.
Recente un video su internet ripreso da alcune emittenti locali del centro Italia e dal Messaggero D’Abruzzo che mostra un branco di 30 lupi vagare per il Gran Sasso; era in realtà un video ripreso da un documentario della BBC girato nelle zone remote del Canada. Oggi, se digitiamo su google “attacco di lupi in Italia”, ai primi posti della ricerca troviamo il sito Reggioreport.it che titola “Il lupo uccide ma non si può dire” mentre Qualeformaggio.it (bel nome) afferma sicuro “Lupi in azione in Liguria: la nuova preda si chiama uomo”.
In Italia da 150 anni non ci sono stati attacchi mortali accertati nei confronti dell’uomo (altre fonti parlano di un più “recente” 1946 altre di un 1774 addirittura; quale sia quella giusta poco importa, è evidente che non è un fatto molto frequente direi).
Tutti gli attacchi riscontrati negli ultimi anni si sono rivelati o inventati o operati da branchi di cani randagi (che vengono stimati in un milione). Poco tempo fa un uomo in Toscana arrivò in ospedale con la gola aperta; disse che mentre cercava a funghi era stato attaccato da un lupo. Pochi giorni dopo fu trovato un giovane lupo avvelenato nei boschi per vendetta. Le analisi della forestale appurarono che non si trattava di un morso di lupo; l’uomo confessò in seguito che a morderlo era stato il cane di un amico. Le ultime notizie dalla rete parlano di persone miracolosamente scampate agli attacchi rifugiandosi su alberi grazie alla prontezza i riflessi come simil Rambo; se avete visto qualche documentario avete idea di quello di cui è capace un branco di lupi quando vuole attaccare veramente. E’ più credibile il Mostro di Loch Ness o il Lupo Mannaro giusto appunto…
Il lupo non è di certo un tipo con cui litigare: è un predatore temibile, caccia come noi ma molto meglio di noi, ha zanne affilate, è silenzioso, vede nell’oscurità; è selvaggio, non si fa ammansire, non parla italiano e se attaccato in casa sua si difende. Ancora adesso è il capro espiatorio perfetto, lo spauracchio da agitare verso la folla.
Il danno causato alle attività agricole è un problema sentito. L’abbattimento è la risposta più semplice. Il lupo è da sempre l’animale più odiato ma nel nostro paese il cinghiale (che è uno dei suoi “piatti” preferiti, tra l’altro) causa dei danni 10 volte maggiori a livello economico. Stiamo tentando di eliminare la soluzione invece che il problema in sostanza. In più l’uccisione di pecore, mucche e capre avviene per la stragrande maggioranza in situazioni dove le greggi vengono lasciate a pascolare libere e senza nessun controllo. Lo sanno bene i pochi pastori abruzzesi (da lì il lupo non se ne è mai andato) che seguono gli insegnamenti dei nonni e che la notte fanno rientrare le bestie e che accompagnano regolarmente il bestiame insieme a enormi pastori maremmani diminuendo in maniera esponenziale ogni rischio di attacco.
Se non si vuole scendere a compromessi e non si vuole sudare per vincere un rivale più forte basta pugnalarlo con l’inganno, noi lo sappiamo bene da Giuda Escariota in avanti; con o senza pallottole d’argento.
Fonti e ispirazioni:
– Storie di Lupi Mannari – a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco – I Mammut Newton
– Osasis n°216/2016
Delmiele Tasso
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