Interviste – Matteo Luciani: “Io e la mia filosofia della natura, sospesa tra parole e immagini”

Ciao Matteo, un nuovo progetto, un nuovo libro: Dalla terra alla vita. Storie di natura. Raccontaci l’idea originaria, in cosa consiste e se il risultato è stato quello che ti aspettavi. Hai trovato quello che cercavi?

Molti mi chiedono come siano nati i miei progetti editoriali – vi avevo raccontato de I custodi erranti – nei quali fotografia e scrittura si fondono creando storie che uniscono divulgazione ambientale, avventura e, soprattutto, vita interiore, in un viaggio che rappresenta il cammino che ognuno di noi intraprende durante il meraviglioso percorso della vita. La risposta alla domanda iniziale non è univoca e penso sia molto personale. Posso solo dirvi che la scintilla dei miei progetti nasce quasi sempre a partire da esperienze passate che hanno toccato profondamente la mia vita. Spesso ci accadono cose che vengono custodite o dimenticate in una sorta di stanza interiore, anche alcune vicende o attimi a cui apparentemente abbiamo dato poco peso. Un giorno apri gli occhi e accadono altre cose che immediatamente spalancano la porta di quella stanza, facendoti capire quanto quelle esperienze, e le creature legate ad esse, siano state e saranno sempre preziose nella tua vita. Così è stato anche per il mio ultimo libro Dalla terra alla vita – storie di natura (Pandion edizioni).

Ho cominciato a scrivere l’introduzione del libro dopo la morte dell’orsa Amarena, madre di due cuccioli, appartenente ad una delle specie più minacciate al mondo: l’orso bruno marsicano. Questo triste episodio è stato uno dei semi che ha contribuito alla nascita di questo progetto. Un libro per celebrare la vita a partire da esperienze e avventure vissute in natura. A fluire tra queste pagine c’è la convinzione che la natura, e i sentimenti scaturiti nel viverla pienamente, possano aiutarci ad affrontare gli innumerevoli diversi aspetti che ci accompagnano lungo il viaggio del miracolo dell’esistenza.

Immagini e racconti rispettivamente realizzati e scritti negli ultimi sette anni, spaziando dai luoghi più selvaggi dell’Appennino fino alle sponde del fiume Tevere. Storie, appunti sul campo e riflessioni, nate da intensi momenti di gioia, dolore, malinconia e immensa gratitudine. Un libro che può essere visto un po’ come un albero che, dopo essere germogliato, cresce pian piano cambiando e adattandosi alle diverse condizioni ambientali e di luce. Sette anni non sono tanti, ma forse neanche pochi, e se rileggo le prime storie mi rendo conto che la persona che le scriveva è cambiata. Sicuramente diversa, ma consapevole delle proprie radici, che più passa il tempo e più si ancorano alla terra. Storie che ho vissuto in prima persona, luoghi e personaggi che mi hanno guidato e continuano a farlo nel mio cammino attraverso la loro luce e il mistero. Una sorta di diario che inizialmente scrivevo a me stesso, soprattutto nei momenti di difficoltà, ma che nel tempo ho imparato a condividere sui social e nelle mie presentazioni. Come i miei libri precedenti, anche questo lavoro non nasce da una programmazione, ma da una sorta di chiamata interiore. Una chiamata scaturita dal forte bisogno di condividere scoperte ed esperienze per lo più solitarie, poiché scoprire e conoscere è meraviglioso, ma condividere e far vivere ciò che si è scoperto lo è ancora di più. Un libro fatto di fotografie e semplici racconti in cui argomenti apparentemente lontani tra loro convergono uniti da un unico grande filo conduttore. Storie in cui la divulgazione ambientale è spesso guidata dall’introspezione e dalla fantasia, in un flusso in grado di liberarci dalle nostre catene di onnipotenza, riportandoci al nostro vero e unico posto… un luogo in cui non siamo il Tutto, ma facciamo indissolubilmente parte del Tutto.

In ogni capitolo, oltre a tematiche ambientali, ci sono, soprattutto, aspetti della vita di ognuno di noi, luoghi interiori ed esteriori che è possibile riabbracciare, ricordare e alimentare ogni giorno. Storie in cui gli ambienti e i loro abitanti sono specchio di noi stessi e del meraviglioso flusso vitale in cui siamo costantemente immersi.

Parole e immagini, “spaziando dai luoghi più selvaggi dell’Appennino fino alle sponde del fiume Tevere”. È ancora possibile un’esperienza “wild” in un contesto antropizzato come l’Italia centrale? Qual è la tua idea di “wilderness”? La tua filosofia per vivere la natura?

Non c’è un luogo in Italia, come del resto in Europa, in cui l’uomo non abbia lasciato traccia del suo percorso. In quanto animali anche noi facciamo parte della natura, siamo anche noi natura. Penso che nei luoghi in cui l’uomo abbia vissuto (e vive tutt’ora), seguendo le leggi dell’ambiente in cui vive, si possa ancora respirare un’idea di wilderness in grado di restituire un senso di armonia e totale inclusione con l’ecosistema. Tuttavia, credo che questo senso di totale inclusione debba partire dal nostro modo di vivere la natura stessa, dalla nostra interiorità e dalla riscoperta di quei luoghi ancestrali che fanno parte di ognuno di noi. Sicuramente nell’Appennino ci sono luoghi in cui è ancora possibile respirare tutto questo, come anche in altri sulle sponde del Tevere. Esiste un termine che è spirito del luogo, un’espressione difficilmente traducibile, poiché non si tratta della sola descrizione di un luogo ma qualcosa di percepibile della sua essenza, che in un certo senso assume un’innata sacralità. Quando penso all’Appennino mi è difficile non immaginare l’orso, il lupo, l’aquila reale, i grandi faggi, la rosalia alpina e tutti gli altri musicisti che compongono questa splendida orchestra di vita. Una melodia in grado di risvegliare e farci riscoprire i luoghi ancestrali ed essenziali del nostro spirito.  Quel lato di noi che non brama potere, ma solo armonia. Per cui, sì, credo che è ancora possibile vivere esperienze wild, ma solo se, passo dopo passo, avremmo il coraggio di aprire il nostro cuore all’immensa vita dalla quale siamo circondati.

Le maggiori difficoltà? Le maggiori soddisfazioni?

Rispetto agli altri libri aventi un formato più fotografico, questo è un libro concepito come libro di narrativa ibrido che possiamo portare con noi ogni giorno. Qui i testi e le fotografie comunicano tra loro. Per cui concepirlo non è stato semplice, ma grazie all’aiuto di Ioannis Schinezos, che si è occupato del design e dell’impaginazione, sono molto contento di come sia venuto. Anche la scelta della carta non è stata semplice, ma alla fine abbiamo optato per una carta pregiata dall’effetto naturale, una via di mezzo tra la usomano e la patinata. Insomma, una carta romantica.

La difficoltà più grande? Di base sono una persona molto riservata e sicuramente la maggiore difficoltà è stata quella di aprirmi e di svelare importanti retroscena della mia vita. Stati d’animo, emozioni e riflessioni che però fanno parte del viaggio di ognuno di noi e che ho quindi ritenuto giusto condividere, con la speranza che i racconti e le fotografie presenti nel libro possano accendere una luce, facendo immergere il lettore in quelle atmosfere ed immedesimare negli stati d’animo che ho vissuto in prima persona, che ci invitano ad una connessione profonda e autentica con la natura e con noi stessi. Esperienze e incontri che mi hanno trasmesso l’importanza della gratitudine per ciò che si ha e per il dono della vita che ci è stata concessa, l’importanza di ricercare e risvegliare la nostra vocazione più autentica, di rispondere alla chiamata della propria natura più profonda mettendola al servizio della realizzazione personale e di quella del prossimo, l’importanza di osservare la morte sotto un’altra prospettiva, della consapevolezza nel vivere il qui ed ora, della pazienza necessaria per crescere, migliorare e godere della bellezza, l’importanza di saper rinunciare ed accettare, di imparare ad osservare per percepire noi stessi e l’ambiente che ci circonda. Infine, ma non per ultimo, l’importanza dell’amore, linfa essenziale della vita.

La gratitudine è un atto interiore che purifica il nostro cuore. Più ringraziamo e più aumenta la sua intensità. Seguire i propri sogni è un atto d’amore verso se stessi e gli altri: sognare significa combattere, soffrire, sbagliare, gioire, commuoversi, rinunciare e amare follemente la vita. Un amore che ha il potere di smuoverci, farci riscoprire e illuminare chi è intorno a noi, soprattutto le future generazioni, che mai come ora hanno bisogno di guide sognatrici che possano contagiarli. La pazienza ci aiuta a capire il valore del sacrificio e delle energie che si investono per realizzare i propri obiettivi. Oggi viviamo in una società che porta a rimuovere la pazienza, senza lasciare tempo alla percezione di ciò che ci circonda e al nostro tempo interiore. Ciò che succede per mano della natura spesso va a cozzare con questo ritmo ormai innaturale; basta pensare alla crisalide, a un embrione, a un seme: sono tutte realtà che impiegano troppo tempo e troppa fatica per svilupparsi. Eppure è dal ritrovamento di un ritmo naturale e paziente come quello delle stagioni che possono nascere cose straordinarie. Riguardo la morte, beh, se saremo in grado di accoglierla, potrebbe diventare la miglior compagna in grado di farci comprendere che forse lo scopo più profondo della vita non ha nulla a che vedere con la fama, la ricchezza e il potere. Alla chiusura del cerchio ciò che realmente conterà è quanto siamo stati in grado di amare.

Incontri con la fauna in habitat?

Nel libro ne troverete moltissimi: con lupi, orsi, ungulati e molti altri. Ognuno di questi magici incontri hanno rappresentato (e rappresentano tutt’ora) importanti tasselli della mia vita, da cui sono emerse riflessioni, emozioni indelebili, diari e misteri irrisolti. Ad esempio, c’è una fotografia di un lupo, che riporto anche nel mio primo libro Custodi erranti. Uomini e lupi a confronto, in cui racconto di come quel l’esperienza mi abbia aiutato a credere nei miei sogni, anche quando tutto sembrava perduto.

In quel frangente era il quinto giorno di appostamento e nei giorni precedenti avevo dormito in una grotta poco distante dal punto di osservazione. Il quinto giorno ero stremato, arrabbiato e deluso da me stesso: quel periodo in pochi credevano in ciò che stavo facendo e stavo affrontando una fase della mia vita molto delicata dove spesso la mia autostima si scioglieva come ghiaccio al sole. Prima di gettare la spugna, come per magia apparve lui, quello che ad oggi a me piace chiamare il vecchietto. Dopo aver incrociato il suo intenso sguardo, le lacrime di tristezza divennero lacrime di gioia, consapevole che quel giorno avevo ricevuto un immenso dono che avrei portato nel mio cuore per tutta la vita: la consapevolezza dell’importanza di credere nei propri sogni. Spesso me ne dimentico, ma poi mi riproietto in quella fresca alba di settembre, perso in quegli occhi color ambra, e tutto diviene nuovamente nitido e meraviglioso, poiché, con tutti i pro e i contro, la vita è meravigliosa.

La prefazione firmata niente meno che da Daniele Zovi, una garanzia di serietà. Come lo hai convinto?

Quando è arrivato il momento di affidare la prefazione del mio libro a una persona, non ho avuto dubbi nel chiederla a Daniele Zovi, autore di libri meravigliosi che consiglio a tutti, giovani e adulti. Sin da subito c’è stata una bella intesa: dopo avergli scritto una email con l’idea del libro, una volta che lo ha letto mi ha risposto entusiasta dicendomi «Caro Matteo, allego la prefazione al tuo ottimo libro. Prefazione breve, come lo devono essere tutte le prefazioni!». Ciò che ammiro di Daniele, oltre alla sua grande competenza, è il suo modo sincero, semplice, profondo e limpido di vivere e interpretare la natura. Per questo sono onorato della sua prefazione all’interno del mio nuovo libro.

Gip. Barbatus

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