Animal target: alce europea, avifauna – Periodo: aprile
Dopo la visita alla leggendaria Foresta di Bialowieza, salendo da Byalistok, nel mio girovagare nella Polonia del nord, mi dirigo verso Goniadz, piccolo paese che sta al centro (nel lato orientale) di questa immensa lingua di terra e acqua (100 km per 592 km quadrati) che è il Parco naturale del Biebzra. Non so ancora quanti giorni mi fermerò ma ho deciso che non me ne andrò senza avere incontrato almeno un’alce.
Il Biebzra National Park (Biebrzanski Park Narodowy) è stato istituito nel 1993 ed è Riserva Unesco della Biosfera, ha quasi quattrocento km di percorsi a piedi e almeno centocinquanta fattibili in kayak.
L’omonimo fiume viene anche chiamato “ Rio delle Amazzoni polacco” non di certo per l’imponenza ma per il suo comportamento imprevedibile e inconsueto per un corso d’acqua europeo: in alcuni punti, infatti, il Biebzra si apre, si divide, devia il suo corso andando a formare canali, paludi, acquitrini, torbiere che diventano l’habitat perfetto per una miriade di uccelli (più di 200 specie diverse di cui quasi 160 nidificanti!) e per l’Alce europeo (Alces Alces) a cui garba assai stare con gli zoccoli in ammollo…
Goniadz, dove ho prenotato un B&B, è un punto strategico vicinissimo alla sede del parco (Osowiec) e al suo punto più stretto tagliato dalla strada 65 che mi darà la possibilità di spostarmi in auto più velocemente tra la zona ovest e quella est.
In tarda mattinata mi presento dunque all’info point per avere materiale utile e pagare il biglietto; nonostante l’enorme mappa del mondo che i visitatori stranieri infilzano con puntine colorate per indicare la città di provenienza mi accorgo che non sono molto abituati a escursionisti non “locali” (perlomeno in questo periodo dell’anno), le brochure informative infatti sono solo in polacco e ben poche in inglese; al bancone chi mi accoglie parla un inglese peggio del mio (cioè praticamente non lo parla quasi); con un po’ di fatica mi faccio indicare i migliori punti di osservazione e chiedo lumi soprattutto sulle zone frequentate dalle alci. Mi indica diversi luoghi abbastanza vicini e tutti verso sud, stranamente tralascia la Palude Rossa (Czerwone Bagno) che la guida mi dava come punto privilegiato per gli avvistamenti e la parte all’estremità nord che dovrebbe essere la meno attrezzata e la più selvaggia; molto probabilmente non ha inteso che dedicherò alla ricerca degli animali tutte le ore a mia disposizione e quindi mi ha indicato le zone più veloci da raggiungere. Detto questo, decido di seguire il suo consiglio e di concentrarmi su un’area più ristretta (anche battendo più volte gli stessi sentieri) per studiarla in modo più approfondito senza girare come una trottola.
Prima di andare a lasciare le mie poche cose all’alloggio mi addentro nel primo breve percorso segnalatomi che è a poche decine di metri dalla sede del parco e incrocio qualche rudere della seconda guerra mondiale (qui è pieno di bunker e fortini di quel brutto periodo); dopo pochi minuti arrivo ad una torretta di avvistamento in legno, lo spettacolo è inaspettato e stupefacente: una larga vallata dai colori intensi con canneti gialli, arbusti rossissimi, piccoli alberi solitari, prati verdi e ovviamente canali d’acqua che si aprono come le vene lungo un braccio; riconosco subito in lontananza una coppia di cigni (in queste zone tutt’altro che frequenti), dei germani e in cielo dei rapaci a volteggiare; uno è enorme, che sia un’aquila?
La prima cosa che penso è come sia possibile che questo parco non sia per nulla conosciuto da noi italiani (a parte qualche birdwatcher incallito ovviamente). Il colpo d’occhio è straordinario. Passano pochi minuti e il cielo è attraversato da un grosso volatile dalle linea slanciata, aguzzo la vista: è una Cicogna nera (Ciconia Nigra), regale, vola come galleggiasse nell’acqua, non ne avevo mai vista una prima; il buonumore mi schizza subito alle stelle.
Mi avvio verso il B&B che è una villetta a pochi km dal paese, i due proprietari sono due anziani gentili e sorridenti che non parlano inglese ma a gestire l’accoglienza ci pensa il figlio, di certo un tipo poco espansivo (ma ormai ho capito che è una caratteristica degli abitanti di questa regione) ma comunque molto disponibile ed educato. La casa ha un giardino curato e alle spalle un canale e dei campi, è pulita e accogliente ed è abitata da una simpatica cagnetta decisamente in carne che ti accompagna in ogni spostamento nella casa. Mollo le borse, torno verso il centro di Goniadz e individuo il piccolo market dove comprare cibo, acqua, sigarette e qualche birra per i miei solitari brindisi da avvistamento della buonanotte.
Proseguo verso sud lungo la strada 670, mi lascio alle spalle la sede parco, taglio la 65 e la suggestiva ferrovia che passa sul fiume e proseguo verso i due o tre punti di osservazione segnalati sulla cartina che sono la mia meta pomeridiana. La strada è bellissima, un sali scendi leggero tra boschi di conifere, poi di betulle, poi ancora di conifere. Mi infilo in auto in un sentiero sulla sinistra verso il parcheggio segnalato come Barwik. E’ un sentiero di sabbia bianca, di quelli alla fine dei quali ti aspetti di trovare il mare… è la sabbia prodotta dal ritiro dei ghiacciai migliaia di anni fa (per quello la strada va su e giù, stavo guidano su delle dune su cui poi sono nati questi boschi fantastici!).
Lasciata la macchina al parcheggio mi incammino tra gli alberi e arrivo dopo circa 15 minuti in una piana enorme con il sentiero che la taglia in mezzo con a metà una piattaforma rialzata da avvistamento. Sopra di me come proiettili sfrecciano dei piccoli uccelli dal becco allungato che non riconosco subito, comincia a piovere e mi copro col cappuccio… dopo una decina di minuti di cammino mi accorgo di avere in testa un suono stranissimo che non ho mai sentito prima; è particolare e curioso, mi ricorda il suono delle astronavi di Guerre Stellari.
Che diavolo è? Mi levo il cappuccio, sì non sono pazzo… da dove arriva? Arriva dal cielo, guardo in alto, sono quei piccoli uccelli che salgono rapidi e improvvisamente virano verso terra in picchiata furibonda. Sono… beccaccini! (Gallinago Gallinago) Si esibiscono in parata nuziale per conquistare le femmine con evoluzioni acrobatiche emettendo questo strano “uu-u-uu”, che spettacolo!
Il sentiero continua, la piana finisce, piove sempre di più, incrocio un tizio alto due metri con abiti mimetici, lo saluto, non risponde e prosegue, mi volto a guardarlo, dietro le spalle ha legate con una corda due enormi corna d’alce, i beccaccini continuano a esibirsi, sembra di stare in un’altra dimensione. Non parlo con nessuno da una settimana ormai e mi sorprendo a chiacchierare tra me e me. Sorrido. Ricominciano gli alberi. Prendo possesso di un’alta torretta di avvistamento e decido di fermarmi lì per godermi la vista e ripararmi dalla pioggia.
Sotto di me l’ennesimo spettacolo, un’altra pianura enorme ma con una vegetazione fitta e variegata, ci sono degli strani crateri nel terreno sabbioso, larghi diversi metri, regolari, come in un formaggio emmenthal… non ho idea di cosa siano ma noto intorno e sul fondo di questi arbusti spezzati e rosicchiati, sicuramente segnale del passaggio di alci o altri ungulati. Dopo due ore di calma piatta, mentre il sole comincia a calare, sbucano in lontananza una quindicina di cinghiali che si muovono lenti e tranquilli; più vicino, ad una cinquantina di metri da dietro degli alberi appare una volpe molto grossa, rapida e furtiva, ha in bocca un germano, aggira dei cespugli e si infila nella sua tana scavata nella terra; i mammiferi si stanno svegliando…
Sta facendo buio e sono ad almeno un’ora e mezza dalla macchina. Mi incammino, piove meno, come sempre ci sono solo io, ripercorro la piana paludosa e incontro un capriolo delicato, qualche roditore si affretta a nascondersi e altri uccelli che passeggiano nel sentiero. Vorrei attardarmi sulla piattaforma ma il buio incombe e proseguo. Appena alle soglie del bosco che mi porterà al parcheggio sento un forte verso tra la vegetazione, non capisco di che bestia si tratti e a dirla tutta mi spavento come un bambino. Mi blocco e rimango immobile, cerco di intravedere qualche sagoma tra le piante, sento rami che si spaccano, mi avvicino di qualche passo lentamente. Un altro verso imponente che assomiglia ad un nitrito cupo. Credo sia un’alce ma vedo solo una sagoma scura che appena si accorge di me si affretta verso la zona più impenetrabile e sparisce.
L’ho mancata per un pelo. Probabilmente pochi minuti prima l’avrei trovata a brucare in bella vista. Peccato, ho comunque ancora il cuore che batte a mille e l’adrenalina mi fa sentire bene e dimenticare l’umidità nelle scarpe.
Sulla via del ritorno all’altezza della ferrovia approfitto della tregua della pioggia e della pochissima luce rimasta per farmi una passeggiata sulla passerella che fa un semicerchio di una cinquantina di metri all’interno dei canneti e dei corsi d’acqua all’altezza della passerella. C’è un fotografo irriducibile sulla torretta e noto un altro personaggio con tanto di telecamera montata su un treppiede e un grosso microfono in mano; sta registrando il gracidare delle rane che proviene da un piccolo laghetto. Si accavallano in un concerto strabiliante tre, quattro, cinque tonalità e ritmiche diverse, pazzesco… mai avrei pensato di emozionarmi così sentendo delle rane!
Proseguo e faccio in tempo ad incrociare intenta a scrutarmi un’altra volpe e poco dopo, nascosto nel canneto, un piccolo capriolo. Calata completamente la luce mi avvio verso il letto.
La mattina successiva levataccia, doccia e via. Appena fuori dal b&b intravedo delle lepri tra l’erba alta e poco più in là due gru cenerine (Grus grus) dall’incedere buffo e regale al tempo stesso. Un istante dopo un airone bianco (Ardea alba) si leva in volo alla mia sinistra… che posto questo Biebzra!
Manco a dirlo il mio entusiasmo viene smorzato dalla pioggia improvvisa, mi rimetto in moto e raggiungo durante la giornata altre località verso sud. I sentieri però sono allagati e mi vedo costretto a tornare sui miei passi; raggiungo un punto chiamato Dluga Luka e percorro una bellissima passerella in legno di 400 metri che attraversa una suggestiva spianata paludosa, famosa per l’avvistamento della Acrocephalus paludicola (Aquatic Warbler in inglese, paludicola o pagliarolo per noi) un raro e piccolo passeriforme a rischio estinzione che arriva a svernare qui dall’Africa ogni estate. Ma non è il periodo giusto. Dell’alce comunque neanche l’ombra.
Torno stanco, demoralizzato e fradicio a casa e decido di allungare di uno o due giorni la permanenza invece che partire come previsto verso i laghi Vigry a nord del paese.
Solita levataccia, solite bellissime gru lungo la strada. Vado verso la biglietteria ma è ancora chiusa. A dire il vero non ho visto nessun tipo di controllo dei ticket (anche perché l’area è talmente ampia…) ma è doveroso sostenere il parco quindi mi fermo su una torretta a bordo strada per far passare l’attesa e mangiarmi un panino. Comincia a nevicare decisamente in maniera intensa e l’atmosfera è straordinariamente evocativa.
Dopo un’oretta purtroppo sale la temperatura e ricomincia la pioggia, mia compagnia da giorni. In biglietteria, questa volta, c’è un omone con un inglese ottimo, chiedo di nuovo consiglio, mi indica nuovi punti sempre a sud ma sul lato ovest per avvistare uccelli… tra me e me penso: qui l’avifauna praticamente ti cade in testa ma ragazzi io voglio l’alce! Ritorno alla carica indicando la famosa foresta rossa… lui tranquillo mi risponde che non c’è un posto preciso per le alci, va bene ovunque, se la devo incontrare la incontrerò; la sua risposta mi spiazza ma alla fine questa sicurezza fatalista mi tranquillizza.
Ricomincio il giro questa volta verso il lato ovest. Le torrette sono molto belle e danno su alcuni scorci di fiume più aperti. Mi muovo, tento di attraversare a piedi un sentiero che passa attraverso una palude ma ancora una volta l’acqua ha invaso il percorso. Vengo anche tenuto in ostaggio mezzora da trenta mucche che mi circondano ostruendomi il passaggio (sì, ho detto mucche).
Dopo questa esperienza fantozziana e un girovagare infruttuoso, verso le quattro, demoralizzato decido di tornare verso nord ma pochi km dopo noto al lato della carreggiata un megafuoristrada con di fianco un tizio in tuta mimetica sdraiato a terra, ha un 600 mm della Canon puntato nel prato.
Capisco al volo e volgo lo sguardo a destra (sperando non si tratti di qualche piccolissimo passeriforme a 2 km); lei è lì, pacifica, un giovane maschio credo, nell’ora “sbagliata”, nel posto “sbagliato”. A non molta distanza da un paio di abitazioni bruca in un prato miracolosamente asciutto con quel suo lento incedere leggermente insicuro.
Scendo silenzioso dall’abitacolo e mi siedo a bordo strada cercando di stare il più immobile possibile. E’ a 50 metri, bellissima, nella sua poca grazia, le scatto qualche foto. Rimango seduto a guardarla. Dopo qualche minuto mi nota, poi volge lo sguardo verso il cannone del marine nell’erba, ci pensa qualche secondo e decide di avviarsi verso il bosco. La seguo con lo sguardo finché posso. Nel frattempo “Commando” si è alzato deluso e si rivolge a me da lontano con dei gesti teatrali incomprensibili; credo mi voglia accollare la responsabilità di avergli rovinato il suo personale set fotografico. Non me lo filo. Devo andare a bermi una birra per festeggiare la mia alce e la scelta di venire in un parco di raro fascino. I suoi colori e i suoi suoni sono decisamente una delle sorprese più piacevoli dei miei viaggi in Europa. Un tempio europeo per birdwatchers ma non solo.
Consigli ulteriori: Un fuoristrada non è obbligatorio ma può essere utile per stare tranquilli nei periodo più piovosi
Tenere degli stivali in auto è sempre una buona idea
In estate il repellente per zanzare è obbligatorio
Per i fotografi un obiettivo da 300mm è il minimo sindacale se si vogliono fotografare uccelli
Se volete mangiar fuori la sera presentatevi molto presto, i ristoranti chiudono in orari nordici…
La gita in kayak deve essere molto bella, provatela per noi!
Delmiele Tasso – Foto Ale Zoc
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Capito qui per caso e resto incantata da queste foto! Bellissime!
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🙂 Grazie di cuore!
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