Diari – Attenzione: baby allocchi a terra!

È tarda primavera, la natura si risveglia, ci si può imbattere in alcune meravigliose fioriture, nei primi frutti, nei primi funghi… ma capita anche che si trovino in terra nidiacei caduti dal nido o alle prime prove di volo (o anche piccoli di mammifero, come cerbiatti nascosti tra l’erba). Cosa fare? È importantissimo non prendere decisioni affrettate come quella di portarseli in casa o provare a nutrirli e farli crescere in maniera totalmente sbagliata.

Dipende da situazione a situazione (mai toccare i cerbiatti e stare attenti ai cani non al guinzaglio), ma intanto è sempre bene sentire un veterinario o un esperto di un centro di recupero per la fauna selvatica anche se si è del settore, perché nella maggior parte dei casi questi piccoli ‘aufughi’ non stanno male ma sono solo caduti o atterrati in un punto dove non riescono più a prendere il volo o a tornare con i genitori, quindi il miglior aiuto che si può dare è quello di metterli su una pianta/siepe in alto (lontano dalle grinfie di predatori indiscreti come i gatti) e lasciare che i genitori continuino a prendersi cura dei proprio piccoli.

Il mese scorso è successo proprio a me: vengo chiamato da una conoscente di un mio amico la quale mi dice che in mansarda sente dei forti rumori e del pesticcio; anche se in una zona molto distante da casa mia (sempre in Maremma toscana), prendo e vado a cercare di aiutare e a svelare l’arcano (avevano chiamato tutti i centri di recupero della zona ma gli era stato detto di provare a liberare qualsiasi cosa fosse)

Beh… l’arcano mistero erano proprio due pulli… di allocco (Strix aluco)! Caduti dentro la botola della mansarda del condomino, non erano più in grado di ritrovare la via d’uscita perché ancora inesperti.

Un pullo assonnato di allocco (foto di Marco Brandi)

Devo dire che i piccoli sono stati molto collaborativi, uno non appena ha visto la botola aperta si è fiondato su un pino di fronte al palazzo, l’altro si era quasi ‘addormentato’ e quindi con una scala siamo andati a posizionarlo di fianco al fratello.

Nel frattempo abbiamo cercato i vari ingressi della mansarda e li abbiamo chiusi in modo da evitare altri spiacevoli inconvenienti.

Abbiamo poi atteso l’arrivo del crepuscolo ed i due piccoli si sono messi vicini vicini ed hanno iniziato a emettere il loro richiamo. Dopo poco sono arrivati i genitori con una preda. Il giorno dopo si erano spostati all’interno del bosco (riuscivamo a sentire ancora i richiami).

I due pulli protagonisti del salvataggio (foto di Marco Brandi)

L’allocco è un rapace notturno piuttosto comune in Italia, in buono stato di conservazione. Frequenta boschi di latifoglie e misti, alternati ad ampie radure che fungono da territori di caccia, zone agricole con presenza di filari, vecchi alberi e rovine, pertinenze di abitazioni, parchi e giardini, dalla pianura alla montagna fino a quote di 1.400-1.500 m. s.l.m. Ha abitudini notturne e crepuscolari e durante il giorno staziona su posatoi riparati: cavità di rocce, di ruderi o di alberi. È legato per tutto l’anno al proprio territorio, che delimita con il canto.

Si ciba di piccoli mammiferi (toporagni, arvicole, topi, scoiattoli, ghiri, ecc.), uccelli di piccola e media taglia, rane, rospi, pesci, molluschi, insetti. Le borre sono di colore variabile dal grigio al nero e possono contenere resti di terriccio e di vegetali.

Un allocco adulto in volo (foto di Vincenzo Torzullo)

Monogamo, già in pieno inverno, in dicembre-gennaio, inizia i corteggiamenti e il maschio delimita il proprio territorio cantando per periodi sempre più lunghi, attirando in tal modo la femmina, alla quale poi offre le prede per indurla all’accoppiamento. È quest’ultima che sceglie il sito ove deporre le uova, in genere nella cavità di un albero o in un anfratto roccioso, sul terreno in posizione ben protetta dalla vegetazione, nei cascinali e nei fienili; più di rado viene utilizzato il nido abbandonato di corvidi, rapaci e scoiattoli. Nell’anno compie una sola covata e la deposizione delle uova ha luogo tra febbraio e maggio. In genere vengono deposte da 2 a 4 uova con un intervallo di qualche giorno una dall’altra e l’incubazione ha inizio con la deposizione del primo uovo, per cui la schiusa è asincrona e i pulcini della nidiata mostrano un diverso grado di sviluppo. La cova si protrae per 28-30 giorni ed è effettuata dalla sola femmina. I pulcini sono nidicoli e s’involano all’età 5-6 settimane. Nella prima fase dell’allevamento la femmina accudisce e nutre la prole, mentre il maschio procura il cibo per tutta la famiglia; in seguito entrambi i genitori ricercano le prede. In genere solo uno o due giovani della nidiata riescono a completare lo sviluppo e raggiungere l’indipendenza all’età di circa 4 mesi.

Testo e foto di Marco Brandi, fotografo naturalista, presidente di Maremma Pro Natura OdV

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