È un pomeriggio di fine agosto sull’Alta Murgia. L’aria vibra ancora per il calore e il sole basso accende di bronzo le pietraie e le stoppie. In questo silenzio dorato, ogni cosa sembra immobile, sospesa. Poi, tra i fili secchi di un cardo, un piccolo movimento rivela una presenza: un’Empusa pennata, perfettamente mimetizzata tra le ombre e la luce.

È una creatura – una mantide della famiglia Empusidae – che sembra uscita da un film di fantascienza: esile, allungata, con le zampe a spina e il capo triangolare, ornato da una sottile cresta che ne accentua l’aspetto alieno. Le sue antenne piumate tremano appena, catturando vibrazioni invisibili. Si muove con lentezza, come se il tempo avesse un ritmo diverso per lei.

Osservo il suo immobilismo, la lunga attesa tra gli steli d’erba secchi: possiede un’eleganza che ha qualcosa di arcano. Il controluce del tramonto disegna il suo profilo sottile, facendone risaltare la struttura quasi trasparente. Ogni suo gesto pare studiato, armonico, in perfetta sintonia con la luce che scivola via dal giorno.

Incontrare un’empusa sull’Alta Murgia (ricordate nelle stesse lande l’incontro con la Saga pedo?) è come scoprire un segreto antico, nascosto tra la pietra e la luce. È uno tra i tanti piccoli miracoli che raccontano quanto questo paesaggio, apparentemente spoglio, custodisca invece un mondo fragile e sorprendente. In quell’istante, tra il calore che si ritira e la prima frescura della sera, tutto si ferma: solo l’empusa resta, custode silenziosa del crepuscolo murgiano.
Testo e foto di Francesco Ambrosi
©Tutti i diritti relativi a testo e immagini sono riservati
Vuoi inviarci i tuoi Diari di Viaggio? Scopri QUI come
