Norway on the road – Safari all’alce

Dopo un paio di giorni trascorsi nella “civiltà”, nella capitale, a Oslo, e in vista di trascorrerne altri nella bellissima Bergen, sui fiordi, decidiamo di concederci una sosta in un’area della Norvegia meno turistica, nella regione del Telemark. Lasciati alle spalle caffè e ristoranti, tram e metropolitane, turisti e viaggiatori, in macchina raggiungiamo la cittadina di Rauland. Qualche casa dalle forme tipiche norvegesi, sparsa tra prati e boschi, tante pecore, un paio di hotel e ristoranti, uno Despar… poco altro. Qui abbiamo prenotato una stanza all’Austbø Hotel, un hotel a conduzione familiare con una splendida vista lago. La struttura è confortevole, la stanza – al di là del bagno anni Settanta – non è male ma soprattutto si respira un’atmosfera di “vita vera”. Non ci sono molti turisti stranieri – arriveranno il giorno dopo dei bikers danesi in transito e una coppia di australiani – e l’età media è piuttosto alta. I gestori, gentilissimi, ci indicano un paio di mete facili, adatte anche ai nostri bambini: una panoramica passeggiata, una spiaggia… e il vero motivo per cui siamo qui, il safari all’alce. Abbiamo provato a prenotarlo presso l’ufficio turistico di Rauland ma una delle condizioni era che pernottassimo a caro prezzo in uno degli hotel consigliati, cosa che non abbiamo fatto. Tenteremo quindi in autonomia, seguendo le indicazioni del nostro host e una mappa cartacea che ci ha fornito.

In mattinata ci dedichiamo alla passeggiata. La strada che sale verso il parcheggio è spettacolare, uno sterrato alla norvegese, ovvero facilmente accessibile, immerso nella natura. Brughiera, corsi d’acqua e laghetti. Improvvisamente dopo pochi km un gregge di pecore ci corre incontro e circonda la macchina, poi lentamente, quasi controvoglia si allontana.

Un piccolo gregge di serene pecore circonda la macchina senza alcuna paura (la foto è scattata attraverso il parabrezza)

Continuiamo molto lentamente e facilmente troviamo il parcheggio. La nostra meta sarà Falkeriset, in particolare il punto panoramico a 360 gradi che dalla sommità permette un’incredibile vista del Parco nazionale dell’Hardangervidda. Sherpa nepalesi hanno costruito un sentiero di gradini di pietra che conduce alla piccola vetta, una passeggiata spettacolare consigliata dai 2 a 90 anni!

Gli orizzonti aperti che si godono dal sentiero di gradoni

Nel Parco nazionale dell’Hardangervidda vive il nucleo più ampio (circa 10.000 esemplari) dell’antica popolazione di renne selvatiche della Norvegia (non è però la stagione giusta per vederle). Il contesto paesaggistico è straordinario: la tipica brughiera norvegese, i mirtilli rossi, i mirtilli blu, le betulle nane, il vento battente che salendo diventa particolarmente forte. Gli spazi aperti sono impressionanti, sembrano sconfinati e l’elemento antropico è davvero minimo. Per chi vive in contesti densamente popolati come quello italiano è difficile comprendere come si possa vivere in completa solitudine, a km dalla casa o dalla struttura più vicina, fa quasi paura.

Il sentiero sale tra brughiera e betulle nane

Nel pomeriggio facciamo invece una breve passeggiata sulle coste del lago sotto l’hotel. Ancora una volta la natura regna sovrana e la bellezza selvaggia degli spazi aperti conquista gli occhi. La spiaggia di Fagersand è incantevole, per quanto molto lontana dalla nostra idea di balneabilità estiva

Rientrati in hotel, consumiamo una veloce cena (i norvegesi cenano presto, il pasto principale è la colazione, rigorosamente salata, con affettati, formaggi, sgombri in lattina…) e ci prepariamo per il safari all’alce, sfruttando la lunghezza delle giornate.

La vista dalle coste del lago sotto l’Haustbo Hotel

Anche qui, lontano dal Circolo polare, il sole tramonta dopo le 22. Saliamo in macchina, incrociamo le dita e partiamo in direzione dell’area che ci hanno consigliato. Appena usciti di casa, una volpe ci attraversa la strada, lo prendiamo come segno di buon auspicio. Finalmente giriamo nella strada laterale indicataci: occhi aperti per scrutare i boschi limitrofi, in cerca di un movimento, un colore differente….

L’alce (Alces alces) è il più grande cervide vivente, diffuso in Eurasia e America settentrionale. La sua mole straordinaria – i maschi possono pesare oltre 550 kg e le femmine superare i 400 kg (in Alaska nel 1897 è stato rinvenuto un esemplare maschio  di 2,34 m d’altezza e con un peso di 816 kg e palchi con un’apertura di 199 cm). La lunghezza delle zampe conferisce all’alce un aspetto decisamente goffo. Il muso è lungo e carnoso e ha solo una piccola area glabra sotto le narici. A causa del corto collo, l’alce non è in grado di pascolare e il suo principale nutrimento consiste in germogli e foglie di salice e betulla, nonché di piante acquatiche.

Una femmina di alce con due giovani (la foto è scattata in Norvegia – sito rove.me – ma non è la “nostra” alce… e ancora una volta, come a Bialowieza, non siamo riusciti a incontrare un bull moose, un alce maschio dal palco enorme… ritenteremo)

Improvvisamente scorgiamo qualcosa di scuro che si muove lentamente… bocche aperte, grande entusiasmo… ma è un cavallo! Niente. Ripartiamo, la fiducia comincia a vacillare, saremo abbastanza fortunati? Quando invece ormai ci stiamo rassegnando, eccolo! O meglio, eccola! Un’alce femmina, senza palco, con delle grosse orecchie rotonde ci fissa per qualche secondo da bordo strada, poi quasi intimorita si infila nel folto del bosco. Non riusciamo a scattarle neanche una foto, tutto troppo in fretta, ma che emozione! In fiducia continuiamo a girare, prendiamo qualche strada laterale, finiamo nei pressi di case isolatissime ma ahimé nessun’altra apparizione. Il signore dei boschi – anzi, la signora nel nostro caso – si è concesso solo una volta ma.. che spettacolo!

Testo: Prof. Gip. Barbatus

Foto: Camilla Pozzi

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