Coleotteri giganti da sogno

Quali sono i 5 coleotteri più grandi e spettacolari del vecchio continente?

Non è facile stilare una classifica ma certamente non possiamo che partire da sua maestà il cervo volante. Spettacolare nella sua eleganza, in particolar modo per quanto concerne il maschio – il dimorfismo sessuale è molto accentuato nella specie – il Lucanus cervus è un coleottero della famiglia dei Lucanidi che può raggiungere gli 80 mm (addirittura i 100 mm nella sottospecie Judaicus, tra Siria e Turchia). Deve il suo nome alla presenza di due strutture che ricordano i palchi di un cervo, ma che altro non sono che mandibole molto sviluppate, solo nel maschio.

Una splendida foto di Bugran95 in cui appare evidente il dimorfismo sessuale della specie. Il maschio, dalle enormi mandibole, sovrasta qui la femmina

Le “corna” sono utilizzate durante i combattimenti nel periodo riproduttivo – giugno/luglio – e, nonostante le apparenze, sono del tutto inoffensive (addirittura negli esemplari più dotati potrebbero essere un ostacolo alla sopravvivenza, soprattutto considerando la recente scoperta che i maschi più piccoli riescono a evitare gli scontri catturando le femmine direttamente in volo). Lo spettacolo dei combattimenti tra maschi che cercano di rovesciarsi in duelli sui tronchi di vecchi alberi è indimenticabile per chi ha la fortuna di assistervi. Lo sviluppo di un cervo volante può durare tra i 3 e i 10 anni per i maschi più imponenti: le uova vengono deposte alla base dei ceppi di alberi vecchi o morenti (spesso querce, castagni, faggi, salici e pioppi) e alla schiusa nascono delle larve chiare munite di potenti mandibole che utilizzano per incidere il legno e scavare lunghe gallerie. Al termine del loro sviluppo, quando misurano circa 10 centimetri di lunghezza ed 1 cm di diametro, queste larve scavano una celletta in cui avverrà la metamorfosi (di esuvie e collezionisti di esuvie parleremo un’altra volta…). Le larve si sviluppano seguendo diverse fasi che in 4-6 anni le porteranno a diventare pupe. Gli adulti, presenti già fin dall’autunno, non escono all’aperto fino al giugno successivo, per vivere decisamente poco: i maschi muoiono tra luglio ed agosto, mentre le femmine possono sopravvivere più a lungo, restando attive fino a settembre avanzato. Diffuso in buona parte d’Europa (in Italia solo nelle regioni settentrionali e centrali), il cervo volante non è purtroppo più comune come un tempo.

Uno splendido esemplare di Dorcus parallelepipedus (autore dello scatto NobbiP), il “cugino piccolo” del cervo volante

Meno noto, meno appariscente ma non per questo meno affascinante è il “cugino piccolo” del cervo volante, il Dorcus parallelepipedus, un altro Lucanidae ma di taglia ridotta (difficilmente i maschi superano i 35 mm), conosciuto come cervo volante nero o minore . Anche in questo caso c’è un dimorfismo sessuale piuttosto evidente, con i maschi che hanno testa più grande e mandibole più forti. Ben attestato in Europa, ama il legno marcio – con una predilezione per il faggio – e ama mostrarsi con leggero anticipo rispetto al cervo volante: è possibile incontrarlo già a fine aprile, preferibilmente al crepuscolo o di notte.

Longicorno, morimo scabroso, carbonaio… tanti sono i nomi con cui viene chiamato lo splendido Morismus asper (foto di Syrio)

Bellissimo e di dimensioni notevoli (dai 15 ai 40 mm) anche il Morismus asper, un Cerambycidae dalle lunghissime antenne e dal fascino demoniaco, conosciuto come longicorno, morimo scabroso o carbonaio. Con la sua tipica livrea granulosa di colore grigio opaco, con due macchie più scure per ogni elitra, varia colorazione a seconda della sottospecie (M. a. asper è grigio scuro, quasi nero, le macchie sono quasi invisibili, mentre M. a. funereus è più chiaro e le macchie sono ben contrastate, tanto che a lungo è stato considerato una specie indipendente). In questo caso il dimorfismo sessuale si concentra proprio sulle antenne: nel maschio possono raggiungere addirittura i 7,5 cm, mentre nella femmina non superano mai la lunghezza del corpo. Xilofago (si nutre di legno morto), ha un ciclo vitale lungo: le larve si sviluppano in 3-5 anni, poi si trasformano in pupa e infine l’adulto sfarfalla in circa venti giorni. L’adulto in condizioni ideali può addirittura svernare ibernandosi. Ancora piuttosto diffuso in Europa centrale e meridionale, per quanto in declino, in Italia si può incontrare da fine marzo fino a metà luglio.

Un bel maschio di scarabeo rinoceronte

E poi c’è lui, l’Oryctes nasicornis, lo scarabeo rinoceronte, il più celebre tra gli Scarabaeidi. Di dimensioni più che ragguardevoli (25-42 mm), di colore talora castano, talora più scuro, il dimorfismo sessuale riguarda il carattere più identificativo della specie: solo i maschi sono infatti dotati di un vistoso corno cefalico rivolto all’indietro, che ricorda proprio il corno dei rinoceronti. Coleottero strettamente crepuscolare e notturno, vive una vita breve e intensa: poche settimane completamente dedicate alla ricerca delle femmine, senza nemmeno nutrirsi (consuma le riserve accumulate nello stadio larvale). Lo sviluppo larvale avviene attraverso 3 stadi denominati L1, L2 ed L3. Entro l’autunno successivo alla schiusa, generalmente le larve raggiungono lo stadio L3 e iniziano a svernare. Passeranno l’intero anno successivo a nutrirsi e a crescere di taglia, fino alla trasformazione in pupa, cosa che avviene nel corso della seconda primavera successiva alla nascita. L’insetto compirà l’ultima muta verso la fine di quella stessa estate, ma l’adulto resterà nel bozzolo fino alla successiva primavera inoltrata. La durata dell’intero ciclo è di circa 3-4 anni, generalmente è più breve nelle regioni più calde; in cattività, a temperature costanti di 25 °C, può compiersi invece in soli 10-12 mesi. Facilmente attratto dalle luci, spesso trova la morte sulle strade e inoltre è facile preda di alcune larve parassite.

L’inconfondibile livrea della Rosalia alpina in tutto il suo splendore

Infine, il coleottero forse più elegante, quasi sfacciato nella sua bellezza, la Rosalia alpina, un altro “gigante” che può arrivare a 40 mm di grandezza. Appartenente ai Cerambicidi, è noto per la particolare colorazione nera e blu e per i ciuffi neri presenti sui segmenti delle lunghe antenne (tipiche dei Cerambicidi). Le elitre, bordate di chiaro, presentano delle chiazze nere di dimensioni e forma variabile che permettono di distinguere un esemplare da un altro mentre sulle ali presenta un disegno a macchie nere. Nonostante il nome, il suo areale è molto più ampio delle sole Alpi e lo si trova soprattutto nelle faggete vetuste (ad esempio in Appennino). E’ diventato uno dei simboli della conservazione delle foreste vetuste.

Prof. Gip. Barbatus

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