Diari – Indonesia, un paradiso in drammatico pericolo

Bentrovati animaltrippers, rieccomi. E’ passato del tempo ma una ragione c’è: mi sono preso una pausa dall’Australia e sono stato in Indonesia: oltre un mese a Bali e un mese a Lombok. In queste isole la wildlife vive diverse criticità tra turismo insostenibile, specie gravemente minacciate e comportamenti eticamente scorretti. Cercherò di farvene un quadro estremamente chiaro.

Bali

Ma… partiamo dall’inizio: a Bali ho affittato per un mese una villa all’interno della jungla, proprio vicino al monte Batukaru, uno delle montagne principali dell’isola, situato nell’entroterra. Con i suoi 2275 metri di altezza, rappresenta lo “scheletro” di un vecchio vulcano non più attivo. Ormai ricoperto da una fitta vegetazione, il monte Batukaru ospita diverse specie di animali. Tra le più comuni c’è il kijang, ovvero il cervo comune endemico del Sud-Est asiatico (Muntiacus muntjak), che purtroppo non ho avuto il piacere di incontrare, mentre tra le più rare, fortemente minacciate, lo storno di Bali, il bali myna (Leucopsar rothschildi), listato come fortemente minacciato e con soli 100 esemplari stimati in natura. Ho avuto, invece, l’onore di conoscere il martin pescatore di Java (Halcyon cyanoventris), molto comune per via delle innumerevoli risaie di Bali, habitat ideale per la pesca.

Il martin pescatore di Java (Halcyon cyanoventris)

Piccolo disclaimer: ultimamente preferisco non dire le località precise che visito perché l’impatto di un turismo sempre meno sostenibile sta portando, ad esempio nella piccolissima isola di Bali di cui parliamo, tutti gli habitat al collasso. La mancanza di controlli, una pressione antropica sempre crescente e comportamenti eticamente inaccettabili stanno letteralmente distruggendo ogni angolo dell’isola. Un consiglio allora: esplorate senza timore, parlate con i locali, chiedete loro informazioni, siate curiosi. Questo è viaggiare. In alternativa, se avete poco tempo, affidatevi ad agenzie locali, stando ben attenti alle trappole per turisti che vi portano a vivere esperienza naturalistiche “finte” che di etico non hanno proprio nulla. Nel nostro caso specifico, gli indonesiani si conoscono quasi tutti, vi sapranno indicare sicuramente qualcuno che vi porti in zone poco turistiche, con un impatto ambientale di molto inferiore rispetto a quelle che vedete solitamente sui social (come i luoghi in cui nuotare con gli squali balena ecc).

Bene, l’attrazione turistica principale dell’isola è sicuramente il macaco grigio (Macaca fascicularis), noto per il suo comportamento irrequieto. Siamo davvero sicuri che sia sola colpa sua? Ho voluto sperimentarlo e ho iniziato a visitare luoghi meno turistici e devo dirvi che alcune popolazioni di macachi tutto sono fuorché moleste. Sicuramente un fattore decisivo nell’aggressività dei macachi è la presenza costante dell’uomo a cui ormai le scimmie si avvicinano senza paura (fuori dalle mete più frequentate questa specie non si fa avvicinare né cerca cibo in modo insistente). Al contrario, ad esempio nella Monkey forest ad Ubud, alcuni individui hanno addirittura tentato di derubarmi.

Un macaco grigio (Macaca fascicularis)

Eticamente inaccettabile però il comportamento in questi siti dei turisti: toccare un cucciolo di un esemplare vi sembra normale? Scattarsi dei selfie? Offrire noccioline e frutta per far avvicinare animali che dovrebbero essere selvatici? Ben comprendiamo allora l’aggressività, con episodi purtroppo anche gravi.

Spostandoci verso Ovest, troviamo il Parco nazionale di Bali nel quale è possibile avvistare, con tantissima fortuna, il rarissimo bali myna di cui dicevamo prima. Ho scelto però di non visitare il parco per l’eccessivo costo dell’ingresso (circa 80 euro, con guida obbligatoria). Fortunatamente, esistono sentieri secondari dai quali potersi godere gli incredibili paesaggi, con una vista mozzafiato sull’isola di Java e strapiombi immensi.

Un’esperienza insolita che ho vissuto è stata quella del rilascio di quattro tartarughe marine presso un centro di recupero. L’entrata era gratuita e il centro, ben curato e pulito, si mantiene grazie a sponsorship e donazioni. Pensavo di aver fatto un’esperienza unica, anche perché il centro di trovava in un villaggio sperduto e non turistico, ma mi sono poi accorto della presenza delle medesime proposte in zone turistiche. Sono forse caduto in una trappola per turisti? Scrivetemelo nei commenti se avete vissuto esperienze analoghe. Io sono rimasto col dubbio.

Tra le diverse abitudine scorrette e molto frequenti in Indonesia, largamente diffusa è la pratica di incendiare la plastica. Non è raro scorgere colonne di fumo bianco che si ergono da rifiuti organici e plastica producendo diossina, una sostanza fortemente cancerogena che si accumula in atmosfera e poi ritorna a terra sotto forma di pioggia contaminando fiumi, laghi e coltivazioni.

Un macaco grigio si nutre di spazzatura tra il fumo dei rifiuti bruciati

La speculazione edilizia inoltre, causata dalla crescente domanda di immobili anche di pregio, combinata con la corruzione e gli scarsi controlli sta mettendo Bali in ginocchio: intere porzioni di giungla sono rase al suolo, pareti di roccia sono distrutte per costruire strutture a strapiombo sul mare. Esiste un turismo sostenibile oggigiorno? In Indonesia è difficile dare una risposta positiva, anche dove a prima vista potrebbe sembrare. Forse la soluzione potrebbe essere contingentare gli ingressi dei turisti, ma ciò avrebbe gravi conseguenze economiche per un’isola che vive essenzialmente di questo.

Lombok

Mi sono poi spostato a Lombok, isola sorella di Bali, un po’ più stondata ma geologicamente simile, per quanto con una cultura totalmente diversa. Mentre Bali è da un punto di vista religioso prevalentemente induista e buddista, Lombok è per il 99% musulmana. Questo non cambia la gentilezza degli indonesiani, che da sempre accolgono lo straniero con la loro semplicità (e anche perché sanno benissimo che il turismo è denaro). Anche a Lombok ho soggiornato in una zona “fuori mano”, vicino al Parco Nazionale del Monte Rinjani, un altro vulcano di ben 3700 mslm. E’ l’unico parco nazionale dell’isola, e forse la principale attrazione insieme alle Gili Islands.

Il parco offre lo spettacolo di scenografiche risaie che fanno da terrazzo al gigante di fuoco e una giungla che ospita diverse specie animali con le quali ho avuto qualche un incontro ravvicinato. Una di queste è la black monkey (Trachipyterus auratus), in indonesiano “lutung”.

Un individuo adulto di scimmia nera (Trachipyterus auratus)

Questa specie, totalmente nera da adulta, ha piccoli di un colore arancione che via via svanisce con l’età. Le scimmie nere sono frequenti ma fotografarle non è così facile: condizioni di luce scarse, colorazione mimetica, elusività. Eppure qualche scatto l’ho portato a casa, con costanza e fortuna.

Un adulto con un piccolo “auratus”, dorato

Queste scimmie, come molte altre specie in Indonesia, sono listate come vulnerabili per via della frammentazione dell’habitat e della continua deforestazione. La popolazione locale ha però ottimi rapporti con questi animali, prettamente erbivori e fruttivori.

Diversa è invece la relazione con i macachi grigi con i quali talvolta nascono degli scontri. Infatti, prima del tramonto, in ogni campo è presente una persona che sorveglia i raccolti, per evitare che vengano distrutti o saccheggiati dai macachi. Nel mio piccolo sono stato fortunato e Kusuma, il proprietario terriero presso il quale ho alloggiato, un ragazzo di 30 anni, aveva molto rispetto della wildlife locale e cercava di trasmetterlo agli ospiti.

Un incontro più che inusuale è stato quello con l’enorme geko indonesiano (Gekko gecko), non del tutto innocuo – può mordere – ma sicuramente non elusivo: si è lasciato fotografare con molta calma, offrendomi la possibilità di grandi scatti.

Primo piano di un geko indonesiano (Gekko gecko)

Questo animale è prevalentemente notturno e molto utile nella caccia di ospiti indesiderati come blatte, zanzare o ragni. L’esemplare in foto, dai colori meravigliosi, misurava più o meno 30 cm da capo a coda.

Il degrado ambientale dell’arcipelago indonesiano balza continuamente all’occhio: montagne di immondizia riversata nei fiumi, nei laghi o per strada, immondizia mai riciclata o gestita in maniera sostenibile, soprattutto dove i turisti non possono vedere, come sulla West coast di Lombok in cui spiagge nere sono letteralmente sommerse dai rifiuti, principalmente di plastica. Dove però non ci sono attrazioni turistiche può ancora capitare di incontrare persone che alla vista di un occidentale si riversano in strada per salutarti e darti il benvenuto.

E’ sconvolgente pensare come in un’area tropicale come l’Indonesia in cui l’elemento principale è proprio l’acqua, questa sia gravemente inquinata e praticamente imbevibile. E’ un problema enorme, collettivo, per cercare di risolvere il quale sarà necessario un cambiamento culturale profondo prima ancora che di semplici abitudini sbagliate.

L’esperienza indonesiana mi ha fatto riflettere su come la fotografia naturalistica sia più del semplice scattare, consista invece soprattutto nell’avvicinare i locali fissandone attimi, comportamenti, momenti di assoluta spontaneità. Passare ore dentro la giungla insieme alle famiglie di scimmie nere e rilassarmi semplicemente osservandoli mi ha fatto capire quanto questa passione sia diventata una missione. Già da prima avevo voglia di poter vivere tutto questo insieme a persone simili a me, volevo che con me ci fossero persone che sapessero apprezzare il momento, ciò che stavano vivendo e non solo fotografare.

Perché allora – mi sono detto – non portare gruppi di persone con me a vivere esperienze del genere? Ho quindi pensato a un tour e un workshop: il primo in Indonesia, tra Bali e East Java alla scoperta della wildlife locale, tra i due parchi naturali delle due isole, il secondo invece un workshop di 2 giorni nella giungla alla ricerca e all’osservazione delle black monkeys. Trovate qui tutte le informazioni.

La locandina del mio tour

Qui invece il mio wildlife calendar 2025 (con l’acquisto, supportate me nel mio lavoro ma soprattutto aiutate l’ambiente: per ogni calendario acquistato, viene piantato un albero utilizzando la piattaforma Treedom)

A presto!

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Testo e foto di Alessandro Tringale, biologo e fotografo naturalista

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