Interviste – Francesca Buoninconti ci racconta il suo “Senza confini”

Crediamo fortemente nella divulgazione scientifica, nella trasmissione di saperi anche ai non specialisti, ma ci rendiamo conto che non è qualcosa per tutti. Semplificare senza banalizzare, facilitare l’accesso a problemi complessi, raggiungere il pubblico generalista non è cosa facile. Talvolta però qualcuno ci riesce, e Francesca Buoninconti, autrice del fortunato “Senza confini” (Codice, 2019), è tra questi.

Ciao Francesca, raccontaci di te.

Ciao a tutti, sono una giornalista scientifica freelance. Scrivo principalmente di scienza, natura e clima per varie testate, tra cui “Il Bo Live”, “il Tascabile”, “Rivista Micron” “Repubblica.it”, e “Vanity Fair” e lavoro nella redazione del programma radiofonico Radio3 Scienza di Rai Radio 3. Sono anche autrice di “Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori”, edito da Codice Edizioni, oggi finalista al premio Galileo 2020.

Il mondo della comunicazione della scienza mi ha sempre affascinato, ecco perché dopo l’università ho deciso di fare un master in giornalismo scientifico. E da quel momento ho iniziato a lavorare nel settore. Per me è un privilegio poter raccontare i temi che mi stanno più a cuore: conservazione della natura, animali migratori, evoluzione, cambiamento climatico. E nel mio piccolo provo a dare al pubblico che mi legge o mi ascolta – anche sui social – gli strumenti per comprendere come funziona la scienza, cosa sappiamo e cosa possiamo fare per tutelare la natura.

Sei una appassionata di fauna? Hai fatto esperienze sul campo?

Beh, gli animali sono sempre stati una mia grande passione, ma mi considero qualcosa più di una semplice appassionata, ho una formazione da naturalista: all’università ho studiato scienze naturali e sono diventata inanellatrice. Ho imparato cioè a studiare e monitorare la migrazione degli uccelli con la tecnica dell’inanellamento a scopo scientifico e negli anni passati, prima di intraprendere il lavoro di giornalista, ho fatto tanta esperienza sul campo in diverse stazioni italiane. Sono stata – a volte anche per tre mesi di fila – sulle isole tirreniche dove si studia la migrazione in primavera, come Ventotene, Ponza, Zannone e Ustica. Oppure sulle Alpi, per studiare invece la migrazione autunnale. O ancora mi è capitato di partecipare ad altri campi di inanellamento sui monti del Matese e in Irpinia, nell’Oasi di Conza, in Campania. O di inanellare i grifoni in Abruzzo per un progetto dei Carabinieri Forestali, affiancando amici e colleghi che se ne occupano da anni.

Ma l’esperienza che porto nel cuore sono le settimane di inanellamento trascorse oramai quasi dieci primavere fa a Zannone: uno scoglio completamente disabitato, se non dai mufloni, grande appena un chilometro quadrato, dove non ci sono certo tutti i comfort. A Zannone non c’è un molo per attraccare, si salta direttamente sull’isola dalla barca; bisogna portare in spalla tutti i viveri e l’acqua, compreso le bombole del gas per cucinare. Si soggiorna in tenda, non c’è luce o acqua corrente e il lavoro di squadra in questi casi è fondamentale: di norma si è in cinque o sei, e c’è bisogno della massima collaborazione da parte di tutti. Una volta ci è capitato persino di rimanere quasi senz’acqua potabile: era maggio, eravamo sei inanellatori sull’isola e in dispensa restavano solo gli ultimi due litri di acqua potabile. Purtroppo la barca che doveva portarci i viveri non poteva partire per il mare grosso che sarebbe durato giorni… per fortuna alla fine i rifornimenti ci sono arrivati in elicottero.

Quali animali preferisci? Quali sono le tue storie di migrazione preferite?

Di sicuro gli uccelli migratori, tutti. Ma se proprio devo fare il nome di qualche specie in particolare direi le sterne artiche (Sterna paradisaea): volatori incredibili che si riproducono al circolo polare artico e trascorrono l’inverno in Antartide, coprendo circa 90.000 km l’anno tra andata e ritorno. Pesano appena 100 grammi eppure sono gli animali che compiono la migrazione più lunga al mondo. E in una vita arrivano a volare per circa 2 milioni e mezzo di chilometri: è come se facessero tre viaggi di andata e ritorno dalla Terra alla Luna. Sono elegantissime e vederle volare tra i ghiacci di Jökulsárlón in Islanda è un’altra delle esperienze indelebili che mi porto dietro. E poi anche i grifoni sono animali spettacolari, come un po’ tutti gli avvoltoi italiani a dire la verità: così bistrattati, ma così possenti e affascinanti. Se solo ci rendessimo conto del ruolo ecologico fondamentale che svolgono, magari saremmo meno inclini a disprezzarli.

Infine un viaggio davvero particolare che merita di essere almeno citato è quello intrapreso dal Falco dell’Amur e dalla libellula frecciaerrante che attraversano insieme l’oceano Indiano, sospinti dal monsone, per arrivare in Africa. Percorrono così 3500km sorvolando anche le Seychelles e le Maldive: insomma un viaggio che forse vorremmo fare tutti. Questa è una rotta che però abbiamo scoperto solo da poco, grazie ai moderni gps e ai data logger, dei minuscoli dispositivi da cui i ricercatori possono ottenere la posizione degli animali. Il Falco dell’Amur è l’unico rapace a compiere una migrazione così lunga sul mare. C’è un motivo per cui lo fanno, ma non vi svelo la storia completa…. leggetela nel mio libro!😊

Come sei arrivata al progetto “Senza confini”?

È da quando sono all’università che mi occupo di migrazioni. Ho dedicato entrambe le tesi a questo fenomeno e in particolare ho studiato anche come l’ormone grelina, che regola il senso di sazietà negli uccelli, sia fondamentale per determinare la durata delle soste durante la migrazione primaverile. Quando poi sono diventata una giornalista scientifica ho continuato a raccontare le storie dei migratori e dei loro incredibili viaggi sui giornali, ma anche in radio, con un paio di audiodocumentari. La pubblicazione del libro “Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori” è stato quindi solo un approdo successivo, un ulteriore strumento per divulgare al grande pubblico i segreti di questo fenomeno che affascina l’uomo sin dall’antichità. E non posso che ringraziare Codice, l’editore, per la fiducia concessami.

Ogni anno sono miliardi gli animali migratori di tantissime specie diverse che si mettono in viaggio in tutto il mondo. Sarebbe stato impossibile parlare di tutti, così ho scelto alcuni dei migratori più famosi, dagli uccelli alle tartarughe marine, e altri meno conosciuti, come alcune specie di granchi, insetti e pipistrelli. Ho voluto poi svelare il “dietro le quinte”, il lavoro dei ricercatori e i progressi scientifici fatti nel campo, rivelare cosa spinge gli animali a mettersi in viaggio, come fanno ogni anno a ritrovare il proprio nido o la stessa spiaggia su cui sono nati, come si orientano e quali sono i pericoli che incontrano sulla loro strada. Compreso il cambiamento climatico, che sta rendendo la vita dei migratori ancora più difficile.

Quali difficoltà hai dovuto superare nell’opera? Le soddisfazioni principali?

Difficoltà vere e proprie direi nessuna, scrivere è il mio lavoro e una delle cose che mi diverte di più è cambiare registro e stile in base al pubblico. L’obiettivo era trovare una chiave semplice, ma non banale, di raccontare queste storie. Volevo che il libro, che è un saggio scientifico, fosse chiaro e accessibile a tutti, anche a chi non ha una formazione scientifica. 

Sicuramente c’è stata una fase preliminare di documentazione e studio: ho raccolto e letto centinaia di paper scientifici, ho chiesto pareri a molti zoologi che lavorano nel campo, nei vari settori e con i diversi animali trattati nel libro. E poi sono passata alla fase di scrittura tenendo ben a mente cosa volevo comunicare e a chi.

Le soddisfazioni più grandi arrivano sempre dai lettori: la prima è sicuramente aver vinto il Premio Biblioteche di Roma 2019, assegnato dai lettori dei 40 circoli delle biblioteche romane, quasi tutti di formazione umanistica. La cosa che più mi ha emozionato sono stati i loro commenti: lì ho capito di aver centrato l’obiettivo. E poi certamente essere tra i finalisti del Premio Galileo 2020 è un’altra enorme soddisfazione: un anno fa non mi sarei mai aspettata nulla di tutto questo.

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