Diari – Gli stambecchi sul tetto del Ticino

Avevamo già parlato della Val Malvaglia svizzera in un piccolo report recente, Nicky Battaggi che gestisce il rifugio e ci ha accompagnato in un’escursione ha voluto regalarci questo racconto nel periodo che precede l’inverno in cui gli stambecchi cominciano a scendere più in basso (in basso si fa per dire visto che siamo a più di 2000 metri!).

Si torna in terra elvetica. Canton Ticino, Val Malvaglia. ”Eden” Alpe Quarnei.

Questa volta è direttamente il capannaro della capanna Quarnei che scrive.

Torniamo ai piedi del massiccio dell’Adula ( o Rheinwaldhorn). Il cosiddetto “tetto del Ticino” è un complesso montagnoso imponente, circondato da numerosi ghiacciai che gli conferiscono un aspetto severo. Dai  suoi 3402 mt. della vetta, si diramano numerose catene montuose importanti:  la dorsale della Gana Bianca, quella del Terri, del Gufenhorn, dello Zapporthorn e quella del Pizzo di Claro.

La regione è una bastionata impressionante che offre scorci suggestivi e paesaggi selvaggi. Coi suoi dislivelli notevoli e le numerosi valli ancora incontaminate la vetta è accessibile da 3 versanti:  dalla val Malvaglia, dalla valle di Blenio e dal Cantone dei Grigioni.

blogDSCN7667Le pietre instabili delle varie morene sono una zona ideale per gli stambecchi (Capra ibex ibex) . La colonia di questa regione è infatti numerosa perché favorita dall’immigrazione naturale di individui dal Cantone dei Grigioni, il quale porta la rappresentazione dello stambecco come simbolo ufficiale.  Con le prime nevicate di inizio settembre, gli stambecchi stanno scendendo verso l’ultima erbetta con cui alimentarsi, prima di passare l’inverno con muschi e licheni.

Dalla capanna Quarnei,  grazie ad un buon binocolo e un ottimo cannocchiale, riesco ad individuare un gruppo di stambecchi proprio verso la cima dell’Adula. Decido di raggiungerli.

Dai 2107mt. della capanna si scende verso l’Alpe Quarnei, o Quarnaio, una palude situata a 2046 mt. in una conca di origine glaciale dell’Alta Val Malvaglia. In estate qui pascolano bovine nutrici, capre, cavalli e pecore intorno alla malga recintata per preservala.

22219699_1450255868344356_27690353202430257_oDopo l’ultima glaciazione (ca.10.000anni fa) in questa conca modellata dai ghiacci, si era formato un laghetto. Con il passare del tempo, lo specchio d’acqua subì un processo di interramento: si colmo’ con i resti organici di piante acquatiche morte, fino a trasformarsi in una palude che si estendeva su piu’ di 5 ettari.

Son presenti specie vegetali tipiche degli ambienti umidi come la Carice fosca (Carex nigra) , Tricoforo cespuglioso (Trichophorum caespitosum), Carice rigonfia (Carex rostrata), Viola palustre (Viola palustris) Pedicolare di Kerner (Pedicularis kerner) e dell’Erba unta bianco-maculata (Pinguicola leptoceras), una pianta carnivora. Per  la loro presenza ora la palude è tutelata a livello nazionale.

Proseguo il cammino verso il versante meridionale dell’Adula, che si presenta sopra la pianura con un’imponente parete rocciosa strutturata a escavazioni e pinnacoli: questa parete va dal Passo del Laghetto (2646m.) al Passo dei Cadabi (2938 m.); da essa fuoriesce verso SW un ben marcato contrafforte, che divide in due distinti bacini il terrazzo situato sopra lo zoccolo che cinge l’Alpe Quarnei.

E’  proprio tra questi 2 bacini che cerco il gruppo di stambecchi.

22135685_1450255925011017_1817792860418698816_oLa salita è abbastanza impegnativa, circa 400 metri di dislivello, ma la motivazione mi fa passare la fatica. Arrivati al primo bacino si notano i lavori per la raccolta dell’acqua che permettono alla Capanna e alle cascine dell’alpe di avere un’acqua sorgiva purissima. Da qui si crea un salto di una quarantina di metri  per una bellissima cascata. Dal principio della cascata lascio il sentiero che prosegue verso il laghetto Cadabi e il passo successivo. Tutt’attorno c’e’ un immensa pietraia che sale verso la vetta imponente dell’Adula (le chiamano anche le “Dolomiti” del Ticino).

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Tra  rocce scoscese e piccoli motti a picco sulla piana, arrivo nel bel mezzo tra i due bacini. Inizialmente mi sembra di essere solo e quasi sale la delusione… poi, valicato un piccolo promontorio, ritrovo a 2 metri da me 2 corna che spuntano da una pietra. Eccoli!

2 stambecchi maschi intorno ai 4/5 anni mi fissano per un istante e molto agilmente si allontanano a una distanza di sicurezza di una quindicina di metri. Dopo poco mi rendo conto che i 2 maschi sono accompagnati da 2 femmine piccole. Non è ancora la stagione degli amori ma sembrerebbe un gruppo unito. Sono molto irrequieti. In pochi istanti, concentrandomi su uno di loro perdo completamente di vista gli altri. Sia a occhio nudo che col binocolo nulla da fare. Me ne rimane uno alla vista che si accomoda a terra ruminando mezzo assonnato.

 

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A un certo punto mi giro per vedere la capanna e, sotto di me a una distanza di 10 metri, noto un vecchio stambecco che si avvicina. Solo, molto grande e scuro con delle corna di piu’ di un metro. Contando gli anelli avrà tra gli 11 e i 14 anni. A differenza degli altri sembra molto tranquillo e quando mi nota s’intravede una certa curiosità rispetto alla presenza di un umano.

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Lo stambecco sceso alla Capanna Quarnei

Sembra molto simile a quello stambecco che a fine maggio passeggiava appena sotto la capanna rifocillandosi di erbetta primaverile prima di risalire verso i 3000 metri. I vecchi maschi sopra i 12 anni vivono fuori dal branco in solitaria, tra loro esiste una rigida gerarchia basata sull’età e sulla forza fisica. Pascola un attimino finché anche lui si sdraia per fare un pisolino. Gli occhi quasi si chiudono e quando tra le nuvole spunta il sole sembra proprio gustarsela. Mi trasmette un sentimento che combina potenza e pace. Tanta pace. Mi concentro su di lui avvicinandomi di metro in metro con pause per non disturbarlo. Lui neanche segue i miei movimenti, rimanendo assorto in un semi-sonno soleggiato. Decido anch’io di rilassarmi con una birretta, contemplando la stupenda piana di Quarnei con la piccola capanna in fondo.

blogDSCN7822Dopo una ventina di minuti mi accorgo che sta dormendo, evidentemente è molto abituato alla presenza di esseri umani. Qui c’e’ un discreto passaggio di alpinisti e escursionisti che vanno verso la vetta dell’Adula e la Capanna Adula. Decido di avanzare verso di lui finché mi guarda e mi fa uno strano verso, una sorta di “fischio pernacchia”. Intendo che è un segnale: “Avanza di un centimetro e finisce il servizio fotografico!”. Così succede. Si alza e sempre con molta flemma si sposta andando in territori impossibili a noi umani. Lo stambecco è un’animale relativamente pigro, che si muove poco rispetto a camosci o cerbiatti: si dice che possa passare giornate intere senza spostarsi di più di qualche decina di metri. Questo per risparmio energetico, vista la poca disponibilità di cibo alle alture dove vivono.

Raccolgo tutta l’attrezzatura e mi rendo conto che tra una “binocolata” e una foto in un attimo son passate 3 ore. Il tempo sembra quasi essersi fermato e devo tornare in capanna a darmi da fare.

Questo è il periodo della caccia alta e quindi anche dello stambecco.

Mentre per cervi, caprioli, cinghiali e camosci c’e’ un periodo più lungo, per lo stambecco si parla di una caccia “selettiva” con  un tempo limitato  e un numero limitato di cacciatori. Quest’anno nel Canton Ticino inizia il 30 settembre e finisce il 13 ottobre con la partecipazione di 69 cacciatori estratti a sorte. E’ una caccia che tende a stabilizzare il numero di capi e non a ridurlo, come invece è per gli altri ungulati.

Quando il numero di una colonia supera i 50 membri si attua una caccia mirata soprattutto per evitare epidemie. Se si formano grandi gruppi ne consegue infatti una penuria di cibo, e le parassitosi possono a quel punto prendere il sopravvento, causando la morte di molti individui. Questa sarebbe la selezione naturale.

blogDSCN7321Il grande problema alla fonte è che il predatore “umano” ha eliminato e/o  allontanato i predatori naturali. Il solo predatore odierno di cuccioli di stambecco è l’aquila (Aquila chrysaetos). Gli altri predatori come lupi, linci e orsi iniziano a ripopolare alcune zone svizzere ma con molta lentezza e con la risaputa contrarietà da parte delle comunità contadine.

Un altro problema è quello degli sport invernali: spaventati da escursionisti o sciatori, gli animali perdono molta energia, che in determinate circostanze farà loro difetto per sopravvivere all’inverno.

Per maggiori informazioni sulla caccia allo stambecco in Canton Ticino ->qui

Se al giorno d’oggi lo stambecco è una razza particolarmente protetta, non è sempre stato così. Nel XVII secolo, le condizioni dello stambecco in Europa erano infatti allarmanti. Erano tempi nel quale il concetto di protezione dell’ambiente era sconosciuto e nessuno si preoccupava della scomparsa di una specie animale. Tra il 1612 e il 1623 vennero promulgate severe sanzioni contro la caccia di frodo agli stambecchi, ma anche forti multe e perfino pene corporali non riuscirono ad arrestare questo fatale sviluppo. Ormai era troppo tardi.

blogDSCN7909Lo stambecco era infatti considerato “una farmacia ambulante”. Le superstizioni portavano a pensare che il corpo dell’animale serviva per la preparazione di rimedi miracolosi: le corna polverizzate contro convulsioni e avvelenamenti,  i testicoli contro gotta, anemia e tisi, parti dell’intestino per preparare medicine contro vertigini dissenteria e malinconia. Con le corna si facevano inoltre calici e anelli miracolosi che dovevano infondere coraggio e resistenza in montagna.

Fu così che in tutto l’arco alpino ne rimase solamente una ormai celebre colonia nel “giardino” del re d’Italia Vittorio Emanuele.

All’inizio del ‘900 si decise di reintrodurre lo stambecco anche in Svizzera. Di fronte all’egoismo del re d’Italia che li voleva tutti per sè, si riuscì con l’antico sistema delle bustarelle ai dipendenti ad ottenere qualche cucciolo da allevare. Nell’anno 1911 i primi stambecchi di razza pura furono finalmente rimessi in libertà nei territori dei Graue Horner (San Gallo).

Per tornare all’attuale situazione della comunita’ di stambecchi che vivono sul  “tetto del Ticino”, la selezione di quest’anno si è conclusa con due femmine giovani non allattanti prese e un giovane dai 3 anni ai 6 che è rimasto in vita. Arrivera’ una nuova epidemia o la zona si ripopolera’?

Testo e foto di Nicolò Battaggi

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