Hornstrandir: ultima frontiera – parte 2

Animal target: volpi artiche, pulcinella di mare

Day 1: Isafjordur-Veiðileysufjörður-Hornvik

islanda2cLa sveglia suona presto, alle 6, ma alcuni di noi sono già svegli. Non è certo per la difficoltà di dormire in tenda, la scomodità del materassino gonfiabile o il freddo. E’ l’adrenalina, oggi si salpa per Hornstrandir! Sono mesi che aspettiamo questo momento!

Ci alziamo, smontiamo le tende, impacchettiamo tutto nuovamente, ricontrolliamo un’ultima volta gli zaini facendo mente locale su cosa possiamo avere dimenticato e su cosa invece possiamo lasciare in macchina e via. Il traghetto partirà alle 8.00 e per le 7.30 bisogna presentarsi presso l’agenzia (essendo Isafjordur poco più di un paese, tutto è vicinissimo per fortuna). Le agenzie che offrono il servizio sono solo due, la West tours e Borea Adventures, noi viaggeremo con la prima all’andata e con la seconda al ritorno. Il costo del traghetto con entrambe è molto caro, oltre 180 euro A/R per poche ore di navigazione. Arriviamo puntualissimi e ci concediamo un’ultima colazione nella vicina panetteria Gamla Bakaríið, the, caffè, brioches e biscotti (anche qui i prezzi sono “commestibili”, decisamente Isafjordur è più economica della capitale e dei luoghi più turistici).

islanda2aIl traghetto parte in orario, prima tappa Hesteyri (dove noi invece arriveremo alla fine del trekking per essere recuperati), poi Veiðileysufjörður, il nostro punto di sbarco, l’inizio del nostro trekking. Pochi minuti dopo l’uscita dal porto, sfiorati dai gabbiani (gabbiani tridattili, Rissa tridactyla) che giocano ad inseguirsi a pelo d’acqua e tra urie (Uria aalge) e pulcinella di mare (Fratercula arctica) che placidamente galleggiano sulla superficie non troppo distanti, si apre di fronte a noi l’incredibile spettacolo dei fiordi islandesi della penisola di Hornstrandir in tutta la sua potenza. Siamo davvero presso l’ultima frontiera d’Europa e la natura dispiega tutta la sua abbacinante potenza: enormi speroni di roccia, i più alti innevati, arrivano al mare e vi si tuffano, il verde, il grigio, il bianco abbagliante della neve illuminata dal sole che a intervalli irregolari si fa spazio tra le nubi scolpiscono una scena irreale. La bellezza indescrivibile a parole di questa terra è accresciuta dal silenzio interrotto solo dal vociare scomposto dei gabbiani, dal motore della barca e dai commenti dei passeggeri attoniti.

islanda2bIl viaggio vola tra gli spruzzi sollevati dallo scafo e l’emozione. Dopo la prima fermata in cui carichiamo alcuni passeggeri, rapidamente arriviamo a Veiðileysufjörður. C’è bassa marea nel fiordo, per sbarcare dobbiamo raggiungere terra con un piccolo gommone. Carichiamo i nostri zaini, le tende, le attrezzature da campeggio e andiamo insieme a pochi altri. Siamo a Hornstrandir, anche in alta stagione qui non arriva il turismo di massa che anche l’Islanda comincia a conoscere: i costi, le difficoltà, le fatiche scoraggiano i più. Qui c’è solo la natura incontaminata ad aspettarti.

Dopo pochi minuti arriviamo, finalmente ci siamo davvero.

Ad accoglierci una presenza che impareremo a considerare amichevole, la caratteristica latrina dal tetto spiovente. Naturalmente non esiste una rete fognaria sulla penisola, non c’è acqua corrente, non c’è energia elettrica. L’unico “confort” sono queste latrine, che caratterizzano gli arrivi e le aree di campeggio consigliate, poche comunque in tutta la penisola.

islanda2dCi guardiamo negli occhi, mettiamo gli zaini in spalle e ci incamminiamo tra i fiori e la bassa vegetazione cercando il sentiero. La prima tappa dovrebbe essere piuttosto breve, 12 km in tutto, con una sola sella da superare a 542 metri sul livello del mare. Le difficoltà non sono altimetriche né nella distanza ma nel peso dello zaino (noi siamo riusciti a rimanere tra i 15 e i 18 kg a testa cui sommare tende (3kg ogni 2 persone), fornelli, bombole e stoviglie) e soprattutto nelle condizioni atmosferiche la cui variabilità è proverbiale. Nella stagione estiva il range normalmente varia tra i 6-7 gradi e i 20 gradi, con frequenti piogge e vento quasi costante. Naturalmente in casi eccezionali può andare molto peggio, con tempeste di neve e relative criticità, ma non vogliamo neanche pensarci. Le previsioni climatiche danno tempo relativamente stabile con qualche occhiata di sole, incrociamo le dita affinché le cose non cambino.

islanda2fGià dai primi passi incontriamo un’altra delle particolarità di questo trekking, la continua presenza di acqua sotto forma di fiumi, ruscelli e piccoli rivi. Questo costituisce un enorme e preziosissimo vantaggio in termini di carico perché non bisogna preoccuparsi di portarsi dietro l’acqua (e anche solo per 4 giorni si parlerebbe di non meno di 5/6 litri a testa, senza considerare gli alimenti liofilizzati da reidratare), ma è necessario continuamente attraversare ostacoli interrompendo la marcia. E se spesso è sufficiente saltare da una sponda all’altra o passare su sentieri di sassi sporgenti, in alcuni casi il guado vero e proprio, dopo aver tolto le scarpe e indossato le scarpette da fiume, è ineludibile.  Il fascino dell’esperienza se possibile aumenta ancora!

Il sentiero, generalmente ben tracciato in questa prima parte, si snoda in leggera salita, senza strappi troppo duri, e presto si prende il giusto passo, la testa comincia ad assecondare il movimento ritmico del corpo e quasi ci si dimentica del peso dello zaino. Basta però una breve pausa per bere (l’acqua, gelata, è ottima di gusto e molto dissetante) o per aspettare qualcuno rimasto indietro che subito la tensione delle cinghie sulle spalle ne ricorda nuovamente la presenza!

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Foto Davide Pisciotta

Le ore passano veloci, finché arriviamo alle prime salite vere, alcuni passaggi tra le rocce e i primi nevai. La neve è piuttosto friabile data la stagione ma regge generalmente il peso. Alcuni zigoli delle nevi (Plectrophenax nivalis) ci accompagnano. Ci sono tutte le condizioni di sicurezza necessarie per proseguire, solo l’impermeabilità delle scarpe, già messa a dura prova nei vari precedenti guadi, è in discussione. Alcune passano l’esame, altre ahimè no. Si continua a salire e affrontiamo il nevaio più impegnativo della giornata, che conduce alla sella. Lo strappo finale è piuttosto faticoso, con vento abbastanza sostenuto, ma procedendo lentamente tra il candore accecante scolliniamo.

islanda2eIn poche centinaia di metri di dislivello la vegetazione è completamente cambiata: fiori e cespugli sono spariti, neanche le betulle nane resistono, tutto è grigio con solo muschi e licheni ad interrompere la monotonia delle rocce. Giunti al riparo sul versante opposto, ci concediamo una sosta per il pranzo. Abbiamo stabilito di cucinare solo alla sera, quindi durante il giorno barrette, frutta secca, scatolette e cioccolato. Cominciamo a dare fondo alle scorte. La discesa è meno faticosa, grazie anche ai bastoncini che permettono di scaricare il peso a terra attraverso le braccia. Lentamente la vegetazione ritorna, ecco di nuovo le prime macchie di colore, i primi timidi cespugli.

islanda2gProcediamo, la fatica comincia a farsi sentire quando, superato un basso crinale che chiude una sorta di altipiano roccioso attraversato da molti ruscelli, si apre di fronte a noi uno spettacolo incredibile. Una valle verdissima, completamente ricoperta da fiori ed alta erba, con un laghetto alimentato da una spettacolare cascata. Un grosso stormo di gabbiani riposa sull’acqua, formando una macchia bianca pulsante nell’azzurro. Un’ultima ripida discesa, a tratti sdrucciolevole, e arriviamo in vista della nostra prima meta, l’area di campeggio di Hornvik. Uno spiazzo erboso pianeggiante, un paio di edifici chiusi a chiave, l’immancabile latrina, un lavandino e il container arancione per le emergenze (con radio, pochi viveri, letti a castello e poco altro, da usarsi esclusivamente in caso di tempeste o calamità). Scegliamo un’area almeno parzialmente protetta dal vento, montiamo le tende e, su esempio di altri campeggiatori più esperti, proteggiamo i lati delle tende con alcuni bianchi tronchi levigati portati dal mare. In Hornstrandir non ci sono arbusti, l’unica legna disponibile è il siberian wood, un’enorme quantità di tronchi di diverse dimensioni portata dal mare, dalla Siberia appunto, e sbiancata e levigata per la lunga esposizione. islanda2hMolte spiagge ne sono ricche. La giornata volge al termine, stanchi ma soddisfatti accendiamo i fornelli e prepariamo un bel risotto ai funghi in busta (meno peggio di quanto si potrebbe credere). Proprio mentre siamo affaccendati, appare lei, una piccola volpe artica (Alopex lagopus)!

islnda2nCi siamo, ecco il nostro primo animal target! Bellissima, di taglia piccola e per di più ancora cucciolo, in livrea estiva grigia con la punta della coda chiara, si avvicina inizialmente timida alle tende probabilmente in cerca di cibo! La fama di paradiso delle volpi artiche di cui gode Hornstrandir è davvero meritata!

Gironzola a pochi metri per un po’, non ottiene cibo (per scelta, non nutriamo mai animali in libertà), poi si allontana a caccia di nidi di culbianco (Oenanthe oenanthe) che si trovano nei pressi (i genitori, molto aggressivi, cercano di allontanare la predatrice). La natura sa essere feroce quanto spettacolare.

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Foto Andrea Raso

Finiamo di cenare, brindiamo con un goccio di grappa e poi ci ritiriamo in tenda, domani ci aspetta un’altra giornata di cammino, speriamo solo che la buona sorte in fatto di clima ci accompagni ancora!

Parte 1

Prof. Gip. Barbatus – Foto Ivan Vania

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5 commenti

    • Si sono fantastiche le volpi artiche, non sono per niente timide! L’Islanda è tutta bella ma se in futuro volessi intraprendere un viaggio nelle zone più selvagge è garantito che non te ne pentirai. E’ un’esperienza unica. Non esitare a scriverci per avere qualche consiglio… abbiamo ancora i ricordi freschissimi 🙂

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